CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 
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Genesi 1-4: creazione, peccato e redenzione.

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2012 16:45
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02/09/2012 16:37
 
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Allora ecco nasce Abele, ma con questo nome che già preannuncia la tragedia,
perché questo Abele passerà come un soffio inconsistente e subito morirà per
l’insensatezza della violenza che ormai si è instaurata nella realtà umana.
Infatti avviene che Caino uccide Abele. Quello che è più problematico è però
il motivo per cui Caino uccide Abele
, perché ad una prima lettura del testo
Caino uccide Abele per gelosia, per invidia, perché non sopporta che Abele gli
sia preferito da Dio. Bisogna cercare di capire di che si tratta.

Il
testo presenta questi due fratelli e nella misura in cui sono due,
inevitabilmente il testo sottolinea il fatto che sono diversi. D’altra parte,
l’abbiamo detto, se sono uguali non sono due, ma uno solo -ricordate il discorso
sulla separazione. Questi sono due e quindi sono inevitabilmente diversi. Una
prima diversità assolutamente fondamentale ed evidente è che uno è primogenito e
l’altro secondogenito, e questo fa una grande differenza
. Perché nel mondo
biblico il primogenito era quello che riceveva l’eredità, la benedizione. Vi
ricordate nella storia di Giacobbe e di Esaù, la faccenda delle primogenitura e
poi della benedizione che Giacobbe carpisce con l’inganno ad Isacco, e che una
volta che la benedizione è data è data e per l’altro rimane solo una benedizione
di altro tipo, di “seconda classe”.

Qui non c’è scambio di persona come
nella storia di Giacobbe e di Isacco, c’è solo il fatto che uno nasce per primo
e l’altro per secondo e questo cambia radicalmente le cose. E d’altra parte
questa è una diversità assolutamente ineliminabile dalla natura stessa del
nascere come figlio. Non è che ci sia un’ingiustizia nel fatto che uno è
primogenito, l’altro secondogenito. Se nasce più di un figlio inevitabilmente
uno nasce prima e l’altro nasce dopo
. Vale anche per i gemelli che sono
nella pancia della stessa madre e nascono nello stesso parto: uno esce prima,
l’altro dopo. Oggi noi sappiamo che il primogenito è quello che nasce dopo, ma
allora si basavano su quello che vedevano, quindi il primogenito era il primo
che nasceva. Allora uno è il primogenito, l’altro secondogenito. L’uno è
portatore di privilegi, l’altro no.
Pedro

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02/09/2012 16:38
 
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Poi c’è una diversità presentata dal testo che è una diversità di lavoro e di
cultura. Perché Caino è agricoltore, Abele è pastore di greggi
. E’ probabile
che dietro a questo racconto ci siano problemi sociologici di continua rivalità
che c’erano tra gli agricoltori che erano sedentari e stabilizzati e i pastori
nomadi. Può darsi che ci sia anche un problema di soppiantamento di una
civilizzazione da parte dell’altra. Questo può funzionare come retroterra, il
racconto è però interessato ad altro, a mostrare come il fratello diventa
omicida e perché
. Allora, al di là delle possibili implicazioni di tipo
sociologico, qui c’è che questi due fratelli sono diversi, come è inevitabile
che sia: uno prende una strada, uno ne prende un’altra. Tenete conto inoltre che
presentando uno come agricoltore, l’altro come pastore, il testo vuole dire che
questi due fratelli in realtà esprimono la totalità dell’umanità, perché voi
vi ricordate che, in Gen 2, l’uomo è messo nel giardino perché lo coltivi, ma lì
nel giardino dà il nome agli animali
. Quindi è insieme contadino e
pastore.

Caino e Abele vanno in due direzioni diverse, ma entrambe queste
direzioni competono all’uomo, è una diversità normale e inevitabile, connessa
con questa diversità del lavoro e della cultura, perché è chiaro che se uno è
sedentario ha tutta una cultura e un modo di vedere le cose diverso da quello
che invece è nomade. Legato alla cultura, al modo di capire il mondo e al
tipo di attività che si svolge è anche la forma del culto. Perché è chiaro che
un nomade avrà un’espressione cultuale, nei confronti di Dio, diversa dal
contadino che è sedentarizzato
. E quando poi si tratta di fare delle
offerte, uno porta le offerte dei campi, l’altro quelle dei greggi. Questi due
offrono cose diverse, ma perché, inevitabilmente, occupandosi di cose diverse,
vivendo in ambiti diversi, usano per il culto le cose che sono proprie della
propria situazione.

