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Lettera seconda

Il Gesuita ed il Puseita

Enrico ad Eugenio

Roma, Novembre 1846.

Mio caro Eugenio,

Io sono l'uomo più felice del mondo. Ti rammenterai che nella mia ultima ti diceva di essere entrato in relazione con un ministro della Chiesa anglicana: ebbene, tu non lo crederai, ma son già quasi riuscito a convertirlo. Non avrei mai creduto che la conversione di un prete protestante fosse una cosa così facile (Nota 1 -
È facile far divenire cattolico un Puseita); nè giammai avrei immaginato che i loro argomenti fossero talmente deboli, che bastasse un poco di logica ed un poco di buon senso per ridurli al nulla. Ma spero che la storia che sono per narrarti potrà esserti di grandissimo giovamento.
Appena uscito dalla pia casa di S. Eusebio, ove, come ti scrissi, aveva fatti gli spirituali esercizi di S. Ignazio, andai alla chiesa di S. Pietro per acquistare la indulgenza plenaria (Nota 2 -
Indulgenza plenaria). Compiuti i miei atti di religione a quello scopo, mi posi ad osservare i superbi monumenti dell'arte cristiana che formano di quella chiesa la più grande meraviglia del mondo; ed in particolar modo mi fermai innanzi al magnifico mausoleo di Papa Rezzonico, opera dell'immortale Canova (Nota 3 - Mausoleo di Clemente XIII). Io non sono artista, ma un tale monumento è capace di entusiasmare chiunque. Quella statua del papa in marmo candido come neve, che genuflesso, con le mani giunte, e nell'attitudine di pregare, ha una espressione così vera che ti senti spinto a ritenere l'alito per timore di turbare quel santo raccoglimento.
L'artista ha preso la sua ispirazione dalla fervente preghiera che faceva quel Papa, acciò Dio lo facesse morire piuttosto che essere costretto a sopprimere i Gesuiti, che sono il più valido sostegno della nostra santa Chiesa. Que' due leoni, i più belli che sieno usciti da umano scalpello, e che fanno il più bel contrasto con la mansuetudine espressa sul volto del Papa, figura principale del monumento, t'incantano, ti rapiscono.

Mentre io era quasi estatico a considerare quel mausoleo, sento vicino a me un leggiero rumore: mi volgo, e vedo un uomo di circa trent'anni di figura assai simpatica, tutto vestito a nero, con un abito che scendeva fin sotto le sue ginocchia, chiuso avanti al petto da una lunga fila di bottoni, e che non lasciava vedere che una piccola porzione di una candida cravatta. Egli era occupato come me ad ammirare quella meraviglia dell'arte moderna.

Da principio lo presi per un prete; ma, vedendo nelle sue mani un cappello a cilindro, mi avvidi di avere errato. Mi si avvicinò con bel garbo salutandomi, ed incominciò a parlare della magnificenza di quel monumento: volle saperne l'autore e mi domandò intorno alle azioni di quel Papa, onorato di così magnifico mausoleo. "Bisogna bene, mi disse, che questo Papa abbia resi de' grandi servigi alla religione, per aver meritato una memoria così immortale." Io risposi che Clemente XIII era stato un Papa veramente santo, che la sua vita non era stata che un tessuto di dispiaceri; che tutte le corti cattoliche lo avevano tormentato perchè egli non solo non volle sopprimere i Gesuiti, che anzi li proteggeva contro tutti. Dopo ciò uscimmo insieme dalla chiesa.

