Melin
00sabato 27 dicembre 2008 00:44
Storicamente parlando, non abbiamo notizie di alcun Papa, come lo si intende oggi, per almeno cinque secoli. C 'erano vescovi nella Chiesa di Roma, ma non avevano nessuna autorità assoluta, né dottrinale né amministrativa, su tutta la Chiesa - soltanto un Concilio generale, a cui partecipava almeno la maggior parte dei vescovi, era considerato autorevole, quando definiva dottrine riguardanti la fede e la morale. Dobbiamo però ammettere che la Chiesa di Roma ebbe sempre un posto importante nella Cristianità. La ragione è che Roma per secoli è stata il cuore dell'Impero Romano. E la sua importanza non venne meno neanche quando Costantino fece di Costantinopoli la nuova capitale politica dell'Impero.
Questo lo deduciamo anche da un importante documento che riguarda la posizione della Chiesa Cristiana nell'Impero Romano, cioè l'Editto di Tessalonica, emesso da Teodosio I, imperatore di Oriente e da Graziano, imperatore d'Occidente, nel 380. Nell'ottobre del 382 Teodosio concluse uno storico trattato con i Visigoti ammettendoli come truppe alleate nell'ambito dell'impero. Teodosio, inoltre, dovette anche proteggere il suo collega occidentale da vari rivali. Egli però è passato alla storia specialmente per la sua presunta vittoria sul paganesimo. Infatti col famoso editto si dichiarò, almeno implicitamente, ma chiaramente, che il Cristianesimo era ora religione di Stato. Ma ecco l'editto come ci è stato conservato nel Codice di Giustiniano, l'imperatore che promosse la sistemazione del diritto romano nel VI secolo - la versione dal latino è mia:
"Gli imperatori Graziano Valentiniano e Teodosio al popolo della città di Costantinopoli. Tutte le nazioni governate dalla nostra Clemenza rimarranno in quella religione che fu tramandata dall'Apostolo Pietro ai Romani e che ora è seguita dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo d'Alessandria ed uomo dalla santità apostolica, in modo che crediamo che, secondo l'insegnamento apostolico e la dottrina evangelica, v'è un solo Dio, che sussiste in tre Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo, che godono della stessa dignità e quindi costituiscono la santa Trinità. Ordiniamo dunque a quelli che osservono questa legge di prendere il nome di Cristiani Cattolici, mentre tutti gli altri, che noi riteniamo stupidi e pazzi, devono essere dichiarati eretici. Essi saranno puniti dall'ira di Dio, ma anche dalla Nostra Autorità, guidati come siamo dalla sapienza divina".
Da questo editto deduciamo che la Chiesa di Roma era considerata dagli imperatori come un importante punto di riferimento per quanto riguardava la fede cristiana. Tale fede era quella di Damaso, vescovo di Roma, ed anche del vescovo d'Alessandria, un'altra importante chiesa dell'epoca. Ma anche se nell'editto è menzionato anche il vescovo della chiesa d'Alessandria, è un fatto che la chiesa di Roma acquistò sempre più importanza e la fede ivi professata era l'unica fede ammessa nell'Impero. Perciò gli eretici Ariani, che negavano la divinità di Cristo, furono considerati fuorilegge e quindi passibili anche di pene giudiziarie. Anche i pagani cominciarono ad essere perseguitati e tra il 391 ed il 392 i sacrifici pagani furono proibiti e molti templi furono chiusi. Possiamo dunque dire che per l'anno 394 il Cristianesimo era diventato una vera e propria religione di Stato e che l'Impero era stato "cristianizzato", nel senso che essere cristiani non era più soltanto una questione di fede personale in Cristo, ma anche una questione politica. Ed in tutto questo la Chiesa di Roma, col suo vescovo, aveva sempre più la preminenza sulle altre chiese.