Notate che il testo non indica alcuna differenza
in queste offerte che possa spiegare il diverso atteggiamento da parte di
Dio
. Il testo dice: “Caino portò in offerta i frutti del suolo e anche Abele
portò i frutti del suo gregge (i primogeniti del suo gregge)”. Si dice in Gen
4,3: “Caino porta offerta al Signore e Abele porta anche lui i primogeniti del
gregge”. Dunque c’è un portare quello che i due possiedono. E basta. Non si dà
un giudizio sul fatto che uno porta una cosa buona, l’altro una cosa cattiva o
sul modo di portare, di offrire queste cose negativo o positivo.
Pedro

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02/09/2012 16:38
 
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Eppure questi due fratelli hanno una percezione diversa, sia del loro rapporto
con Dio, sia di ciò che tutto questo comporta, il modo di percepire la vita. Se
volete un diverso modo di riuscire nella vita, che viene espresso nel testo
attraverso l’esplicitazione di un diverso accoglimento da parte di Dio: “E
guardò il Signore verso Abele e verso la sua offerta e verso Caino e verso la
sua offerta non guardò”. Allora che uno si senta guardato o non guardato vuol
dire che uno percepisce diversamente il rapporto con Dio in termini anche di
fortuna, di benessere, di riuscita nella vita
.

Dunque questi sono
diversi perché uno è nato prima e l’altro è nato dopo, sono diversi perché fanno
lavori diversi quindi hanno culture diverse e forme di culto diverse e infine
hanno una percezione diversa del loro rapporto con Dio e del loro rapporto con
la vita e con la riuscita nella vita. Questa percezione del rapporto diverso è
espressa dal testo con questo modo di dire: “Guardò, non guardò”. Innanzitutto
guardate proprio l’ordine delle parole che è importante: “E guardò il Signore
verso Abele e verso la sua offerta e verso Caino e verso la sua offerta non
guardò”. Questo tecnicamente si chiama un chiasmo, una forma stilistica
particolare, in cui c’è un elemento A, poi un elemento B, poi di nuovo un
elemento B e poi un elemento A
. Sono uguali e simmetrici ma messi al
contrario.

A - E guardò il Signore
B - verso
Abele e la sua offerta

B - verso Caino e la sua
offerta

A - non guardò

Pedro

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02/09/2012 16:39
 
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I due elementi centrali sono assolutamente identici, questo vuol dire che nel
testo non c’è assolutamente nessun cenno al fatto che l’offerta dell’uno fosse
buona e l’offerta dell’altro cattiva. Il testo dice che tutta la differenza
sta in quel “guardò... non guardò”. Tutta la differenza sembrerebbe stare in
Dio
. E di questa differenza il testo non dà spiegazioni. Si tenta allora
disperatamente e pateticamente di trovare delle spiegazioni che giustifichino il
comportamento di Dio. Allora si tende a dire che Caino quando offriva i frutti
del suolo, a differenza di Abele che offriva i primogeniti del gregge, prendeva
invece i frutti striminziti, possibilmente marci, perché era avaro.

I
frutti – altri argomentano – sono molto graditi a Dio, perché Dio non vuole che
la vita venga uccisa, tanto è vero che in Gen 1 dà sia all’uomo che agli animali
in cibo l’erba addirittura, ma siccome saremmo nel momento del passaggio
dall’agricoltura alla pastorizia si dice che invece anche i sacrifici animali
sono graditi a Dio per cui si sostiene che Dio gradisce il sacrificio di Abele.
Però non c’è traccia di questo nel testo, e noi dunque rimaniamo alle
prese con un’affermazione misteriosa che, a prima vista, ci fa venire la voglia
di pensare che dunque Dio qui si comporta in modo ingiusto.

