Il Verbo è Dio e creatore universale (vv. 1-3), si fa carne (v. 14), è il rivelatore del Padre: « Dio nessuno l’ha mai visto; Dio Unigenito che è presso il seno del Padre, Lui lo ha rivelato » (v. 18). Il Verbo è luce degli uomini (vv. 4-9) e fonte di grazia e verità (vv. 14-17). Ognuna di queste due parti (b - b’) è interrotta volutamente con la menzione del Battista: in questo modo l’Evangelista introduce l’argomento essenziale del cap. 1: la relazione tra Giovanni e Gesù, il Precursore e il Cristo, e il passaggio dall’A al NT.
« In principio » richiama l’inizio della Genesi, la Parola per mezzo della quale Dio crea (« disse e avvenne »), la divisione tra luce e tenebre. L’opera di Dio nella storia iniziò con la creazione mediante la Parola; l’opera definitiva di Dio si compie con la nuova creazione, che è la nuova umanità dei Figli di Dio, mediante la Parola (il Verbo). È la stessa Parola/Verbo: preesistente, in relazione unica con il Padre, Dio lui stesso, mediatore della creazione, della salvezza e della rivelazione definitiva del Padre.
Il Verbo-Logos, non con il termine stesso ma certo con realtà, richiama la concezione antico testamentaria della Sapienza personificata, preesistente alla creazione, intimamente associata a Dio durante creazione, anzi lei stessa creatrice; viene ad abitare tra gli uomini e pone la sua tenda in Israele; invita ad andare a lei, ascoltarla e mangiare il suo cibo; la sua predicazione viene però rifiutata; perciò ritorna al cielo da dove è venuta; gli uomini non la vedono più: la cercano senza trovarla; solo Dio conosce la via ad essa; alla fine tornerà come giudice nel Figlio dell’uomo. Secondo questa traiettoria della Sapienza (dal cielo presso Dio, tra gli uomini, rifiutato, di nuovo presso Dio, da dove tornerà alla fine come giudice) viene concepito e descritto il mistero ineffabile di Dio che si fa uomo. La figura della Sapienza è la base della più antica cristologia dei Vangeli. Il fatto di identificare Gesù con la Sapienza preesistente fa di Lui il principio, il centro e la fine del piano della salvezza.
Soprattutto il Vangelo di Giovanni presenta una cristologia essenzialmente sapienziale. Dopo il Prologo che proclama il Cristo come Logos preesistente presso Dio, primogenito, che discende dal cielo e « pone la sua tenda » fra gli uomini, nel seguito del Vangelo Egli è pieno di gloria e di grazia; va in cerca degli uomini (5,14; 9,35); « grida » in pubblico invitandoli (7,28.37; 12,44; cf. Pro 1,20; 8,1-3); chiama i suoi discepoli « figlioli » (Gio 13,33) e « amici » (15,15), promette un cibo e una bevanda che danno la vita (Gio 6; cf. Pro 9,2-5; Sir 24,18-20); i suoi nemici lo cercheranno ma non lo troveranno (Gio 7,34; 8,21; cf. Pro 1,28).
6. La dottrina dell’assoluto Primato di Cristo era comune nella grande tradizione della Chiesa antica: Ireneo, Atanasio, G. Crisostomo, Cirillo di Alessandria, Atanasio Sinaita, Isacco da Ninive, S. Agostino ecc. Da questa dottrina alcuni hanno tratto la conseguenza che l’incarnazione non poteva essere dipendente dal peccato, che era anzi di per se stessa redentiva; così già Ruperto di Deutz, che la propose come ipotesi, e poi la Scuola francescana che la sviluppò con decisione contro l’opinione opposta, restando però posizione di minoranza.