CRISTIANI   Nelle mani del Padre

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Il Papato

Ultimo Aggiornamento: 27/12/2008 00:48
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27/12/2008 00:42
 
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Il Papato

Di Edoardo Labanchi, da “I quaderni” (Novembre 1997)

  Invito i lettori a far lavorare un po' la loro fantasia. Immaginatevi Piazza San Pietro, a Roma, piena di pellegrini venuti da ogni parte del mondo. Il Papa sta parlando da una lontana finestra del suo palazzo. Non ha la Bibbia in mano, ma legge da un foglio di carta. Tutta la gente lo guarda fisso e pende dalle sue labbra. Di solito parla in italiano, ma a volte saluta i vari gruppi presenti nella piazza nelle loro lingue. Ogni tanto la gente sovreccitata batte le mani. In certe occasioni particolari si stabilisce una specie di atmosfera magica, che può coinvolgere perfino i non cattolici che si trovano là per pura curiosità. So di fatto che vi sono evangelici, specialmente stranieri, che vanno a San Pietro "per vedere il Papa". E infatti tutto questo costituisce una grande attrazione per i turisti che visitano Roma.
Il colonnato di San Pietro sembra fatto poi di due braccia che accolgono calorosamente i pellegrini - è una scena davvero impressionante, non c'è che dire! Sono come le simboliche braccia della "Madre Chiesa", che è sempre pronta ad accogliere anche tutti i suoi "figliuoli prodighi", tra cui spera che vi siano perfino alcuni evangelici.
Roma, e specialmente la Città del Vaticano con la chiesa di San Pietro, è considerata da molti "il centro della Cristianità" per la presenza del Papa, che si ritiene sia il capo della Chiesa Cristiana ed il cui potere, in questioni religiose, sembra quasi illimitato. Leggiamo a tal proposito nel nuovo Codice di Diritto Canonico, edito dal Vaticano nel 1983 e, com'è scritto sul frontespizio, "promulgato con l'autorità di Giovanni Paolo II" - in questo Codice, dico, nel canone 331 leggiamo:
"Il Vescovo della Chiesa di Roma, che esercita l'ufficio dato dal Signore nostro a Pietro, il primo degli Apostoli, e che viene trasmesso ai suoi successori, è il Capo del Collegio dei Vescovi, il Vicario di Cristo e il Pastore della Chiesa Universale sulla terra. Grazie a tale ufficio, egli esercita un'autorità suprema, completa, diretta ed universale sulla Chiesa, e può esercitare tale autorità liberamente in ogni tempo".
Questa è una mia traduzione letterale dall'originale latino, che, del resto, può essere consultato facilmente da chiunque, dato che il Codice di Diritto Canonico è in vendita nelle librerie cattoliche. Nel canone 333, paragrafo 3, è poi affermato:
"Contra sententiam vel decretum Romani Pontificis non datur appellatio neque recursus", cioè "Non è possibile alcun appello o ricorso contro una sentenza del Pontefice Romano".
Com'è scritto poi nel canone 338, soltanto il Papa può convocare i Concilî Ecumenici a cui tutti i vescovi cattolici sono invitati a partecipare. Il Papa, inoltre, può interrompere o revocare del tutto un Concilio Ecumenico, e spetta solo a lui approvare tutte le decisioni o decreti dei Concilî . In altre parole, i Concilî Ecumenici o Universali e tutti i sinodi dei vescovi cattolici in tutto il mondo, sono soltanto degli organi consultivi, mentre il Papa mantiene sempre la sua personale autorità suprema per quanto riguarda tutte le questioni che hanno a che fare con la dottrina e la morale. I sinodi locali hanno per lo più poteri in questioni puramente amministrative. Ne segue che l'autorità dei vescovi dipende completamente da quello del Vescovo di Roma o Papa.
Il Codice di Diritto Canonico qui non fa altro che riassumere le decisioni del Concilio Vaticano I, convocato da Pio IX e tenutosi dall'8 dicembre del 1869 al 20 ottobre del 1870, e specialmente i decreti della IV sessione tenutasi il 18 luglio 1870 e che hanno a che fare, appunto, con l'autorità del Papa. In questa famosa sessione fu solennemente definita l'infallibilità personale del Papa. Ecco il testo di questa definizione, sempre in una mia traduzione dal latino:
"Noi definiamo che il Pontefice Romano, quando parla 'ex cathedra', cioè quando, come Pastore e Dottore di tutti i Cristiani, definisce una dottrina concernente la fede e la morale e che deve essere creduta da tutta la Chiesa, a causa della Sua suprema autorità apostolica, aiutato com'è da Dio secondo la promessa fatta al beato Pietro, gode di quella infallibilità di cui il divin Redentore volle che la Sua Chiesa godesse, quando avrebbe definito una dottrina concernente la fede e la morale. Ne segue che tutte le definizioni del Pontefice Romano sono immutabili in quanto tali e non per l'approvazione della Chiesa. Se qualcuno osa non essere d'accordo con questa nostra definizione, sia scomunicato" ( Denzinger - Schoenmetzer, Enchiridion Symbolorum et Declarationum de rebus fidei et morum, n. 3074 ).
Ciò significa che se uno non crede nell'infallibilità del Papa, è fuori della Chiesa Cattolica, e se non si pente, corre il rischio di andare all'inferno.
Fino a che non fu definita l'infallibilità papale, i Cattolici potevano non credervi, ma una volta che tale dottrina è stata solennemente definita dal Concilio Vaticano I, tutti i Cattolici devono accettarla.
Bisogna però precisare che prima di questa definizione, nella Chiesa Cattolica si riteneva che solo i Concilî Ecumenici fossero infallibili, quando definivano dottrine riguardanti la fede e la morale. Si riteneva certamente che il Papa fosse il Capo Supremo della Chiesa, ma non che fosse personalmente infallibile - almeno tale dottrina non era ufficiale. Ma proprio a causa della definizione dell'infalibilità papale, le cose cambiarono radicalmente per quanto riguardava la costituzione della Chiesa Cattolica. In pratica, il Concilio Ecumenico rinunciò all'autorità fino ad allora riconosciutagli. E' vero che nel Concilio Vaticano II il ruolo dei Vescovi della Chiesa Cattolica è stato messo particolarmente in rilievo, ma sostanzialmente nulla è cambiato rispetto al Concilio Vaticano I, come si deduce specialmente dalla cosiddetta Costituzione Dogmatica "Lumen Gentium" ( Luce delle Genti ) sulla Chiesa, promulgata il 21 novembre 1964. Difatti al paragrafo 25 leggiamo:
"Di questa infallibilità il Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi, gode in virtù del suo ufficio quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perciò le sue definizioni giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non in virtù del consenso della Chiesa... Né ammettono appello alcuno ad altro giudizio".

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