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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 

Per meditare

Ultimo Aggiornamento: 19/02/2012 20:44
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Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità

Carissimi fratelli,

l’espressione me l’ha suggerita don Vincenzo, un prete mio amico che lavora tra gli zingari, e mi è parsa tutt’altro che banale.

Venne a trovarmi una sera nel mio studio e mi chiese che cosa stessi scrivendo. Gli dissi che ero in difficoltà perché volevo spiegare alla gente (ma in modo semplice, così che tutti capissero) un particolare del mistero della Santissima Trinità: e cioè che le tre Persone divine sono, come dicono i teologi con una frase difficile, tre relazioni sussistenti.

Don Vincenzo sorrise, come per compatire la mia pretesa e comunque, per dirmi che mi cacciavo in una foresta inestricabile di problemi teologici. Io, però, aggiunsi che mi sembrava molto importante far capire queste cose ai poveri, perché, se il Signore ci insegnato che, stringi stringi, il nucleo di ogni Persona divina consiste in una relazione, qualcosa ci deve essere sotto.

E questo qualcosa è che anche ognuno di noi, in quanto persona, stringi stringi, deve essere essenzialmente una relazione. Un io che si rapporta con un tu. Un incontro con l’altro. Al punto che, se dovesse venir meno questa apertura verso l’altro, non ci sarebbe neppure la persona. Un volto, cioè, che non sia rivolto verso qualcuno non è disegnabile…

Colsi l’occasione per leggere al mio amico la paginetta che avevo scritto. Quando terminai, mi disse che con tutte quelle parole, la gente forse non avrebbe capito nulla. Poi aggiunse: “Io ai miei zingari sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio, cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra ancora. In Dio ogni Persona vive per l’altra.

E sai come concludo? Dicendo che questo è uno specie di marchio di famiglia. Una forma di “carattere ereditario” così dominante in “casa Trinità” che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è manifestato come l’uomo per gli altri”.

Quando don Vincenzo ebbe finito di parlare, di fronte a così disarmante semplicità, ho lacerato i miei appunti.

Peccato: perché, tra l’altro, avevo scritto delle cose interessanti. Per esempio: che l’uomo è icona della Trinità (“facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”) e che pertanto, per quel che riguarda l’amore, è chiamato a riprodurre la sorgività pura del Padre, l’accoglienza radicale del Figlio, la libertà diffusiva dello Spirito.

Ero ricorso anche a ingegnose immagini, come quella del pozzo di campagna la cui acqua sorgiva viene accolta in una grande vasca di pietra e di qui, in mille rigagnoli, va a irrigare le zolle.

Ma forse don Vincenzo aveva ragione: avrei dovuto spiegare molte cose. Sicché ho preferito trattenere questa sola idea: che, come le tre Persone divine, anche ogni persona umana è un essere per, un rapporto o, se è più chiaro, una realtà dialogica. Più che interessante, cioè, deve essere inter-essente.

 

Cari fratelli, lo so che la Trinità è molto più che una formula esemplare per noi, e che non è lecito comprimerne la ricchezza alla semplice funzione di analogia. Ma se oggi c’è un insegnamento che dobbiamo apprendere con urgenza da questo mistero, è proprio quello della revisione dei nostri rapporti interpersonali.

Altro che “relazioni”. L’acidità ci inquina. Stiamo diventando corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio. L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà. Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura al prossimo. E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente.

Coraggio.
Irrompe la Pasqua!

È il giorno dei macigni che rotolano via dall’imboccatura dei sepolcri. È l’intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull’erba. È l’incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. È il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. È la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. È la festa degli ex-delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza.

Che sia anche la festa in cui il traboccamento della comunione venga a lambire le sponde della nostra isola solitaria.

vostro  + don Tonino, Vescovo





 



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der


Ti ho trovato in tanti posti

Ti ho trovato in tanti posti, Signore.
Ho sentito il battito del Tuo cuore
nella quiete perfetta dei campi,
nel Tabernacolo oscuro di una cattedrale vuota,
nell’unità di cuore e di mente
di un’assemblea di persone che ti amano.
Ti ho trovato nella gioia,
dove ti cerco e spesso ti trovo.

Ma sempre ti trovo nella sofferenza.
La sofferenza è come il rintocco della campana
che chiama la sposa di Dio alla preghiera.

Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza
della sofferenza degli altri.
Ti ho visto nella sublime accettazione
e nell’inspiegabile gioia
di coloro la cui vita è tormentata dal dolore.