Questo perché
noi abbiamo come retroterra, nel leggere questo testo, una categoria
soggiacente, che è quella della giustizia retributiva
. Per cui se uno fa il
bene gli si dà in premio il bene, a chi fa il male si dà il male. Ma questa è la
giustizia retributiva che innanzitutto non è la giustizia di Dio, e che comunque
non è la giustizia di cui l’uomo fa esperienza perché l’esperienza dell’uomo è
che invece questo automatismo - per il quale se tu fai il bene tutto ti va
bene e se fai il male tutto ti va male - è continuamente smentito
. C’è
persino un intero libro della Bibbia di ben 42 capitoli, il Libro di
Giobbe
, che serve a dire che questo non è vero.
Pedro

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02/09/2012 16:39
 
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Non si può rimanere in questa visione, bisogna abbandonare questa idea
retributiva e dunque non può essere quella la categoria per giudicare e tanto
meno per capire il comportamento di Dio di cui si parla in Gen 4. Bisogna andare
oltre e altrove. Questo oltre e altrove, sembra chiaramente dire il testo, è
il mistero della elezione divina
. E’ il mistero della libera scelta da parte
di Dio, di chi vuole e come vuole. Facendo però attenzione a capire che quando
noi diciamo che Dio sceglie uno, questo non vuol dire che rifiuta l’altro. Anche
se il testo lo esprime così: guardò l’offerta di Abele, non guardò l’offerta di
Caino. Questo però va capito nel modo di esprimersi biblico dove questo
guardò e non guardò non va preso alla lettera e non va capito come
sceglie e rifiuta. Vuol dire solo: prediligere uno, ma senza che questo faccia
torto all’altro. Vuol dire semplicemente prediligere uno nel senso che su uno
Dio ha un progetto particolare che non vuol dire che quindi sugli altri non ha
progetti e li butta via, ma semplicemente che su uno ha un progetto
particolare che peraltro deve poi servire a tutti gli
altri.


Questo è il mistero dell’elezione di Israele, questo è
il mistero della libera decisione di Dio di entrare in un cammino di
incarnazione. Per cui se vuole che la sua Parola si incarni in parole umane deve
necessariamente scegliere una lingua, deve scegliere un popolo che scriva queste
cose e che le scriva con quella lingua, con quei riferimenti culturali, in un
determinato periodo della storia perché non esiste l’uomo che scrive così,
slegato dalla storia. Perché scriva bisogna che sia nato, e nato in una certa
epoca e non può essere nato in tutte le epoche e in tutti i luoghi del mondo e
utilizzando tutte le lingue del mondo
. Quando poi addirittura questo
cammino di incarnazione si fa definitivo ed è il Figlio di Dio, il Logos eterno,
che si fa uomo, qui entriamo ancora più radicalmente in questa scelta
,
perché se si fa uomo, non vuol dire che si fa persona umana in
genere.

Si fa uomo, il che vuol dire che si fa ebreo, maschio, nato in
quel posto, in quel periodo e non in un altro, parlando quella lingua
,
pensando come pensavano quelli, pregando come pregavano gli ebrei di quel tempo,
con dei riferimenti storici che sono quelli e non altri, con il problema dei
romani dentro casa. E quello è Dio, è il Salvatore di tutti. A noi piace pensare
che siccome è il Salvatore di tutti, allora lo pensiamo slegato da ogni
coordinata concreta e storica e così noi europei ce lo immaginiamo con i boccoli
biondi, perché a noi piace biondo ed è più bello, con gli occhi azzurri, una
sorta di Brad Pitt, Paul Newman. Soprattutto noi lo pretenderemmo fortemente
occidentale e possibilmente italiano. Per esempio che parli la nostra lingua,
invece di diventare pazzi a studiare l’ebraico e a fare tutto lo sforzo di
capire un mondo concettuale diverso dal nostro.
Pedro