Ma per quale ragione specifica il Vescovo di Roma divenne sempre più importante? Prima di tutto, secondo una tradizione che ritengo attendibile, Pietro fu a Roma e dovette esercitarvi il suo ministero apostolico. Ora, Pietro era considerato un grande leader ed il suo insegnamento non si discuteva, essendo stato uno dei discepoli prediletti da Gesù. Ne seguiva che nella Chiesa di Roma, dove Pietro aveva insegnato, certamente si professava la verità. Da ciò seguì anche che tutto ciò che veniva insegnato nelle altre chiese doveva essere in accordo con quanto veniva insegnato nella Chiesa di Roma. Non dico che questa era una regola generale ed ufficiale, ma questa era certamente la tendenza della Chiesa Cristiana nel suo insieme.
La Chiesa di Roma era quindi considerata la "Chiesa Cattolica" per eccellenza, poiché dottrinalmente esprimeva la fede di tutta la Chiesa Cristiana. e questa sembra sia stata la tendenza sin dalla seconda metà del secondo secolo, tanto è vero che Ireneo, vescovo di Lione, nella sua famosa opera "Conro le Eresie" parla della Chiesa di Roma come della "chiesa più grande ed antica, nota a tutti, fondata e costituita dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo", e quindi, secondo lui, "ogni altra chiesa deve essere d'accordo con questa chiesa a causa della sua maggiore autorità" ( Ireneo, Contro le Eresie III, 3, 2 ).
Leopoldo Ranke, famoso storico tedesco del secolo scorso, ha comunque ragione quando afferma nel primo capitolo della sua "Storia dei Papi" che "è una pretesa vana asserire che la supremazia dei vescovi di Roma era universalmente riconosciuta in Oriente ed in Occidente già dal primo secolo in poi "; ma egli aggiunge subito: "è però ugualmente certo che i vescovi di Roma ottennero ben presto la preminenza, elevandosi al di sopra di tutti gli altri dignitari ecclesiastici ".
Melin
00sabato 27 dicembre 2008 00:45
A tal proposito, c'è un importantissimo documento - una vera pietra miliare nella storia del Papato - tradizionalmente noto come "Decreto Gelasiano", perché attribuito a Gelasio I, vescovo di Roma dal 492 al 496. Questo documento si presenta come il risultato di un sinodo romano tenuto nel 494. Sembra però che soltanto una parte possa essere attribuita a Gelasio senza alcun dubbio. Ciò che comunque qui ci interessa è che in tale decreto è chiaramente affermata la presunta origine apostolica del Papato e si insiste sulla supremazia del Vescovo di Roma su tutta la Chiesa Cristiana. Si asserisce in esso esplicitamente che, sebbene la Chiesa di Cristo, sparsa in tutto il mondo, sia una, "la Chiesa di Roma non è stata preposta alle altre chiese da qualche sinodo ecclesiastico, ma ha ricevuto la supremazia dalla voce stessa del Signore e Salvatore nostro" ( Denzinger 350 ). Quindi nel documento si cita Matteo 16:18-19, dove Gesù dice a Pietro: " Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'inferno non le potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto in cielo ". Secondo la tradizionale interpretazione cattolica di questo famoso passo, Pietro fu costituito da Gesù quale primo Papa o Capo della Chiesa Universale, ed il suo ufficio fu trasmesso anche ai suoi successori nell'episcopato romano. Vi sono anche altre chiese importanti, ma la Chiesa di Roma, con il suo Vescovo, è la più importante ed ha la supremazia su tutte le altre chiese locali - questo è quanto, in fondo, viene affermato nel Decreto Gelasiano. Questa dottrina sul Papato è stata poi sviluppata attraverso i secoli fino a prendere la sua forma attuale nei documenti ufficiali degli ultimi Concilii Ecumenici.