Ma non sono riuscito a trovarti
nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri.
Nella mia fatica
ho lasciato passare inutilmente
il dramma della Tua Passione redentrice,
e la vitalità gioiosa della Tua Pasqua è soffocata
dal grigiore della mia autocommiserazione.
Signore io credo. Ma Tu aiuta la mia fede.





[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:37]

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20/11/2010 17:55
 
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rty 

Ogni giorno è Pasqua

Aiutami, o Signore risorto,
a sorridere alla Pasqua che oggi celebriamo,
a non pensare a ciò che ho lasciato,
ad essere felice di ciò che ho trovato.
Aiutami, o Signore risorto,
a non volgermi indietro perché l’ieri non c’è più
se non come briciola di lievito per il pane d’oggi.
Aiutami a sorridere alla vita che avanza,
sempre così ricca di sorprese e di novità.
Aiutami a sorridere alla poesia che canta nel cuore
per spingermi alla ricerca di spazi sconfinati.
Aiutami, o Signore risorto,
a sorridere ai tentativi che compio
per essere e restare creatura nuova.
Aiutami, o Signore,
che sento vivo dentro di me,
a sorridere ad ogni alba che viene,
perché ora so che,
se vengo e sto con Te,
ogni giorno è Pasqua,
ogni giorno è “primo mattino del mondo”.
Amen.

A. Dini






[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:38]

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20/11/2010 17:58
 
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pio 

È Pasqua

È Pasqua

Gesù è veramente risorto!
Anche noi siamo accorsi al Sepolcro.
Anche noi siamo andati oltre la pietra.
Anche noi abbiamo visto!
Siamo chiamati a fare il passo decisivo della fede.
La risurrezione di Gesù
ci invita ad uscire dalla nostra incredulità,
a scegliere con convinzione e fiducia la via del Cielo.

È Pasqua!
È il giorno della vita che più non muore,
della gioia che non ha mai fine.
È Pasqua!
È il tempo del credente che esce allo scoperto,
che testimonia la sua speranza,
che si fortifica nelle difficoltà,
che annuncia la vita nuova in Cristo risorto.

È Pasqua!
Nella Chiesa, per la Chiesa, con la Chiesa
che annuncia speranza là dove regna la disperazione,
che annuncia una forza là dove si subisce la violenza,
che annuncia il riscatto là dove vige la schiavitù.

È Pasqua!
Cristo è veramente risorto, per sempre, per tutti!
La Sua Risurrezione è speranza, certezza.
Diventiamo noi stessi testimoni per gli altri.
Curiamo le ferite dei nostri fratelli.

È Pasqua!

Antonio Merico, Vangelo e vita. Preghiere dell’anno liturgico "C", Elledici, Leumann




[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:38]

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20/11/2010 18:00
 
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Lungo il Calvario

C’ero anch’io quella mattina
sulla Via della Croce.
Eri a poca distanza da me
mentre fra sputi ed insulti
arrancavi verso il posto
dove avevamo decretato
che Tu morissi.
Attorno a me la folla.
C’era chi voleva solo curiosare
e chi era capitato lì per caso
ma cera anche chi voleva partecipare
per vendicarsi di Te
almeno solo con lo sguardo.
L’ennesima profanazione di quel corpo
già ridotto ad un’unica piaga:
la miseria umana.

Non so dirti perché accorsi anch’io
a quella sagra dell’ingiustizia
ma, come Zaccheo, mi feci largo tra la folla
per vedere.
Ed ero in prima fila.
Tutto ciò di cui potrei essere capace era lì
davanti ai miei occhi
sprofondati tra quelle piaghe
che invocavano la morte.

Stavi per passarmi davanti
ma io non volevo più vedere oltre.
Avrei voluto essere lontano
il più lontano possibile da quello scempio
ma ormai non potevo più scappare.
Ero imbottigliato tra la folla
che i soldati romani spingevano indietro
per lasciar passare la giustizia dell’uomo.

Ora non eri più una macchia di sangue
sulla via del Calvario.
Ora si riconosceva un volto.
Ed eri ancora umano.
Dicono che Tu fossi il più bello fra gli uomini
ma io non ti avevo mai visto prima.
Quella mattina però lo eri davvero
talmente bello da non aver il coraggio di guardarti.
E abbassai lo sguardo
per non correre il rischio d’incontrare il Tuo.
Come uno struzzo sperai
d’aver scampato il pericolo di quell’incontro.