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02/09/2012 16:40
 
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In altre parole noi vorremmo evitare il discorso dell’incarnazione perché quello
ci costringe ad una conversione spirituale e mentale che è molto scomoda. Noi
preferiamo allora inglobarlo dentro i nostri schemi. Per cui se uno dice che il
Signore Gesù è il Messia di Israele, noi rispondiamo: no, è il Salvatore nostro!
E’ vero, ma è il Salvatore nostro perché è il Messia di Israele. Ci
piaccia o no. E d’altra parte, per incarnarsi bisogna che Dio diventasse questo
uomo e necessariamente non un altro. Allora che facciamo? Siamo tutti offesi e
ci risentiamo tutti e diciamo che Dio è ingiusto perché ha scelto di incarnarsi
in Israele invece che in Italia? Questo è il discorso di Caino e Abele, il
discorso dell’elezione, il “guardò” e “non guardò”. A noi non ci ha guardato?
Sì, solo che il progetto particolare di salvezza di Dio è di Israele, poi è per
tutti, a noi ci guarda eccome, ma se noi lo mettiamo nei termini dell’elezione,
dobbiamo dire che ha scelto Israele e non ha scelto noi - se
vogliamo utilizzare questa espressione, che però non corrisponde al nostro modo
di esprimerci, perché quando noi diciamo: non ha scelto noi, immediatamente
traduciamo: ci ha rifiutati.

Non è questo il modo di parlare della
Bibbia. La traduzione italiana è fuorviante, perché vi si dice che Dio: “Gradì”
le offerte di Abele. In realtà il verbo ebraico significa “guardare”, un
guardare compiacendosi in quello che si guarda - non è propriamente gradire. C’è
una differenza che è una differenza minima nella misura in cui questo guardare
non è il vedere, ma guardare accogliendo.

Ma il fatto che voi
facciate tante domande sul significato esatto del termine, mi fa pensare che voi
state disperatamente tentando di giustificare Dio e di dire che Dio è ingiusto
se fa così. Perché ditemi voi che differenza fa se io dico: “gradì
l’offerta
”, o “guardò l’offerta”? In ogni caso stiamo dicendo che Dio
ha guardato un’offerta e l’ha gradita. Che guardi o che gradisca il fatto è che
una la guarda e la gradisce, l’altra non la guarda e non la gradisce. Non
cercate di scappare davanti a questo problema. Allora bisogna invece capire cosa
dicono questi quando dicono un verbo positivo e poi con un “non” davanti, al
negativo.
Pedro

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02/09/2012 16:41
 
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Ci sono due testi importanti per capire questo. Uno è il salmo78, 67-68:
Traduzione italiana
Versione ebraica
Ripudiò le tende di Giuseppe,Rifiutò le tende di Giuseppe
non scelse la tribù di Efraim;e la tribù di Efraim non scelse
ma elesse la tribù di Giuda,e scelse la tribù di Giuda
il monte Sion che egli ama.il monte Sion che egli ama.

E’ evidente che qui si sta parlando di Israele, e Israele è fatto dalla tribù di Giuda, di Efraim, di Manasse, ecc. Qui però si vuole dire che c’è una scelta particolare nei confronti di Giuda, perché Giuda è il territorio in cui c’è Gerusalemme e in cui c’è il monte Sion, quindi c’è questa scelta perché è sul monte Sion che Dio entra nel Tempio e quindi pone nel Tempio la sua dimora. E’ evidentissimo che in questo testo non si vuole dire che Dio ha rifiutato qualcuno.
Ma la versione ebraica dice proprio che Dio sceglie Giuda e non sceglie Giuseppe, proprio come nel nostro testo guarda un’offerta, non guarda l’altra. Se Dio sceglie Giuda vuol dire che non sceglie Giuseppe, inevitabilmente, perché se sceglie di abitare in Sion sceglie Giuda e non sceglie Giuseppe (tribù del nord), ma questo “non scegliere” non è negativo, perché vuol solo dire che se ha scelto uno non poteva andare dall’altra parte. Viene però espresso in parallelo con “e rifiutò”, dove invece è evidente che non ha rifiutato, perché stiamo sempre parlando di Israele, quindi stiamo sempre parlando dell’elezione divina di Israele. Dentro quell’elezione non è che Dio elegge e allo stesso tempo rifiuta, ma per poter dire che ha fatto una scelta, diremmo privilegiata, non perché sia un di più, ma perché da qualche parte doveva scegliere di mettere il tempio e ha scelto Sion, si dice “non scelse”. Dire che ha scelto Sion vuol dire che non ha scelto gli altri e si può esprimere questo “non aver scelto” gli altri usando il verbo “rifiutò”. Ma quel “rifiutò” non ha il valore che gli diamo noi; è un modo di dire “sceglie – non sceglie”.

