CRISTIANI   Nelle mani del Padre

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unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Il matrimonio nella Sacra Scrittura

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2012 16:00
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02/09/2012 15:48
 
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Rifiuto e compimento

Tutto questo va vissuto nella consapevolezza del problema dell'accettazione del "diverso" nella sua parità. E' assolutamente necessario che l'uomo e la donna, nella coppia o fuori, si riconoscano diversi. Appunto perché se non c'è diversità non c'è più differenziazione, non c'è più comunione.
Se mi identifico totalmente nell'altro da sparire in lui, non posso essere in comunione in lui e lui non può esserlo con me. E se l'altro mi ingloba, mi fagocita, rimane solo, nella solitudine tremenda di chi non riconosce l'alterità dell'altro e che, pretendendo di assimilarlo totalmente a sé, in realtà rimane solo. Questo è il problema detto in Genesi 4: Caino che rifiuta la diversità di Abele e lo uccide. E' un tentativo di assimilazione a sé rifiutando il diverso. Caino rimane solo, non è più il fratello di nessuno. L'accettazione della diversità è unica condizione di comunione, ma è una diversità che è parità (non parlo di parità di diritti, mi sto muovendo su un altro livello) che dice "questa è carne della mia carne e osso delle mie ossa". Allora diventa possibile la vera comunione, la vera realizzazione dell'essere umano. E, infatti, andando avanti nella lettura del testo, si scopre che proprio questo diventa il peccato: il rifiuto della diversità da Dio, che implica poi il rifiuto della differenziazione dell'altro (cfr. Genesi 3). Quando l'uomo e la donna non sono più in comunione con Dio, non sono e non possono essere più in comunione gli uni con gli altri. Prendono il frutto della conoscenza del bene e del male perché vogliono diventare come Dio, così che i loro occhi si aprano. Allora scoprono di essere nudi e hanno bisogno di coprirsi. Non è nato il pudore, non c'entra il fatto sessuale; ci si muove ad un livello simbolico estremamente importante: nudità come segno di totale esposizione all'altro. Nella Bibbia quando si è nudi non ci sono più diaframmi, difese, nulla che copre; questa è l'esperienza antropologica. Sappiamo bene che non sono i vestiti a difenderci, perché se uno vuole farci del male, lo fa comunque, sia se siamo vestiti che se siamo nudi. Però, se ci mettiamo nudi davanti ad un altro vestito, abbiamo più paura perché ci sentiamo molto più indifesi, ci sentiamo immediatamente in stato di inferiorità. Non a caso, questo è uno dei sistemi preliminari necessari quando si vuole usare violenza non solo fisica, ma anche psicologica, per esempio su un prigioniero. Il vestito forse lo salva? No, ma l'esperienza antropologica della nudità è precedente alla nostra abitudine all'abito, è profonda, è strutturale ed è percezione della nudità come esposizione totale che viene vissuto nella coppia in modo stupendo. Nel matrimonio l'uomo e la donna possono essere nudi e si donano nudi; questa è un'esperienza antropologica importantissima che dice che io mi fido totalmente dell'altro, non ho più paura. Allora, tutto quello che scoprono l'uomo e la donna dopo il peccato, è che hanno bisogno di difendersi, che hanno paura l'uno dell'altro. Il loro è il rifiuto di essere uomini, cioè diversi da Dio, che ricevono da Lui la vita e che possono gestirla come qualche cosa che è donato e che ha la sua origine non nell'uomo e nella donna, né dal padre e dalla madre, ma da Dio. Se è vero che il figlio è prolungamento della carne del padre e della madre, è anche vero che non sono loro l'origine di quel figlio; poiché essi, a loro volta, sono il prolungamento della carne del loro padre e della loro madre. Invece, entrare nella dimensione di coppia, è un modo con cui l'uomo partecipa al divino, ne diventa segno, perché Dio è diverso, è altro, eppure il suo amore è tale che egli dà origine e pone in essere proprio perché diventi come Lui e perché Lui possa riconoscere in ogni uomo suo Figlio. Nel Mistero Pasquale questo diventa definitivo, perché in esso diventiamo figli e se accettiamo di morire, di dare la vita, di vivere e risorgere come Gesù, noi diventiamo figli, il Padre riconosce in noi il Volto del Figlio che è il suo stesso Volto, come un padre vede il figlio che gli assomiglia. Dunque noi, totalmente diversi da Dio, siamo creati per diventare simili a Lui. Di questo divino che si manifesta nel mondo, diventano segno e partecipazione quegli uomini e quelle donne che, nella diversità, si riconoscono uguali, parte l'uno dell'altro, per giungere a quella unificazione che è la carne che realizza l'immagine di Dio.

Pedro

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