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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro dell’ESODO

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2011 20:12
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21/04/2011 20:11
 
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CAPITOLO 24
Capitolo 24
Questo libro si apre con un’espressione che caratterizza l’intera economia mosaica: «Poi Dio disse a Mosè: Sali all’Eterno, tu e Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani di Israele, e adorate da lungi; poi Mosè solo s’accosterà all’Eterno; ma gli altri non s’accosteranno né salirà il popolo con lui» (vv. 1 e 2). Non troviamo mai, in nessun ordinamento della legge, queste preziose parole: «Venite, accostatevi». No! Parole simili non potevano farsi udire dal Sinai né da mezzo alle ombre della legge. Potevano essere pronunciate soltanto dall’altro lato della tomba vuota di Gesù, dove il sangue della croce aveva aperto, per lo sguardo della fede, una prospettiva senza nubi. Le parole «da lungi» caratterizzano la legge come l’espressione «accostatevi» caratterizza il Vangelo. Sotto la legge l’opera che poteva conferire al peccatore il diritto di avvicinarsi non era compiuta. L’uomo non aveva obbedito come s’era impegnato a fare. E il sangue di tori e di becchi (Levitico 16:18) non poteva né espiare il suo peccato né dare la pace alla sua coscienza; per questo bisognava che si fermasse lontano. I voti fatti dall’uomo erano violati, e il peccato non era lavato. Come avrebbe potuto, l’uomo, avvicinarsi? Il sangue di diecimila tori non poteva cancellare una sola macchia dalla sua coscienza né dargli il dolce sentimento della prossimità d’un Dio di grazia, giusto e giustificante.

Tuttavia, il primo patto (Ebrei 9) è qui consacrato col sangue. Mosè costruisce un altare ai piedi del monte fatto di «dodici pietre per le dodici tribù di Israele» (vedere Giosuè 4 e 1 Re 18:31). E mandò dei giovani tra i figliuoli di Israele a offrire olocausti e a immolare giovenchi come sacrifici di azioni di grazie all’Eterno. «E Mosè prese la metà del sangue e lo mise in bacini e l’altra metà lo sparse sull’altare. Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: Ecco il sangue del patto che l’Eterno ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole» (v. 5, 6, 8). Sebbene, come ci insegna l’apostolo, sia «impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i peccati», (Ebrei 10:4) tuttavia santifica «in modo da dar la purità della carne» (Ebrei 9:13). E come «ombra dei futuri beni» (Ebrei 10:1) serviva a mantenere il popolo in relazione con l’Eterno.

«Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani salirono, e videro l’Iddio d’Israele. Sotto i suoi piedi c’era come un pavimento lavorato in trasparente zaffiro, e simile, per limpidezza, al cielo stesso. Ed egli non mise la mano addosso a quegli eletti tra i figliuoli d’Israele; ma essi videro Iddio e mangiarono e bevvero» (vv. 9-11). Era la manifestazione dell’Iddio di Israele in luce, purezza, maestà e santità. Non era la rivelazione delle affezioni del Padre né i dolci accenti della voce di un Padre che spande pace e fiducia ai cuori. Il lavoro in trasparente zaffiro rivelava questa purezza e questa luce inaccessibile che non potevano dire al peccatore altro che «fermati lontano». Tuttavia «videro Iddio e mangiarono e bevvero»; prova commovente della longanimità e della misericordia divine, come pure della potenza del sangue!

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Se consideriamo tutta questa scena come una figura vi troviamo molte cose atte a interessare il cuore. In basso c’è il campo, in alto il piano di trasparente zaffiro; ma l’altare ai piedi del monte ci parla di questo cammino per mezzo del quale il peccatore può sottrarsi alla corruzione dell’umana natura ed elevarsi fino alla presenza di Dio per far festa e adorare in una perfetta pace. Il sangue che colava intorno all’altare era il solo che dava diritto all’uomo di sussistere in presenza di questa gloria, che era «agli occhi dei figliuoli di Israele come un fuoco divorante» (v. 17).

«E Mosè entrò in mezzo alla nuvola e salì sul monte; e Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti». Per Mosè quella era davvero una posizione elevata e santa. Era chiamato lontano dalla terra e dalle cose della terra, isolato dalle influenze della natura, rinchiuso con Dio per udire dalla sua bocca i misteri profondi della persona e dell’opera di Cristo, come ce li presenta il tabernacolo in tutta la sua struttura e i suoi accessori, così pieni di significato, «cose raffiguranti quelle nei cieli» (Ebrei 9:23). Dio sapeva quale sarebbe stata la fine del patto delle opere dell’uomo; ma fa conoscere a Mosè, in figure e ombre, i suoi pensieri d’amore e i suoi consigli di grazia, manifestati in Cristo e confermati da lui.

Sia benedetta per sempre la grazia che non ci ha lasciati sotto un patto d’opere! Sia benedetto Colui che ha imposto, per noi, il silenzio ai tuoni della legge e ha spento le fiamme del Sinai col «sangue del patto eterno» (Ebrei 13:20) e che ci ha dato una pace che nessuna potenza terrena o infernale può smuovere! «A Lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue e ci ha fatti essere un regno e sacerdoti all’Iddio e Padre suo, a Lui siano la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli. Amen»

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