Pedro

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02/09/2012 16:41
 
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L’altro testo importante è in Lc 14,26-27 e in Mt 10,37-38.
Mt
10,37-38:

Chi ama il Padre e la madre più di me non è degno di me; chi
ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua
croce e non mi segue non è degno di me”.


Gesù sta dicendo che c’è
un amore nei confronti suoi e di Dio, che non può essere lo stesso amore che si
ha per il padre e la madre. Perché Dio è assoluto
, il padre e la madre no,
perché quello è il Figlio di Dio, il padre e la madre no. Quindi Gesù dice: “Chi
ama il padre e la madre più di me - quindi rende loro assoluti - non è degno di
me” perché bisogna amare i genitori di un amore diverso da quello che si ha per
il Signore Gesù. Questo non ci fa problema, ma quando Luca dice la stessa cosa
la dice così:

Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la
moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può
essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me,
non può essere mio discepolo.


Per dire che bisogna amare il padre, la
madre, la moglie, i figli, la propria vita, in modo diverso da come si ama lui,
e quindi senza amarli di più, senza farne degli assoluti, Luca dice che
bisogna odiarli. E’ chiaro che non sta dicendo che bisogna odiare il padre e la
madre, sta semplicemente dicendo che bisogna amare Dio e odiare i propri
genitori, cioè amare Dio e amare i propri genitori in modo diverso da come si
ama Dio e da come si ama il Signore Gesù
.

Quando allora in Gen 4 si
dice che Dio guarda o gradisce l’offerta di uno e non guarda l’offerta
dell’altro, stiamo in questo modo di parlare - è simile all’espressione: ama
l’uno e odia l’altro. Vuol dire che inevitabilmente, nel rapporto con le tribù
(nel Salmo), e nel rapporto con gli uomini, l’amore di Dio è diverso per
ciascuno. Inevitabilmente perché ciascuno di noi è diverso dall’altro e ciò
che ci costituisce è l’amore di Dio. E ciò che ci fa diversi è il diverso modo
con cui Dio ci ama
. Siccome l’unico modo che noi abbiamo per esistere è di
essere diversi gli uni dagli altri, questo implica inevitabilmente che Dio ci
ama in modo diverso uno dagli altri.
Pedro

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02/09/2012 16:42
 
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Solo che questo viene percepito da noi, e in questo caso da Caino, come una preferenza ingiusta, perché noi immediatamente tranciamo la diversità in categorie di amare di più e amare di meno. Poiché Caino è il primogenito, il fatto che Abele - che non dovrebbe contare perché è il secondogenito - venga preferito, è percepito da Caino come assolutamente insopportabile. D’altra parte questo è vero per ognuno anche se uno non è primogenito. Che Dio ci ami in modo diverso a me va benissimo, se questo modo diverso con cui Dio ama è favorevole a me. Appena io percepisco la diversità dell’amore di Dio come sfavorevole a me, è chiaro che non mi va più bene e lo considero ingiusto. Senza rendermi conto che io sto trasformando la diversità in più e meno, sto traducendo l’esperienza della diversità invece in un confronto che io opero. E invece di stare a guardare e di essere contento del modo con cui Dio mi ama, mi metto a fare il confronto con il modo con cui a me sembra che Dio ami gli altri, e allora se io faccio il confronto inevitabilmente uso le categorie di più e meno. E appena il meno è mio e il più è dell’altro, io dico che Dio è ingiusto e che l’altro non ha diritto di esistere, e lo ammazzo.
Il progetto che Dio ha su ognuno di noi non è altro che la nostra identità, perché è la nostra vocazione che corrisponde alla nostra identità. Io sono io nella misura in cui realizzo la vocazione che Dio mi ha donato e il progetto di Dio su di me. Il progetto di Dio su di me non è altro che Bruna. E io sono Bruna solo nella misura in cui accetto di vivere come Bruna. Dio ama me come Bruna ed è questo che mi fa Bruna, e non madre Francesca. Ed è questo che ci fa diverse. Se poi io invece dico: “Ma io e Francesca siamo diverse, solo che Francesca canta bene (l’ho sentita in chiesa) e io sono stonata, allora vuol dire che Dio ama Francesca più di me (non che ha un progetto diverso)”. E’ chiaro che appena io entro in questa prospettiva questo vuol dire:
  1. Che a me il modo in cui Dio mi ama non mi interessa e non mi piace.
  2. Che non mi piace il modo in cui Dio ama Francesca. E non mi piace perché o io vorrei essere al suo posto, quindi vorrei che lei non ci fosse per poter essere, io, lei. O non mi piace perché Francesca mi è antipatica, non mi piace il suo modo di pensare e vorrei che lei non ci fosse.