E mi passasti davanti
ma io non sollevai gli occhi da terra.
Vidi soltanto i Tuoi piedi piagati
che sostarono alcuni secondi davanti a me.
Sicuramente dovevi riprendere fiato.
Ma uno schiocco di frusta
ti richiamò al Tuo dovere di vittima...
E così riprendesti sulle spalle il mio peccato
avanzando ancora con fatica.
Ma sui sassi mi lasciasti il Tuo ricordo.

Dicono che moristi alle tre
ma io non venni a vedere.
Ero rimasto lungo la via del Calvario
seduto a terra
davanti a quell’impronta di sangue
che mi schiantava il cuore.

A. Rita Mazzocco, Cantico di Tommaso




[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:38]

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asd 


Ai piedi della Tua Croce

Guardo le Tue mani inchiodate al legno, Gesù,
le Tue mani squarciate e sanguinanti,
e penso a tutto il bene che hanno fatto quelle mani,
ai corpi dei malati che hanno guarito,
alle persone stanche e disperate che hanno rialzato da terra,
e provo vergogna per queste mie mani
che non riescono ad aprirsi per donare,
che sono rinchiuse a pugno per colpire,
che ignorano gesti di dolcezza e di bontà.

Guardo le tue braccia spalancate,
fino in fondo, fino alla fine, per accogliere tutti,
anche quello che arriva all’ultima ora,
e penso a tutto il bene compiuto da quelle braccia
che hanno conosciuto la fatica del lavoro,
che hanno mostrato la strada della vita,
che hanno offerto tutto, senza trattenere nulla,
e provo vergogna per queste mie braccia,
solide e robuste quando si tratta di cercare il mio interesse,
ed invece pigre e restie quando c’è da regalare tempo e energie.

Guardo il Tuo volto straziato da dolore,
provato dalla sofferenza, accasciato dall’abbandono.
Guardo il Tuo capo che sanguina
a causa della corona di spine
e penso a tutta la gioia, a tutta la speranza
che quel volto ha acceso
nel cuore dei poveri e degli emarginati,
a tutti i Tuoi pensieri limpidi e immuni
da qualsiasi sentimento cattivo
e provo vergogna per ogni volta
che ho lasciato oscurare il mio volto
dalla vendetta o dalla gelosia,
dalla malignità o dalla violenza.

Ai piedi della Tua Croce, Gesù, io ti prego:
donami un cuore nuovo, un volto nuovo,
braccia e mani e occhi che irraggino
la Tua luce e la Tua Misericordia.




[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:39]

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Apparizioni di Gesù risuscitato

Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.

dal Vangelo di San Marco 16, 9-20




[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:39]

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Colui che serve l’uomo peccatore

Il Cristo che ci deve stare davanti agli occhi giorno per giorno è Colui che serve l’uomo peccatore. Proprio così. È lì che bisogna arrivare al termine del viaggio quaresimale, a inginocchiarsi con Gesù, nel Cenacolo, ai piedi degli apostoli. Anche di Pietro che lo rinnegherà tra poco. Anche di Giuda che sta per tradirlo. E lui lo sa e capovolge tutto: infatti, all’ultima cena, quando Gesù lava i piedi agli apostoli, non è il peccatore che si inginocchia davanti a Dio, no, è Dio che si mette in ginocchio davanti al peccatore, che lo serve, che lo vuole salvare. Ecco che cosa ci deve conquistare di Cristo per portarci poi, senza tanti fronzoli, a vivere il servizio, là dove siamo chiamati: in famiglia, a scuola, nel mondo del lavoro.

Card. José SARAIVA MARTINS





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20/11/2010 18:07
 
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È Risorto, non è qui

Dove sei Signore? Rivelati anche a me.

Ti cerco ma non ti trovo.
Sono dove tu non vuoi andare,

dove tu non vuoi sentire,
dove tu non vuoi perdonare.
Non mi trovi perché cerchi solo te,

la tua stima, le tue sicurezze,
soddisfazioni e ricompense.
Mi troverai solo quando ti deciderai a non pensare a te ma a Me,
che sono nel posto dove ti ho salvato, sulla Croce.
Lì troverai Me, la mia Misericordia, il mio perdono,
la mia e la Tua Risurrezione.
Ti aspetto e sarai beato!

