3. Giona, il ricino, il verme ed il vento (capitolo 4)
Vediamo di nuovo il profeta nel capitolo 4, che sta a levante della città di Ninive, sdegnoso, impaziente, et talmente afflitto perché la città non è stata distrutta, che supplica l’Eterno di togliergli la vita. Pare ch’egli abbia dimenticato la lezione che aveva imparato durante i tre giorni che stette in fondo al mare: ed abbisognava perciò un nuovo messaggio da Dio. «E l’Eterno perparò una pianta di ricino» — ciò è molto istruttivo. Certamente v’era nulla di stradinario nella semplice circostanza di un ricino; altri uomini come Giona ne avranno visto delle centinaia, e molti si saranno seduti alla loro ombra; ma questo ricino sorto per proteggere il profeta dai raggi cocenti del sole, mostra l’intervento della mano di Dio, e forma un importante anello nella catena delle circostanze, per le quali, secondo il disegno di Dio, il Suo servitore doveva passare. Ora il ricino, come prima il gran pesce, quantunque in un modo assai diverso, era il messaggero mandato da Dio all’anima sua; «e Giona si rallegrò di grande allegrezza per quel ricino.» Prima, egli desiderava di morire, ma ciò era prodotto piuttosto dall’impazienza e dalla tristezza, che da un santo desiderio di partire da questa terra per entrare nel riposo eterno; era il risultato delle difficoltà presenti, piuttosto che quelle delle felicità future.
E questo è sovente il nostro caso. Spesse volte noi siamo ansiosi di lasciare per sempre questa terra piena di miseria: ma appena ci troviamo per un momento fuori da ogni prova, quest’ansia cessa, per dar luogo ad un segreto compiacimento in quelle cose che poc’anzi avremmo lasciate volontieri. Invece, se noi desiderassimo la venuta di Gesù e la gloria della Sua benedetta presenza, le circostanzze non stabilirebbero in noi una tale mutabilità di proposito, noi allora desideremmo ardentemente di lasciare tanto le circostanze facili e favorevoli, come quelle difficili e contrarie. Mentre Giona se ne stava all’ombra del ricino, non pensava minimamente di partire da questa terra, ed il fatto qu’egli «si rallegrò di grande allegrezza» per quella pianta, prova quanto avesse bisogno di quel messaggio speciale dalla parte di Dio, e manifesta qual fosse la vera condizione della sua anima quando disse: «Perciò, Eterno, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere.» Ma Dio può anche servirsi d’un ricino come strumento per spiegare i segreti del cuore umano; ed il fedele può dire con certezza che Dio è in ogni cosa. La tempesta mugghia con impeto, e si ode la voce di Dio; un ricino cresce silenziosamente, e si vede la Sua mano. Eppure il ricino era soltanto un anello della catena, perché «Dio preparò un verme»; e questo verme, per piccolissimo che fosse, considerato come strumento, era tanto un agente divino, come lo erano il «gran vento» ed «il gran pesce». Un verme, quand’è adoperato da Dio, può far meraviglie; esso percosse il ricino, ed insegnò a Giona, come pure insegna a noi, una solenne lezione. È vero ch’esso era soltanto un agente insignificante, la cui efficacia dipendeva dalla sua unione con altri; ma questo basta per mostrare nel modo più meraviglioso la grandezza della mente del Padre nostro. Egli può preparare tanto un verme, come un sottile vento orientale, e quantunque siano così differenti l’uno dall’altro, li fa contribuire entrambi al compimento dei Suoi grandi disegni.
In una parola la mente spirituale vede Dio in ogni cosa. Il verme, il gran pesce, e la tempesta, sono altrettanti strumenti nella Sua mano; ed il più piccolo, come il più importante dei Suoi agenti, coopera ai Suoi fini. Il vento orientale, quantunque avesse soffiato con veemenza, non avrebbe prodotto nessun effetto sul profeta, se il verme non avesse prima fatto l’opera sua; e ciò è assai rimarchevole. Chi avrebbe mai pensato che un verme ed un vento orientale avrebbero agito di comune accordo per fare l’opera di Dio? Eppure ciò è avvenuto. Grande e piccolo sono termini che si usano solo fra gli uomini, e non si possono applicare a Colui «che si abbassa a guardare nei cieli», come «sulla terra» (Salmo 113:6). Le cose nei cieli e sulla terra sono uguali per Colui che «è assiso sulla volta della terra» (Isaia 40:22). L’Eterno può raccontare il numero delle stelle, e mentre fa questo può occuparsi d’un passero che cade; Egli può fare il turbine Suo carro, ed il cuor contrito la Sua dimora; v’è nulla di grande o di piccolo presso Lui.