CRISTIANI   Nelle mani del Padre

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unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Privilegî economici e fiscali della Chiesa cattolica romana

Ultimo Aggiornamento: 04/01/2009 16:21
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04/01/2009 16:15
 
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gregazioni religiose et similia dovrebbero pagare l’Ici soltanto per gli immobili che

danno in affitto a terzi. Sul restante immenso patrimonio immobiliare, niente.

C’è un libraio che esercita l’attività in suo immobile; a trecento metri c’è la libreria delle

suore paoline. La chiesa cattolica pretende che il libraio paghi l’Ici e che le suore paoline ne

siano esenti. In una provincia c’è una casa di cura di proprietà di una Spa o di una Srl e c’è

un ospedale del Sacro Cuore che fa capo alla congregazione dei Poveri servi della Divina

Provvidenza. Le due strutture sanitarie hanno le stesse tariffe e le stesse convenzioni con

la regione. La chiesa cattolica pretende che la casa di cura che fa capo alla società paghi

l’Ici e che l’ospedale che fa capo alla congregazione religiosa ne sia esente.

La laicità dello Stato, che comporta la non discriminazione in base alla professione

religiosa, vorrebbe che libraio e suore paoline pagassero o non pagassero l’Ici alla stessa

maniera, che l’ospedale della spa e quello dei Poveri servi della Divina Providenza

pagassero o non pagassero l’Ici alla stessa maniera. La chiesa cattolica, invece, è contro la

laicità dello Stato.

Dalla Cei veniamo a sapere che gli enti religiosi non facevano la denuncia dell’Ici per gli

immobili in cui svolgevano l’attività commerciale e che la generalità dei comuni non

faceva alcun accertamento. Il comune di Ancona costituiva un’eccezione, una mosca

bianca, retto probabilmente da persecutori della chiesa cattolica, alla caccia di martiri

fiscali.

Con la sentenza della Cassazione si era aperta una breccia pericolosa per la chiesa

cattolica e così il governo Berlusconi viene piamente sollecitato a fare qualche cosa. Il

governo emana un decreto legge sulle infrastrutture (il 163/2005) e vi inserisce un articolo

6 che con le infrastrutture non ha nulla a che vedere, ma parecchio con gli interessi della

chiesa cattolica. Nel caso specifico il governo intendeva chiarire la portata di una delle

norme di esenzione previste dall’articolo 7 del decreto legislativo 504 del 1992 – quello

istitutivo dell’ICI – affermando che tale norma “si intende applicabile anche nei casi di

immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e

cultura di cui all’articolo 16, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1985, n. 222,

pur se svolte in forma commerciale se connesse a finalità di religione o di culto”. E chi è

che decide se vi è connessione con finalità di religione o di culto? Naturalmente la chiesa

cattolica.

Per questo attentato alla laicità dello Stato si è ricorsi al decreto legge. La Costituzione

stabilisce che il decreto legge è uno strumento per emanare norme giuridiche in casi

eccezionali di necessità e urgenza. Una persona sana di mente pensa che non vi sia

nessuna necessità e urgenza di ampliare i privilegî della chiesa cattolica e che,

eventualmente, vi sia necessità e urgenza di far pagare le tasse a preti, frati, suore, vescovi,

come avviene per tutti gli altri cittadini.

Nel mese di ottobre dello scorso anno una parte dell’opinione pubblica e della stampa

reagì scandalizzata. La chiesa cattolica, candidamente, rispondeva che in fondo la norma

del decreto legge era soltanto l’interpretazione autentica di un’esenzione in vigore da

dodici anni. Il decreto legge fu convertito dal Senato con una maggioranza che andava ben

oltre quella berlusconiana. Il provvedimento, poi, non fu presentato alla Camera e

decadde. Poco dopo, la stessa norma fu inserita nella legge finanziaria e il regalo alla

chiesa cattolica fu confezionato.


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