Io non sapeva chi fosse l'uomo che era con me: alla fisionomia ed alla pronunzia lo giudicai Inglese. Il suo vestire era piuttosto da ecclesiastico; e siccome so che in Inghilterra i preti ed i frati non possono vestire i loro abiti, ma indossano vesti che non sono interamente simili a quelle de' laici; così dubitava che fosse un prete inglese. Era sul punto di domandargli qualche cosa su ciò, quando egli mi disse: "Gran bel tempio invero è questo, e degno della maestà di Dio: noi in Inghilterra non abbiamo idea di un tempio simile." "Perdonate, domandai io, siete voi cattolico o protestante?" "Sono cattolico, mi rispose, ma non cattolico romano: sono ministro della Chiesa anglicana, ed appartengo a quella classe che noi chiamiamo alta Chiesa. La nostra Chiesa è cattolica ed apostolica; essa ritiene la successione apostolica ne' suoi Vescovi e ne' suoi preti; e tutte le dottrine e le pratiche della veneranda antichità."

Allora mi avvidi che il mio interlocutore era un prete protestante, e ringraziai Dio nel mio cuore perchè mi dava così presto occasione di esercitare il mio zelo missionario. Nondimeno non ti nasconderò che io era alquanto imbarazzato, e, con tutto il mio buon volere, non sapeva come incominciare un discorso sulla sua conversione. Egli intanto mi faceva molte interrogazioni sulle cose ecclesiastiche. Finalmente cercai di introdurre il discorso, domandandogli ciò ch'egli pensasse intorno alla separazione della Chiesa anglicana dalla romana; cioè s'egli la giudicasse una cosa buona, od una cosa cattiva.

La mia questione era diretta, ed egli, mettendo fuori un profondo sospiro, rispose: "Quella separazione è stata la più grande disgrazia per la povera Chiesa d'Inghilterra: la separazione fu una necessità; ma una necessità creata dalla ostinazione degli uomini che non vollero cedere in nulla: le questioni furono prese con troppo calore, ed anche furono da una parte e dall'altra alquanto esagerate: non si volle transigere su nulla, e così la separazione divenne necessaria; ma fu una ben funesta necessità. La Chiesa anglicana, e la Chiesa romana hanno perduto ambedue in tale separazione" (Nota 4 -
La riforma religiosa).

Intanto eravamo giunti innanzi alla sua abitazione. Egli allora mi strinse la mano, mi diede il suo biglietto di visita, e mi disse: "Io amo molto i preti della Chiesa romana; avrò molto piacere di rivedervi e di parlare con voi di religione: addio."

Puoi ben figurarti quale fosse il mio stupore dopo una tale conversazione: un Protestante, anzi un Ministro protestante che parla con tanta venerazione, dirò di più, con tanto amore della Chiesa cattolica romana, mi pareva un fenomeno inesplicabile. Io mi era fino allora immaginato che i Protestanti fossero nemici accaniti de' Cattolici e particolarmente degli ecclesiastici; ed invece trovava in quest'uomo non solo una grande gentilezza, ma anche una certa benevolenza (Nota 5 -
Cosa insegnano i preti sui Protestanti).

La sera di quel giorno, andai al collegio romano per consultare il mio professore di teologia circa la maniera che io doveva usare per riescire nella conversione di quel Protestante. Gli esposi il caso, ed egli, dopo avere riflettuto un poco, mi disse: "Credo che il vostro Inglese sia un puseita." Pregai allora il buon Padre a darmi una esatta nozione del Puseismo, perchè ne aveva sentito parlare, ma non ne aveva una idea netta.

"Sarebbe una cosa assai lunga, rispose il buon Padre, tesservi la storia del movimento religioso di Oxford, chiamato Puseismo a cagione del dottor Pusey che è alla testa di esso. Se sapeste quante fatiche costa quel movimento ai nostri buoni Padri che sono in Inghilterra, sia per averlo eccitato, sia per sostenerlo! esso produce invero de' buoni frutti, e ne produrrà de' maggiori, ma ci costa molto. Basta; a voi deve poco interessare, almeno per ora, la storia del Puseismo; quello che deve interessarvi è di conoscere il modo che dovete tenere con cotesto ministro anglicano nelle vostre discussioni: ed è su questo che voglio ora istruirvi.