Carla Zichetti






[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:40]

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20/11/2010 18:08
 
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der

Quanti cirenei…

Quanti cirenei incontriamo o abbiamo incontrato nella nostra vita! Ce l’hanno salvata…. Quanti anche oggi si fanno cirenei, in Cile, ad Haiti, nei luoghi di dolore dimenticati da tutti, nelle case anonime delle nostre città, con gli esclusi dalla società perché poveri, sporchi, stranieri, ignoranti, malati di mente... lebbrosi  “gli ultimi saranno i primi...”.

L’hanno trovata morta... tutti la conoscevano, ma nessuno andava a trovarla: si è ucciso, non ha trovato un cireneo che gli desse speranza...ne ho abbastanza dei  miei guai, dei miei pensieri...ho troppo da fare, non ho tempo... 

Il cireneo - lo straniero - tornava dal lavoro, era stanco, ma ... si è caricato della croce dell’altro: “Vai e fai anche tu lo stesso”, dice Gesù.

Carla Zichetti





[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:41]

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20/11/2010 18:10
 
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vfr 

Dio onnipotente, che io possa risorgere con Gesù

Dio onnipotente,
grazie perché hai mandato il Tuo divin Figlio Gesù
a chiamare non i giusti, ma i peccatori.

Grazie, perché Tu sei buono, pieno di misericordia
e sempre pronto al perdono.

Grazie, perché guardi con bontà la debolezza dei tuoi figli,
tra i quali sono pure io con le mie fragilità e miserie.

Grazie perché la Tua Misericordia è generosa
e ti rivolgi a me con una clemenza grande.

Grazie, perché mi difendi dal male
e mi assicuri la Tua paterna protezione.

Grazie, perché tendi il Tuo orecchio a me
che sono povero e infelice.

Ho bisogno, ogni giorno e tutto il giorno, della Tua pietà
perché non muoia nei miei peccati
ma cambi vita e direzione di cammino e viva.

Per questo, fa’ che partecipi alla Pasqua del Tuo divin Figlio Gesù
e con Lui io risorga:
almeno da una mia pigrizia e inerzia costante,
almeno da un mio rimando ricorrente,
almeno da un mio ritardo abituale,
almeno da una mia omissione comoda,
almeno da una mia indecisione irresponsabilizzante,
almeno da una mia trascuratezza danneggiante.
Insegnami a camminare sulla Tua strada e per la Tua strada
con pensieri e azioni conformi alla Tua Volontà.

Ascolta, per intercessione della tua Chiesa, la mia preghiera di supplica
e custodiscimi nella fedeltà al mio unico Salvatore e al Suo Vangelo.
Amen.

 




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20/11/2010 18:13
 
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asd 


Ciò che mi muove ad amarti...

Non mi muove, Signore, ad amarti
il Cielo che Tu mi serbi promesso,
né mi muove l’inferno tanto temuto
perché io lasci con ciò di amarti.
Mi muovi Tu, mio Dio;
mi muove il vederti inchiodato
su quella croce e scarnificato;
mi muove il vedere il Tuo corpo tanto ferito,
mi muovono i Tuoi affronti e la Tua morte.
Mi muove infine il Tuo amore
in tal maniera che se non ci fosse Cielo,
io ti amerei,
e se non ci fosse inferno, ti temerei.
Non hai da darmi nulla perché ti ami,
perché se quanto aspetto io non lo aspettassi,
nella stessa maniera che ti amo, io ti amerei.

anonimo spagnolo, sec. XVII




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bgh 


Ki koshto!

