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Lettera terza

Lettera terza

Il Valdese ed il Gesuita

Enrico ad Eugenio

Roma, 1° dicembre 1846.

Mio caro Eugenio,

è qui in Roma un proverbio, il quale dice: “L’uomo propone, e Dio dispone,” e questo proverbio si verifica oggi in me. Io mi proponeva la conversione al cattolicismo di un Puseita, e Dio ha disposto di farmi forse strumento della conversione di altri due Protestanti. Eppure, lo crederesti, mio buon amico? le opposizioni a cotali conversioni le trovo piuttosto dalla parte de’ miei maestri, che dalla parte de’ Protestanti: però i buoni Padri agiscono così per prudenza, non per altro motivo; ma pure tanta prudenza non posso comprenderla. Basta, sarà quello che Dio vorrà; io metto tutto nelle sue mani; ed a te, come mio amico d’infanzia, voglio confidare tutto, sicuro della tua discrezione.

Tiraccontai come mi separai dal signor Manson per l’arrivo di que’ due forestieri. Quando mi separai, era il mezzogiorno. Due ore dopo, ricevo un biglietto del Padre P. che è uno de’ miei maestri, nel quale era invitato a portarmi la stessa sera da lui al Collegio Romano, avendomi a parlare di cose interessanti. Io mi recai all’invito, all’ora indicatami.

Il Padre P. mi accolse da principio con un po’ di sussiego; ma poco dopo, riprendendo il suo solito tuono paternale, mi disse: “Figliuol mio, gli esercizii di S. Ignazio vi hanno poco giovato, mi pare.”

Fui mortificato di quel rimprovero, che mi pareva non aver meritato, e pregai il Padre a spiegarsi.

“Cosa avete fatto questa mattina?”

Allora incominciai a raccontargli candidamente la conversazione avuta col signor Manson; ma egli m’interruppe.

“So tutto, ed è perciò, figliuol mio, che vi ho fatto venire da me. Voi non avete voluto seguire il mio consiglio; vi siete messo a disputare, ed avete rovinato tutto.”

Mi era impossibile comprendere le parole del buon Padre; io teneva quasi in pugno la vittoria sul mio Inglese, ed il mio maestro di teologia mi rimproverava, e mi diceva di aver tutto rovinato. Lo pregai di spiegarsi meglio.

“Figlio mio, rispose il buon Padre, se vi foste regolato secondo i miei consigli, la vostra visita non sarebbe stata così lunga; que’ signori che sono giunti dopo non vi avrebbero trovato lì, e, se vi avessero trovato, non vi avrebbero trovato in aria di discussione: la loro visita si sarebbe passata in una visita di complimento, e tutto sarebbe finito bene. Ma sapete voi cosa è accaduto dopo la vostra partenza? Quei due signori han voluto sapere di che parlava il signor abate (Nota 1 -
Chi sono gli abati?) che era tanto riscaldato. Il signor Manson lo ha detto, e così è venuta voglia anche a loro di entrare in discussione con voi.”

“Oh! Padre mio, interruppi, tanto meglio: la verità è dalla mia parte, ed io non temo nulla.”

“Presunzione, figlio mio, presunzione! Voi non sapete con chi avrete a fare: quei due non sono già Puseiti come il signor Manson; ma sono due Protestanti ostinati, i quali vi attaccheranno con la Bibbia, e voi non saprete cosa rispondere. La Bibbia, interpretata nel suo vero senso, cioè in quello che le dà la nostra santa madre Chiesa, distrugge tutte le eresie; ma quando disputate con coloro che non ammettono quel senso, vi fanno vedere che la Bibbia è contro di noi. La santa madre Chiesa non permette neppure agl’inquisitori di disputare con gli eretici sulla Bibbia sola. No, figlio mio, se avete commesso il primo errore, non commettete il secondo; ritiratevi da questa discussione; scusatevi sulla mancanza di tempo: adesso voi avete le scuole e non potete occuparvi d’altro: procurate solo di condurre da me il vostro Inglese e non pensate ad altro.”

Il discorso del mio maestro non mi aveva persuaso; ma, pensando che mio dovere era l’obbedire, partii da lui determinato di non andare più dal mio Inglese; e, se egli mi avesse eccitato a continuare la discussione, scusarmi con bella maniera. Ma, lo ripeto, l’uomo propone e Dio dispone. Le circostanze m’impedirono di star fermo alla presa risoluzione.

La mattina dopo, mentre tornava in casa dopo la scuola, trovai il signor Manson che mi aspettava. Dopo le politezze di uso, egli mi raccontò che que’ due signori che avevano interrotta la nostra conversazione, avevano voluto sapere sopra quale soggetto discutevamo; ed avendolo saputo, ne avevano mostrato un grande interesse, e desideravano continuarla. Mi disse che il signor Sweeteman, il più giovane di essi, era il figlio di un gentiluomo inglese assai ricco; che egli aveva conosciuto questo giovane in Oxford, ove era stato a fare i suoi studi; ma che, essendosi innamorato delle dottrine del dottor Pusey, il padre che era un assiduo lettore del Record (Nota 2 -
Il Record) si era fitto in capo che il suo figlio potesse divenire cattolico; e lo aveva mandato a Roma, nella persuasione che vedendo la corte romana da vicino ne prendesse orrore. A tale scopo gli aveva dato per aio il signor Pasquali, che era l’altro signore anziano che lo accompagnava. Mi disse che il signor Pasquali era un Piemontese appartenente alla setta de’ Valdesi, il quale conoscendo bene Roma e la Chiesa romana, era nell’impegno di mostrare al signor Sweeteman tutta la corruzione del cattolicismo. “Io, continuava egli, non sono cattolico romano, ma non mi piacciono que’ fanatici che trovano tutto cattivo quello che è nella Chiesa romana. Certo la Chiesa romana ha degli errori; ma essa merita rispetto, essendo la più antica di tutte le Chiese cristiane. Sicchè uniamoci per far conoscere al signor Pasquali il suo fanatismo.”

Questo discorso era per me una forte tentazione per non obbedire più al mio maestro: pure ebbi la forza di resistervi e mi scusai, dicendo che mi dispiaceva moltissimo non potere entrare in quella discussione; che il mio tempo era tutto occupato, che doveva seguire le mie lezioni che non mi lasciavano tempo disponibile. Sembra che il signor Manson fosse pago della mia scusa e non insistè. Rimase ancora un momento; poi mi disse: “Almeno non mi negherete un’ora di tempo questa sera per prendere una tazza di tè con me; la sera non avete lezioni.” Mi pareva troppa durezza ricusare, ed accettai l’invito.

All’ora convenuta, andai ma il signor Manson non era solo come io credeva: il signor Sweeteman ed il signor Pasquali erano già con lui. Io non aveva preveduto quell’incontro: se lo avessi preveduto, non sarei andato; ma poichè vi era, non mi parve conveniente ritirarmi; solo rinnovai nel mio cuore il proponimento di non entrare in alcuna discussione. Il signor Manson mi presentò ad ambedue, secondo la etichetta inglese. Si parlò di varie cose; poi il signor Manson cominciò a parlare delle belle chiese che si vedono in Roma, e dei stupendi monumenti dell’antichità specialmente ecclesiastica; e conchiuse dicendo, che se que’ dissidenti (Nota 3 -
I dissidenti) che gridano tanto contro la Chiesa romana vedessero Roma, considerassero coscienziosamente i suoi monumenti, osservassero i suoi magnifici templi, la maestà dei suoi riti e della sua gerarchia, certo non griderebbero tanto contro di essa.