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Lettera settima
Lettera settima

Primato del papa

Enrico ad Eugenio

Roma, Febbraio 1847.

Caro Eugenio,

Come ti diceva nell'ultima mia, l'appuntamento era stato preso per trovarci nella sera seguente alla prima discussione nella casa del signor Manson; ma, ricordandomi che io dimorava in un convento, e che non poteva restare lungo tempo fuori la sera, senza incorrere pericolo di trovare la porta irremissibilmente chiusa, vi andai nel dopo pranzo per iscusarmi, e prendere un altro appuntamento per altro giorno ed altra ora.

Non so se debbo dire per mia disgrazia, o per mia fortuna, trovai i tre amici insieme, che erano sul punto di uscire per una passeggiata. Mi fecero le più cordiali accoglienze, e m'invitarono ad unirmi con loro nella passeggiata; e, vedendo che io esitava ad accettare l'invito, il signor Pasquali mi disse: "Non temete, signor abate: noi non andremo per città; ma faremo una passeggiata in luoghi solitari, e così eviteremo i chiassi del carnevale, e potremo parlare liberamente."

Eravamo allora appunto in pieno carnevale (Nota 1 - Il carnevale a Roma). Tu non sai cosa sia il carnevale in Roma! Non ti nasconderò che per noi stranieri, nati ed educati in paesi seri, esso è una cosa alquanto scandalosa. Vedere la città santa darsi tutta intera ai baccanali de' Gentili, ingolfarsi in ogni sorta di disordini e di gozzoviglie, sono cose che a noi forestieri ci sembrano cattive, ed in questo conveniva co' miei amici; ma i Romani le tengono per divertimenti innocentissimi.

Per evitare il chiasso, andammo fuori della porta Pia (Nota 2 - Porta Pia). La via che da quella porta conduce alla chiesa di S. Agnese ed alle annesse catacombe, è molto ariosa, ed è la passeggiata prediletta de' Gesuiti, che ne' giorni del carnevale vi s'incontrano quasi soli. Io non amava farmi vedere dai Gesuiti con quella compagnia; perciò invitai i miei compagni ad entrare nella villa Patrizi che è a pochi passi dopo la porta. Entrati in essa, eravamo soli, non essendovi in essa in que' giorni che il custode del magnifico palazzo. Giunti sul belvedere che è avanti l'ingresso del palazzo, ci sedemmo sopra i sedili di marmo.

"Signori miei, disse il Valdese, se vogliamo incominciare la nostra discussione, io propongo d'incominciarla con una preghiera:" e, tratta di tasca la sua Bibbia, si levò e, scopertosi il capo, lesse nel capo XI del Vangelo di S. Luca dal vers. 9 al 13: quindi, richiuso il libro, fece una preghiera così commovente, parafrasando que' versetti, e domandando per noi tutti l'abbondanza dello Spirito Santo, che mi commosse fino alle lacrime. "Oh! Quale acquisto sarebbe per noi, diceva dentro di me, se quest'uomo venisse alla nostra santa religione!"

Finita la preghiera, il Valdese ci domandò se avevamo dei passi della Bibbia che potessero condurci a conoscere più chiaramente la verità sulla discussione incominciata il giorno innanzi.

Il signor Sweeteman disse che ne aveva alcuni, ma che siccome riguardavano piuttosto l'autorità della Chiesa, e non quella del Papa, così si riserbava citarli quando si sarebbe trattato della Chiesa. "In quanto al papa, soggiunse, io lo riconosco come vescovo di Roma, e nulla più; come riconosco il vescovo di Londra per un vescovo e nulla più."

Il signor Manson disse, ch'egli non trovava nulla a ridire su que' passi di Bibbia; ma che non li considerava sotto il punto di vista del signor Pasquali: egli li interpretava non arbitrariamente, ma come erano stati interpretati dalla Chiesa primitiva (Nota 3 - I Puseiti). I Padri della Chiesa primitiva conoscevano que' passi; eppure tutti sono stati d'accordo nell'ammettere il primato del Vescovo di Roma. Il fatto che la primitiva Chiesa credesse al primato del papa è un fatto innegabile: dal quale fatto egli deduceva questo argomento: "O tutta l'antica Chiesa ha errato, o errate voi: certo non potete farmi credere che tutta l'antica Chiesa abbia errato; dunque mi permetterete di pensare che voi piuttosto siete nell'errore. Però, intendiamoci bene: io non convengo co' teologi romani intorno a tutte le prerogative che essi dànno al Papa in forza del suo primato. Essi vanno a cadere in altro eccesso: per essi il Papa è quasi un Dio, lo fanno infallibile, e quasi onnipotente; ed in coteste cose non posso convenire con loro, ma il primato nella Chiesa non glielo posso negare."

Io attendeva con ansietà la risposta del Valdese a cotali ragioni; ma egli, voltosi placidamente verso di me, mi disse: "Ed ella, sig. Abate, ha nulla da opporre?" "Ho molte cose, risposi; ma desidererei che sciogliesse prima l'argomento del signor Manson." "Siccome suppongo, egli disse, che i vostri argomenti non differiscano molto dai suoi, così riserberei di rispondere nello stesso tempo all'uno ed all'altro."