…La sua camera divenne un approdo per le più rivoltanti miserie. Non era mai vuota. Una mattina due portatori vi deposero un uomo barbuto con i capelli irsuti coperti di cenere. Era legato a una sedia e non aveva né gambe né mani. Era monco e lebbroso. E tuttavia, dal suo viso giovanile irradiava una gioia sorprendente in un simile sventurato. “Grande fratello Paul, mi chiamo Anouar”, dichiarò. “Bisogna che ti mi curi. Vedi, sono molto malato”. lo sguardo gli cadde allora sull’immagine della Sacra Sindone. “Chi è?”, chiese sorpreso. “È Gesù”. Il lebbroso parve incredulo. “Gesù? No, non è possibile. Non assomiglia a quell’altro. Perché il tuo Gesù ha gli occhi chiusi e l’aria così triste?”. Paul Lambert sapeva che l’iconografia indiana riproduceva abbondantemente l’immagine di un Cristo biondo con gli occhi azzurri, trionfante e colorato come gli dei del panteon indù. “Ha sofferto”, disse. Il sacerdote sentì che bisognava spiegare meglio. Una delle figlie di Margareta venne a tradurre le sue parole in bengalese. “Se ha gli occhi chiusi, è per vederci meglio” riprese. “È anche perché noi lo possiamo guardare meglio. Forse non oseremo, se avesse gli occhi aperti. Perché i nostri occhi non sono occhi puri, e neanche i nostri cuori, e noi siamo in gran parte responsabili delle sue sofferenze. Se soffre, è a causa mia, tua, a causa di noi tutti. A causa dei nostri peccati, del male che facciamo. Ma lui ci ama talmente che ci perdona. Vuole che lo guardiamo. Ecco perché chiude gli occhi. E i suoi occhi chiusi mi invitano a chiudere anche i miei, a pregare, a guarda Dio dentro di me e anche dentro di te. E ad amarlo. E a fare come lui, a perdonare tutti, e ad amare tutti. Ad amare soprattutto quelli che soffrono come lui. Ad amare te che soffri come lui”. Una bambina vestita che era rimasta nascosta dietro la sedia del monco lebbroso andò a deporre un bacio sull’immagine e la accarezzò con la manina. Dopo essersi portata tre dita alla fronte, mormorò: “Ki koshto! Come soffre!”. Il lebbroso sembrava commosso. Gli occhi neri gli si erano fatti lucidi. “Soffre”, disse ancora Lambert. “Eppure non vuole che piangiamo su di Lui. Ma su coloro che soffrono oggi. Perché Lui soffre in loro. Soffre nel loro corpo come nel cuore degli isolati, dei derelitti, dei disprezzati, come nella mente dei pazzi, dei nevrotici, degli squilibrati. È per questo, capisci, che amo questa immagine. Perché mi ricorda tutte queste cose”. Il lebbroso tentennò il capo con aria pensierosa, poi alzò il moncherino verso l’icona. “Grande fratello Paul, il tuo Gesù è molto più bello di quello delle immagini sacre”. “Sì, sei bello. Gesù della Città della gioia”, scriverà quella sera Lambert nel quaderno che gli serviva da diario. “Bello come il monco lebbroso che mi hai mandato oggi, con le sue mutilazioni, le sue piaghe e il suo sorriso. In lui ho visto Te, che incarni tutti i dolori. Tu che hai conosciuto il Getsemani, il sudore del sangue, la tentazione di Satana, l’abbandono del Padre, la prostrazione, lo scoraggiamento, la fame, la sete. E la solitudine. Gesù di Anand Nagar, ho cercato di curare quel lebbroso. Ogni giorno, cerco di condividere la sorte dei poveri. Chino la testa con chi è calpestato e oppresso. Come l’uva nel torchio, e il loro succo mi schizza sugli abiti e li macchia. Non sono un puro, né una santo, solo un pover’uomo, peccatore come gli altri, a volte calpestato o disprezzato come i miei fratelli della Città della gioia, ma in fondo al cuore ho la certezza che ti ci ami. E anche la certezza che la gioia che mi riempie, niente e nessuno potrà mai rubarmela. Perché Tu sei veramente presente qui, in fondo a questa bidonville miserabile”.

Dominique Lapierre, La città della gioia




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tyu 

Dal Vangelo secondo Marco

Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro? . Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura. Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.

dal Vangelo di San Marco 16, 1-20

 



 


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Guardo le Tue mani

Guardo le Tue mani inchiodate al legno, Gesù,
le Tue mani squarciate e sanguinanti
e penso a tutto il bene che hanno fatto quelle mani,
ai corpi dei malati che hanno guarito,

alle persone stanche e disperate che hanno rialzato da terra
e provo vergogna per queste mie mani
che non riescono ad aprirsi per donare,
che sono rinchiuse a pugno per colpire,
che ignorano gesti di dolcezza e di bontà.

Guardo le Tue braccia spalancate,
fino in fondo, fino alla fine, per accogliere tutti,
anche quello che arriva all’ultima ora
e penso a tutto il bene compiuto da quelle braccia
che hanno conosciuto la fatica del lavoro,
che hanno mostrato la strada della vita,
che hanno offerto tutto, senza trattenere nulla
e provo vergogna per queste mie braccia,
solide e robuste quando si tratta di cercare il mio interesse,
ed invece pigre e restie quando c'è da regalare tempo e energie.