Vedete che in entrambi i casi io vorrei che lei non ci fosse, o perché la vorrei diversa da come è perché così com’è non mi piace, o perché siccome mi piace troppo vorrei essere io al suo posto e per questo lei non può esserci. Comunque sia, io voglio che lei muoia. Vi accorgete che il racconto di Caino e Abele è messo in Gen 4, nei racconti delle origini, non per raccontare la storia dei due fratelli, ma di ogni uomo.

Pedro

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02/09/2012 16:42
 
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Non possiamo neanche giustificare Caino dandogli come attenuante il desiderio di
essere amato. Perché dire che io voglio essere amato, vuol dire che io non credo
che Dio mi ama, e che mi sta amando nel modo giusto per me, e che non c’è un
altro modo per amarmi di più. Ed è il problema di Caino. Il problema di Caino è
la sua non accettazione del modo in cui Dio ama lui e di conseguenza del modo
con cui ama Abele. Non è Abele il vero problema di Caino, il problema è lui e
il suo rapporto con Dio e il suo modo di capire, di percepire, di accettare
l’amore di Dio per lui
. Questo è proprio quello che Dio gli dice.

Dio
allora interviene per aiutarlo a capire che il problema non è Abele, ma che è
dentro Caino e nel fatto che Caino deve riconciliarsi con la propria realtà, con
il modo con cui Dio lo ama e quindi essere contento dell’amore che Dio ha per
lui. Ecco che Dio interviene precisando il vero problema:

Perché sei
irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse
tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta;
verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo”


Questa frase di Dio in
ebraico è molto complessa ed è difficile da capire, ma il senso fondamentale è
questo:

Se tu reagisci bene a ciò che invece ti sta facendo adirare,
allora guarda che comunque riceverai grazia e non avrai bisogno di essere triste
e abbattuto, se invece reagisci male, allora guarda che il problema è tra te e
il peccato, che è pronto ad assalirti in agguato alla tua porta. Ma tu devi
essere più forte di lui.
Pedro

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02/09/2012 16:43
 
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Notate che qui Dio utilizza la stessa espressione “verso di te è il suo
istinto, ma tu dòminalo”,
che è lo stesso discorso che ha fatto alla donna
quando le dice: “Verso tuo marito è il tuo istinto ma lui ti dominerà” e
noi dicevamo che significa che tu hai bisogno di tuo marito e lui è più forte e
ti domina. Qui Dio sta dicendo che verso di te è l’istinto di questo animale
accovacciato alla porta, che sembra così forte, così terribile, ma non è vero.
Dio sta rivelando a Caino che il peccato è debole. Tu puoi essere più forte
di lui.


C’è la rivelazione della debolezza del male e della
possibilità dell’uomo di dominarlo, di essere più forte di lui. Dio sta
indicando a Caino il cammino della vittoria sul male, dicendogli che il problema
è il modo con cui lui reagisce, con cui si pone davanti a questa percezione
dell’amore di Dio. Se reagisci bene non hai nessun motivo di essere triste, se
reagisci male allora guarda che il problema è che tu te la devi vedere con il
peccato. Ma per quanto terrificante sembri l’animale accovacciato alla porta, tu
puoi vincerlo. Notate che in questo discorso che Dio fa a Caino, Abele non viene
neppure nominato. Non è che Dio dice: “Guarda, io sì, voglio bene ad Abele, però
voglio anche tanto bene a te”. No! Perché non è vero che il problema è Abele, il
problema è Caino e il suo rapporto con Dio. E notate un’altra cosa. Caino che
percepisce l’amore di Dio per sé come insoddisfacente, perché dice che Dio ama
Abele più di lui, è l’unico a cui Dio parla. Dio non parla con Abele
, come
direbbero a Roma: non se lo fila per niente! Invece corre dietro a Caino perché
evidentemente il racconto sta mostrando Dio come il Padre che ama il figlio,
lo vede in difficoltà, lo vede in situazione di debolezza e si occupa di lui. Il
figlio che non ha bisogno lo lascia andare
. E’ il Padre che corre dietro al
figlio in difficoltà per aiutarlo ad uscire dalla difficoltà. Tanto è grande
l’amore di Dio per Caino.
Pedro

