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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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LA PREGHIERA DI GESU'

Ultimo Aggiornamento: 08/12/2008 05:43
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08/12/2008 05:41
 
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L’evoluzione storica: brevi cenni (51)

Come già si è detto, questa preghiera ha le sue radici nell’antico monachesimo orientale.

Possiamo trovare un primo cenno già nel Pastore di Erma (prima metà del II sec.):

“Il nome del Figlio è grande e immenso ed è lui che sostiene il mondo intero” (52).

Questa teologia viene poi sviluppata dai padri niceni e post-niceni, ma è nella Vita di Antonio, scritta da sant’Atanasio (IV sec.), dove è riportata la pratica della preghiera monologica (preghiera composta di una sola formula o parola). Sant’Agostino riferisce di queste preghiere e ne riporta le caratteristiche: frequenti, molto brevi, quasi lanciate rapidamente (quodammodo iaculatas: da qui l’espressione orazione giaculatoria).

Il profondo desiderio di silenzio aveva costretto i monaci a cercare vie per giungere all’assenza di ogni pensiero: Evagrio sembrava aver invitato ad una seria rinuncia ad ogni pensiero, ma Cassiano ci fornisce una interpretazione di questo invito e dona alla preghiera pura di Evagrio il nome di oratio ignea, ma si accorge anche della pericolosità della mente vuota. Per purificarla, Cassiano suggerisce di “darle” la Sacra Scrittura.

Tuttavia anche questo metodo permette distrazioni. Così gli esicasti lentamente inventano le preghiere giaculatorie con diverse formulazioni.

Già dal V sec. troviamo un certo numero di testi che dimostrano l’importanza del nome di Gesù nelle giaculatorie usate dagli asceti: questa invocazione ha la potenza di esorcizzare i demòni e di scacciare i logismoi, i pensieri, e di mantenere nel ricordo di Dio. Fra di essi troviamo i grandi esponenti della fase sinaitica: Nilo di Ancira (o il Sinaita), Diadoco di Fotica, Giovanni Climaco ed Esichio (53). Questa scuola, non legata al luogo geografico del Sinai, anche se da esso prende origine, è caratterizzata dalla convinzione che il pensiero è generatore dell’atto, del primato del logos sull’ethos, della theoria sulla praxis. Inoltre la pietà è impregnata da una tenerezza che, purtroppo, non avrà seguito nel periodo athonita.

Attribuito a Nilo dalla Filocalia è il Discorso sulla preghiera dove giunge a dire:

“60. Colui che prega in Spirito e Verità non celebra più il creatore a motivo delle sue creature, ma lo canta traendo la lode da lui stesso.

61. Se sei teologo pregherai veramente. E se preghi veramente sei teologo” (54).

Proprio Diadoco, vescovo di Fotica (458 ca.), sembra essere stato il primo testimone di questa spiritualità: nella sua opera, Discorso ascetico diviso in cento capitoli pratici di scienza e discernimento spirituale (55) afferma che

“chi vuole purificare il proprio cuore, lo infiammi perpetuamente con il ricordo del Signore Gesù, avendo questo solo come studio e opera incessante” (56), e

“Se poi, in seguito, l’uomo comincia a progredire con l’osservanza dei precetti e invoca incessantemente il Signore Gesù, allora il fuoco della santa grazia si distribuisce anche ai sensi esteriore del cuore a consumare interamente la zizzania della terra umana” (57).

In qualche modo la formula della preghiera di Gesù comincia a prendere forma e a presentare una certa tecnica.

Sempre fra i sinaiti, troviamo Barsanufio e Giovanni, contemporanei di Diadoco: di loro ci è pervenuta una raccolta di lettere spirituali indirizzate ad altre persone. Un suggerimento di Giovanni contro le tentazioni consiste non tanto nell’affrontarle (metodo adatto per i “forti”), quanto nel rifugiarsi nel nome di Gesù:

“A noi deboli, non rimane che rifugiarci nel nome di Gesù” (58).

Molto interessante un testo di un altro sinaita, Giovanni Climaco (VI-VII sec.), in cui il ricordo di Gesù, inteso come attualizzazione della sua presenza, diviene anche la forma della preghiera stessa:

“L’esichia consiste nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al suo respiro; allora potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia” (59).

Con Giovanni, dunque, comincia a circolare l’idea di “collegare” la preghiera con il respiro.

Le Centurie, erroneamente attribuite ad Esichio, di cui si è accennato sopra, sono un altro testo fondamentale della preghiera di Gesù:

“Che il ricordo di Gesù sia unito al tuo respiro ... e a tutta la tua vita” (60).


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