Ora, c'era una qualche verità nell'affermazione che la vera fede era conservata nella Chiesa di Roma. Difatti, come ho già accennato, personalmente credo che Pietro sia stato a Roma, considerando la costante tradizione a riguardo. Tuttavia in nessuno dei documenti più antichi a nostra disposizione è scritto che Pietro era considerato il Capo della Chiesa Universale e che da Roma governava tutta la Cristianità. In particolare, Eusebio di Cesarea, vescovo e storico, contemporaneo dell'imperatore Costantino - siamo quindi nel IV secolo - parla sia di Pietro che di Paolo come responsabili della Chiesa di Roma, ma non fa alcuna distinzione tra di loro. Ma ecco le sue parole tratte dalla "Storia Ecclesiastica":
"Sembra che Pietro abbia predicato ai Giudei della diaspora nel Ponto, nella Galazia nella Bitinia, nella Cappadocia, nell'Asia, e, da ultimo, venuto a Roma vi fu crocifisso con la testa all'ingiù, poiché egli espressamente aveva chiesto di soffrire quel genere di morte". Poi Eusebio aggiunge: "Che dire poi di Paolo? Da Gerusalemme fino all'Illirico compì la predicazione del Vangelo di Cristo e, compiuta la sua missione, più tardi subì il martirio a Roma, sotto Nerone... Dopo il martirio di Paolo e Pietro, il primo che ottenne l'episcopato della chiesa romana fu Lino" ( III,1,2-3 ; III,2,1 ed. Desclée 1964, p.150 ). Notate che, nell'ultima frase citata Paolo è menzionato prima di Pietro. E' certo quindi che un tale eminente scrittore e vescovo non credeva che Pietro fosse il primo Papa o Capo della Chiesa Universale.
In un altro passo della sua opera Eusebio cita, a sua volta, Ireneo, vescovo di Lione, che fa un elenco dei vescovi di Roma - ecco il testo:
"I beati Apostoli, che hanno fondato ed edificato la Chiesa di Roma, ne trasmisero il governo episcopale a Lino, ricordato da Paolo nelle Lettere a Timoteo. Lino ebbe come successore Anacleto. E dopo Anacleto, terzo a partire dagli Apostoli, Clemente. Anche Clemente aveva veduto i beati Apostoli; era vissuto con loro, ne aveva sentito con i propri orecchi la predicazione, ed aveva quindi veduto bene lo svolgersi della tradizione. Non era solo. Al suo tempo, poi, vivevano ancora molti di quelli che erano stati ammaestrati nella fede degli Apostoli... A Clemente successe Evaristo..." ( V ,6, 1-5 ; ed. cit.pp.366,368 ; si veda Ireneo,Contro le Eresie III, 3, 3 ).
E così via - l'elenco arriva fino al vescovo di Roma contemporaneo di Ireneo. E la conclusione di Ireneo, citato da Eusebio, è questa: "Attraverso questa serie di Pastori ed il loro insegnamento, sono pervenute a noi la tradizione degli Apostoli e la predicazione della verità".
Anche qui Pietro non è elencato come il primo vescovo di Roma, dal momento che è menzionato assieme a Paolo. Questo poi non è l'elenco dei primi Papi, ma soltanto di quei vescovi che si supponeva avessero ben custodito e trasmesso ad altri la dottrina insegnata dagli Apostoli. In fondo qui si applica il principio stabilito dall'Apostolo Paolo nella II Lettera a Timoteo 2: 1-2, " Tu dunque, figliuolo mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù, e le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci di insegnarle anche ad altri ".
Ma - possiamo chiederci - come si può esser certi che ciò che è stato tramandato alle nuove generazioni di cristiani è sempre costituito dagli stessi autentici insegnamenti di Gesù Cristo e degli Apostoli?
Ireneo di Lione, che ho citato, e che è stato citato anche dallo storico Eusebio di Cesarea, lui stesso ci dice, all'inizio del III Libro della sua opera "Contro le Eresie", che gli Apostoli nel loro insieme, "e ciascuno di loro avevano lo stesso Vangelo di Dio.Matteo che stava tra gli Ebrei pubblicò il Vangelo in ebraico, mentre Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondavano la chiesa. Dopo la loro scomparsa, Marco, discepolo ed interprete di Pietro, pose per iscritto ciò che Pietro aveva insegnato. Luca, compagno di Paolo, redasse a sua volta il Vangelo da questi predicato. Più tardi Giovanni, discepolo del Signore, che posò il capo sul petto di Lui, pubblicò il suo Vangelo al tempo che dimorava ad Efeso, in Asia" ( ed. Cantagalli, Siena 1968, vol. I, p.231 ).