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02/09/2012 16:43
 
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E siccome questo racconto serve a farci capire che ognuno di noi è Caino,
rendiamoci conto di quant’è grande l’amore di Dio per noi, che non parla ad
Abele, parla a noi e ci viene dietro, ci rincorre, cerca di convincerci, cerca
di recuperarci fino all’ultimo, perfino dicendoci: “Guarda che tu sei più
forte del male e io sono con te ed è per questo che tu sei più forte
. Io
sono qua, parlo con te, non con Abele”.

Ma Caino non accetta e il rifiuto
dell’amore di Dio si concretizza nel rifiuto del fratello, come vi spiegavo
prima con l’esempio di madre Francesca. Io alla fine voglio che Francesca non ci
sia. Questo diventa omicidio. Il versetto ebraico che descrive l’omicidio è
stranissimo, letteralmente dice così:

E disse Caino ad Abele suo
fratello ed avvenne mentre erano nel campo, si alzò Caino contro Abele suo
fratello e lo uccise”.


E’ strano, si racconta che Caino dice qualcosa
ad Abele, ma non si dice cosa - nelle vostre traduzioni voi infatti avete:
e disse Caino a suo fratello: andiamo in campagna”, perché questa è
l’aggiunta che mette la traduzione greca della LXX
. Allora cosa vuol dire
questo? Si può interpretare e disse come parlò. Rimane il problema
che non si dice cosa si sono detti e poi quel verbo di solito significa proprio
disse. C’è un’omissione nel testo e non mi si può venire a dire che
copiando si sono persi un pezzo, perché i manoscritti che noi abbiamo sono del
Medio Evo, lavorati dai masoreti, che ti spiegano come leggere le parole. C’è
una tale attenzione a questo testo che non è proprio possibile che non si siano
accorti che qui si dice “E disse ad Abele” e poi non si riferisce che cosa
disse
. Ripeto, si inserisce l’aggiunta della LXX, ma è chiaro che si tratta
di un modo per facilitare le cose, ma il testo di per sé va preso così: e disse
Caino ad Abele. E poi non dice niente, e lo uccide.

La violenza
interviene quando le parole sono finite
e questa è una costante del testo
biblico, che quando parla di nemici dice che rumoreggiano come il mare, o che
ruggiscono come leoni, ma non parlano. Perché la parola è portatrice di vita
e quando invece si decide la morte non c’è niente da dire
.
Pedro

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02/09/2012 16:45
 
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Caino decide di uccidere il fratello. Così dice il testo: che Caino uccide il
fratello. La tradizione giudaica arriva ad una tale profondità di penetrazione
del testo da capire ed esplicitare quello che poi il testo dice attraverso il
dialogo che si svolge tra Caino e Dio, perché la tradizione giudaica capisce che
il male ha una tale forza distruttiva che quando il fratello uccide il
fratello si sta uccidendo lui
. E’ la forza distruttiva del male. Filone
di Alessandria
fa questo commento: “Se le parole: Caino si alzò contro suo
fratello Abele e lo uccise, suggeriscono a prima vista che è Abele che perisce,
esse rivelano invece, ad un esame più approfondito, che è Caino che in realtà si
è autodistrutto. Bisogna dunque leggere: Caino si alzò e uccise se
stesso”.

Questo si vede subito dopo. Perché Dio interviene e fa anche a
Caino la domanda come l’aveva fatta all’uomo. Questa volta non è: “Dove sei?”,
ma: “Dov’è Abele?” Dio che si mette dalla parte della vittima, che in Gen 3
aveva cercato l’uomo e qui cerca la vittima innocente. E’ una domanda che non si
aspetta risposta circa la fine di Abele, Dio sa benissimo ciò che è successo, ma
deve servire a Caino. Come quel: “Che hai fatto?” Il “Che hai fatto?” rivolto
all’uomo e rivolto ora a Caino per metterlo davanti alle sue responsabilità. E’
una domanda che accusa, ma che serve a fare verità per poter salvare l’uomo
peccatore. Perché finché l’uomo non prende coscienza di essere peccatore e di
dover essere salvato, non si lascia salvare
.