Guardo il Tuo volto straziato da dolore,
provato dalla sofferenza, accasciato dall’abbandono.
Guardo il Tuo capo che sanguina
a causa della corona di spine
e penso a tutta la gioia, a tutta la speranza
che quel volto ha acceso
nel cuore dei poveri e degli emarginati,
a tutti i Tuoi pensieri limpidi e immuni
da qualsiasi sentimento cattivo
e provo vergogna per ogni volta
che ho lasciato oscurare il mio volto
dalla vendetta o dalla gelosia,
dalla malignità o dalla violenza.

Ai piedi della Tua Croce, Gesù, io ti prego:
donami un cuore nuovo, un volto nuovo,
braccia e mani e occhi che irraggino
la Tua luce e la Tua Misericordia



[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:41]

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cde


Il Cireneo

Voglio essere franco. Non m’interessa un Dio “qualunque”, onnipotente e assoluto, fin che vuoi. Meno ancora un Gesù che sia soltanto un profeta (non importa se maggiore o minore) finito malamente. Il mio motto è: “Aut Christus aut nihil”. È quello il cuore, il Dio figlio di Dio, quello è il centro, il sole che m’illumina, la notte che tutto avvolge e rinfresca, la linfa, il sangue che scorre a dar vita, senso, sapore, allegria, sì, miseriaccia, allegria! A un cosmo che senza di Lui sarebbe un incomprensibile ammasso di meraviglie sospese nel nulla. Via Crucis: il Cireneo Signore, ieri mi hai messo in gran difficoltà. E io me la sono presa. Tu mi conosci: il mio temperamento è amaro. Mi avevi caricato sulle spalle un dolore grande, quasi impossibile da portare. Io ti avevo chiesto, non di liberarmene, ma di aiutarmi a portarlo. Di portarlo anche Tu con me. Di farmi sentire il vento della Tua presenza, l’eco della Tua voce. Ma non mi hai accontentato. Mi hai lasciato tutto solo, senza il minimo conforto. E con quel peso sulle spalle. Ma oggi mi è venuto in mano questo librettino di vecchie devozioni… L’ho aperto a caso... “La quinta Stazione. Gesù aiutato dal Cireneo a portare la Croce”… La scena mi ha dato un pugno in mezzo al cuore. Credo di aver capito… Adesso vedo questo rozzo Gesù, questo comico Cireneo della litografia popolare, e capisco che, da quando Cristo è sceso sulla terra, il suo stile è proprio cambiato. Tu continui ad essere l’Onnipotente, l’Altissimo, il Padrone di tutto e di tutti: ma preferisci che non ne teniamo troppo conto. Ribaltatore, paradossale e rivoluzionario come nessuno di noi potrà mai esserlo, Tu ora vuoi che si sia noi, gli impotenti, i nullatenenti, gli ignoranti, ad aiutare te… Sei un umorista, Signore? O il più grande degli psicologi? Vuoi farci sentire qualche cosa, noi che non siamo nulla?... Il fatto però è innegabile. Dopo Gesù e con Gesù, Dio si è fatto bambino, nano, fuorilegge, pietra di scandalo, rifiuto della società, condannato a morte, cadavere. E tutto questo davanti agli occhi di tutti. La Trasfigurazione, invece, la Risurrezione, l’Ascensione sono spettacolo riservato a pochi, a pochissimi, nella dimensione dell’umiltà e della fede. Potresti, con una parola, chiamare a tua difesa dodici legioni di Angeli. Ma non lo fai, e ti lasci ridurre come il più misero, il più torturato e sputacchiato degli uomini. Hai creato dal nulla l’universo. Ma poi non metti insieme tanta forza da sostenere sulle spalle una trave di legno. Bisogna costringere uno di noi, che è lì di passaggio, a fare quel lavoro per Te. Il Tuo potere, ormai, è l’impotenza, il Tuo trionfo la sconfitta, il Tuo dominio su di noi è chiedere la nostra collaborazione. Reciti, Signore? Che commedia è questa? Un po’ mi scandalizzo, un po’ resto ammirato. Ma l’ammirazione è quella che rimane. Perché so, so con certezza, che non sei un Dio debole, un Dio sconfitto. Ma vuoi sembrarlo per amor nostro. Non te ne importa di fare brutte figure, purché noi si entri nel Tuo gioco, ci si unisca a Te, si capisca che cos’è che Tu vuoi per il nostro bene. Non gloriarti, Cireneo… Non crederti più forte di quell’uomo esausto al quale hanno tolto la croce per passarla a te. In quell’apparente debolezza c’è più forza che in tutto l’Impero Romano, che in tutti gli imperi di tutti i tempi. È la forza di un amore che le pensa tutte, pur di arrivare fino alla nostra anima; la fierezza di un amore che vuole darti la salvezza senza umiliarti, anzi facendoti credere di avere realmente bisogno di te; il mistero di un amore che non ha mai avuto disgusto di questa creatura umana, che così spesso fa disgusto a se stessa… E il Cireneo, portando quello strumento di martirio, non sa di portare insieme la propria corona di luce.