Tutto questo significa che, secondo Ireneo, l'insegnamento di Gesù e degli Apostoli è stato fedelmente riportato prima di tutto nei Vangeli e nel resto del Nuovo Testamento, tanto che Ireneo lo cita spesso nella sua opera, perché considerava le Scritture come il punto assoluto di riferimento in questioni riguardanti la fede cristiana. La tradizione orale, diceva Ireneo, è utile per quelli che non sanno leggere; deve essere inoltre usata quando si ha a che fare con gli eretici che non accettano tutte le Scritture: a costoro bisogna indicare ciò che si insegna nelle chiese dove gli Apostoli hanno insegnato. Dopo tutto, scriveva Ireneo, "se gli Apostoli non ci avessero lasciato le Scritture, non si sarebbe forse dovuto seguire l'ordine della tradizione da essa trasmessa a quelli ai quali affidavano le chiese? " ( op.cit. III, 4, 1 ; ed.cit.vol. I, p. 237 ). Ma, grazie a Dio, aggiungo qui io, gli Apostoli ci hanno lasciato le Scritture, e noi consideriamo le Scritture come unica fonte autentica delle dottrine che stanno alla base della fede cristiana.
In ogni caso, se vi fosse un'autentica tradizione al di fuori delle Scritture, tale tradizione non potrebbe mai essere in contrasto con le Scritture, dato che la Rivelazione di Dio è una e senza contraddizione. Ma proprio questo è il punto! Difatti ciò che il Cattolicesimo Romano presenta come tradizione e genuina rivelazione di Dio, spesso è in contraddizione con quanto leggiamo nelle Scritture. In particolare, le Scritture sono contro la dottrina secondo cui la Chiesa Cristiana dovrebbe avere un capo universale che esercita un'autorità suprema su tutta la Chiesa, e che sarebbe infallibile quando definisce dottrine concernenti la fede e la morale. Come ho già accennato, a parte l'interpretazione del famoso passo di Matteo 16:18-19, si deduce dai Vangeli, dagli Atti degli Apostoli e dal resto del Nuovo Testamento che Pietro non esercitò mai una tale autorità suprema su tutta la Chiesa. E se vogliamo parlare di tradizione a tutti i costi, è un fatto che per almeno cinque secoli non c'è stato nessun Papato nella Chiesa.
Quanto al passo di Matteo a cui ho fatto riferimento più di una volta, io credo che effettivamente Gesù abbia voluto fondare la Sua Chiesa su Pietro, ma non su Pietro come individuo, ma su Pietro come simbolo vivente del vero Cristiano. Ciò significa che Gesù ha fondato la Sua Chiesa sulla fede di Pietro, che rappresenta tutti i veri credenti - Petros , che corrisponde all'aramaico Cefa , che significa "roccia", come difatti è esplicitamente chiamato a volte Pietro nel Nuovo Testamento. Si tratta, insomma, della roccia della sua fede posta sulla Roccia per eccellenza, cioè su Gesù stesso. E la fede di Pietro era come una roccia, perché il suo oggetto era lo stesso Gesù. A tal proposito, dobbiamo tener presente ciò che lo stesso Pietro ha scritto nella sua I Lettera : "Accostandovi a Lui ( cioè a Gesù ), pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini, ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati quale casa spirituale, per essere un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo ". Ora, né in questo passo né nel resto del Nuovo Testamento troviamo un versetto in cui si dice che Pietro è la pietra più importante basata sulla Pietra angolare che è Cristo. Infatti tutti i Cristiani indistintamente sono "pietre viventi" basate sulla Pietra vivente, che è il Signore Gesù Cristo.