Allora io incominciai l'attacco citando il celebre passo di S. Matteo, capo XVI, vers. 18, 19: "Ed io altresì ti dico che tu sei Pietro, e sopra questa pietra io edificherò la mia Chiesa; e le porte dell'inferno non la potranno vincere: ed io ti darò le chiavi del regno de' cieli; e tutto ciò che tu avrai legato in terra sarà legato ne' cieli; e tutto ciò che avrai legato sciolto in terra sarà sciolto ne' cieli." Feci osservare: primo, che Gesù Cristo avendo detto: "Sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa," indicando Pietro, è evidente che egli avesse voluto dire che sopra Pietro avrebbe edificata la sua Chiesa: quindi sebbene Cristo sia il fondamento principale, la pietra invisibile; ciò non esclude, anzi include, che S. Pietro ne sia il fondamento visibile; che Gesù Cristo è il capo della Chiesa nel cielo, mentre S. Pietro è il capo di essa sulla terra. Feci osservare in secondo luogo che al solo Pietro, in questo passo, sono promesse le chiavi del regno de' cieli, con piena autorità di sciogliere e di legare: "Ed io sfido, soggiunsi, tutti i Protestanti del mondo, a citarmi un solo passo nel quale le chiavi del regno de' cieli, cioè il simbolo della autorità assoluta sieno state promesse ad altri che al solo Pietro. Pietro dunque ha avuto da Gesù Cristo il primato su tutta quanta la Chiesa. Ed infatti, osserva giustamente il cardinal Bellarmino, se queste parole non indicassero una autorità data a S. Pietro, perchè il Signore le avrebbe indirizzate a lui solo?"

Io mi accingeva a citare altri passi in favore del primato; ma il Valdese me lo impedì, dicendo che, prima di occuparci di altri passi biblici, era necessario discutere bene sopra questo, che era il più interessante. Poscia mi rispose presso a poco ne' termini seguenti:

"Il vostro primo raziocinio su questo passo è basato sopra una falsa supposizione, che voi prendete per una verità dimostrata: voi supponete che Pietro sia la pietra sopra la quale Gesù Cristo disse di voler edificare la sua Chiesa; ma questa supposizione è evidentemente falsa, e la falsità di essa è dimostrata dal Vangelo stesso. Il Nuovo Testamento è pieno di dichiarazioni che dimostrano Cristo, e Cristo solo, essere la pietra sopra la quale è fondata la Chiesa (Nota 4 - Gesù Cristo è la pietra fondamentale della Chiesa).

Difatti, se Gesù Cristo con le parole da voi citate avesse voluto dire che Pietro era la pietra fondamentale della Chiesa, S. Pietro lo avrebbe saputo: or come va che S. Pietro stesso, per ben due volte (Atti IV, 11; 1 Lett. cap. II, 4), dice espressamente, che non egli, Pietro, ma Gesù Cristo è la pietra sulla quale è fondata la Chiesa? O volete dunque considerare S. Pietro come un autore ispirato dallo Spirito Santo, ed allora la Santa Scrittura distrugge la vostra interpretazione; o volete considerare S. Pietro come un Papa infallibile, ed allora voi non siete cattolico interpretando il Vangelo al contrario di quello che lo interpreta il primo Papa. In ogni modo, voi non potete mai sostenere la vostra interpretazione."

Questo raziocinio mi confuse passabilmente; e il Valdese, profittando forse del mio imbarazzo, continuò a dire che il semplice buon senso bastava per escludere interamente la interpretazione che dànno i teologi cattolici a quel passo. Osservò che nella lingua siriaca, nella quale secondo ogni probabilità parlava il Signore, essendo quella la lingua che si usava nella Giudea, la parola Cipha, di cui si servì il Signore, significa pietra; e Simone chiamato da Gesù Cipha, o, come noi pronunciamo, Cefa, si tradurrebbe pietra. Se il Vangelo fosse stato scritto in siriaco, vi potrebbe essere stato un equivoco, e preso quel passo isolatamente, senza spiegarlo con altri passi, i quali dicono che la pietra è Cristo, si sarebbe potuto interpretare come fanno i teologi romani, sebbene coll'analogia della Bibbia si distruggesse subito quella interpretazione. Ma lo Spirito Santo ha dettato il Vangelo in greco, e su questo passo ha tolto anche la ragionevole possibilità di un equivoco.

In greco Petroz (Petros) significa Pietro, e significa anche pietra; ma vi è un'altra parola, la parola petra (petra) che anche significa pietra; però con questa differenza, che petros significa una pietra qualunque, e petra significa una roccia, una pietra viva, una pietra da fondarvi sopra una casa. Ora se lo Spirito Santo avesse voluto farci intendere che la Chiesa è fondata su Pietro, avrebbe detto epi toutw tw petrw (e sopra questo Pietro): ciò sarebbe stato più elegante; ma sarebbe stato equivoco, e si sarebbe presentato un addentellato ai teologi romani: ma lo Spirito Santo, non curando la eleganza della locuzione, ha voluto essere chiaro nella dottrina, ed ha detto epi tanth th petra (e sopra questa pietra), cioè non sopra te che sei una pietra qualunque, ma sopra me che sono la roccia, io edificherò la mia Chiesa.

Pedro