Italo Alighiero Chiusano





[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:42]

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Digiunare

Fa’ digiunare il nostro cuore:
che sappia rinunciare a tutto quello che l’allontana
dal Tuo Amore, Signore, e che si unisca a Te
più esclusivamente e più sinceramente.

Fa’ digiunare il nostro orgoglio,
tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni,
rendendoci più umili e infondendo in noi
come unica ambizione, quella di servirti.

Fa’ digiunare le nostre passioni,
la nostra fame di piacere,
la nostra sete di ricchezza,
il possesso avido e l’azione violenta;
che nostro solo desiderio sia di piacerti in tutto.

Fa’ digiunare il nostro io,
troppo centrato su se stesso, egoista indurito,
che vuol trarre solo il suo vantaggio:
che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi.

Fa’ digiunare la nostra lingua,
spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche,
severa nei giudizi, offensiva o sprezzante:
fa’ che esprima solo stima e bontà.

Che il digiuno dell’anima,
con tutti i nostri sforzi per migliorarci,
possa salire verso di Te come offerta gradita,
meritarci una gioia più pura, più profonda.

Jean Galot, Ritorno alla sorgente





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La morte di Gesù

Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: “Veramente quest’uomo era giusto”. Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.

dal Vangelo di San Luca, 23, 44-49





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La tomba vuota

Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 

dal Vangelo di San Giovanni 20, 1- 9





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asd 

La Pasqua che vorrei

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Andrò in giro per le strade
zuffolando, così,
fino a che gli altri dicano: è pazzo!
E mi fermerò soprattutto coi bambini
a giocare in periferia,
e poi lascerò un fiore
ad ogni finestra dei poveri
e saluterò chiunque incontrerò per via,
inchinandomi fino a terra.
E poi suonerò con le mie mani
le campane sulla torre,
a più riprese
finché non sarò esausto.
E a chiunque venga
- anche al ricco - dirò:
”Siedi pure alla mia mensa”,
(anche il ricco è un povero uomo).
E dirò a tutti:
”Avete visto il Signore?”.
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Tutto è Suo dono,
eccetto il nostro peccato.
Ecco, gli darò un’icona
dove Lui - bambino - guarda
agli occhi di Sua Madre:
così dimenticherà ogni cosa.
Gli raccoglierò dal prato
una goccia di rugiada
- è già primavera,
ancora primavera,
una cosa insperata,
non meritata,
una cosa che non ha parole;
e poi gli dirò d’indovinare
se sia una lacrima
o una perla di sole
o una goccia di rugiada.
E dirò alla gente:
”Avete visto il Signore?”.
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso.

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
Non credo più neppure alle mie lacrime,
e queste gioie sono tutte povere:
metterò un garofano rosso sul balcone,
canterò una canzone
tutta per lui solo.
Andrò nel bosco questa notte
e abbraccerò gli alberi
e starò in ascolto dell’usignolo,
quell’usignolo che canta sempre solo,
da mezzanotte all’alba.
E poi andrò a lavarmi nel fiume
e all’alba passerò sulle porte
di tutti i miei fratelli
e dirò a ogni casa: “Pace!”,
e poi cospargerò la terra
d’Acqua Benedetta in direzione
dei quattro punti dell'universo,
poi non lascerò mai morire
la lampada dell’altare
e ogni domenica mi vestirò di bianco.

Io vorrei donare una cosa al Signore,
ma non so che cosa.
E non piangerò più,
non piangerò più inutilmente;
dirò solo: “Avete visto il Signore?”.
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso
poi non dirò più niente.

padre David Maria Turoldo





[Modificato da pedrodiaz 19/02/2012 20:43]

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