Allora ecco le domande
accusatorie di Dio che servono ad aiutare Caino a capire di avere bisogno di
essere salvato. Caino si rifiuta al dialogo liberante e salvifico e si rifiuta
di confessare. Solo che questo rifiuto: “Non lo so, sono forse io il guardiano
di mio fratello?” diventa anche però drammaticamente il rifiuto di se stesso e
della propria identità. Sono forse io il guardiano di mio fratello? Perché
mio fratello non c’è più e Caino sta dicendo che lui ormai non è più il fratello
di nessuno
. Rifiuta il suo ruolo di fratello maggiore - qui dice il
guardiano, ma sarebbe il custode del fratello minore - ma così manifesta la
realtà. Rifiutando di essere il fratello di Abele, Caino non è più il
fratello di nessuno. Caino quindi non è più nessuno, perché la sua identità era
essere fratello di Abele
. E ora si comprende: “Che cosa hai fatto?” La
domanda accusatoria e la rivelazione di quello che è avvenuto.

Che
hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii
maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue
di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi
prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra”.


Ecco la risposta di
Caino:

Disse Caino al Signore: “Troppo grande è la mia colpa per
ottenere perdono? Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò
nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi
incontrerà mi potrà uccidere”.


Pedro

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Post: 5.293
Sesso: Maschile
02/09/2012 16:45
 
Quota

Come prima per l’uomo e la donna, sottoposti alla domanda di Dio che vuole fare
verità, Caino si ritrova a dire non la verità su ciò che ha fatto, ma la verità
di ciò che adesso è avvenuto a motivo di quello che lui ha fatto. Non è Dio
che lo manda in giro ramingo, è lui che ormai non può che essere ramingo, perché
la terra ormai è imbevuta del sangue di suo fratello ed è lui che ormai è in
balia di chiunque lo incontri perché è lui che ha deciso di non voler essere
fratello di nessuno
.

Allora adesso il contadino stabile e
sedentarizzato diventa nomade, proprio come Abele, solo che ora diventa nomade
nella maledizione e chiunque lo incontrerà lo potrà uccidere
. Alterati tutti
i rapporti. Quello con la terra che è sterile e non dà più vita perché si è
imbevuta del sangue del morto. Alterati i rapporti con i fratelli perché tutti
lo vogliono uccidere. Alterati i rapporti con Dio perché lui deve fuggire
lontano da Dio.

A questo punto Dio risponde in modo analogo a quando
aveva dato i vestiti di pelle ad Adamo ed Eva, mettendo un segno su Caino così
che non venga ucciso. Il segno però deve indicare che chiunque ucciderà Caino
subirà la vendetta sette volte. Allora guardate che questo segno è sì un
segno che protegge la vita di Caino, ma è un segno che condanna Caino ad una
vita che può persino essere peggio della morte. Perché Caino adesso rimane in
vita e nessuno lo uccide, non perché lo amano, non perché rispettano la sua
vita, ma solo perché hanno paura della vendetta
.

Caino adesso è vivo
solo perché gli altri hanno paura e pensano a se stessi, non perché lo amano.
Caino è vivo solo perché gli altri pensano così di mettersi in salvo. La
solitudine di Caino ormai è radicale e per poter uscire da quella solitudine, da
quell’autodistruzione per cui Caino si è alzato e ha ucciso se stesso, per poter
uscire anche da quel segno bisogna aspettare un altro segno
. E questa volta
sarà il segno definitivo, quello sì che davvero salva, il segno della croce, in
cui si manifesta un diverso modo di essere fratello e in cui il fratello
primogenito, il Signore Gesù, non uccide i fratelli, ma anzi dà la vita per
loro, per amore loro e perché questi fratelli siano definitivamente salvi e
salvi persino da quel segno di Caino che viene così definitivamente
sostituito dal segno della croce
.

Ma il Signore gli disse: “Però
chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!” . Il Signore impose a
Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Caino si
allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.





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Pedro

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