stipulato un’intesa». Si aggiungono sempre le altre confessioni religiose come foglia di fico
per coprire questo scandaloso privilegio costruito per la chiesa cattolica.
Questo riconoscimento implica innanzitutto che lo Stato, le regioni e gli enti locali
possano concedere in comodato (cioè a titolo completamente gratuito) beni mobili e
immobili di loro proprietà. Inoltre la legge prevede 1’esenzione dall’Ici dei locali
dell’oratorio quali «opere di urbanizzazione secondaria». Il mancato introito da parte dei
comuni di questi fondi, calcolato dalla legge pari a 2,5 milioni di euro annui, viene coperto
dallo Stato. Ulteriori e più specifiche agevolazioni o finanziamenti da prevedere ai fini del
riconoscimento delle attività dell’oratorio sono rimandati dalla legge nazionale alle
Regioni.
La legge ha ricevuto un consenso bipartisan da parte di tutte le forze politiche, a
eccezione di Comunisti italiani e Rifondazione. Siamo di fronte a un esempiuo tipico della
omertosa sudditanza del mondo politico nei confronti della chiesa cattolica. Alla Camera,
per la precisione, la legge è stata approvata con i voti della destra e di gran parte della
sinistra (404 voti favorevoli, 19 voti contrari di R.C. e PdC.I, 14 astenuti compreso il
gruppo dello SDI). Nell’occasione DS e Verdi hanno sottolineato come la legge «rispetti i
diversi orientamenti filosofici, culturali e religiosi della società» e il «principio di laicità
dello Stato». Il senatore della Margherita Pierluigi Petrini ha dichiarato che «il
provvedimento svolge una funzione sociale non solo nei confronti dei soggetti considerati
deboli, in grave stato di necessita ed emarginazione, ma si rivolge alla comunità nel suo
insieme, partendo dalla considerazione che ciascuno di noi può attraversare nel corso della
vita momenti difficili» ( In Puglia i finanziamenti agli oratorî hanno dato luogo a un filone giudiziario. Durante la
campagna elettorale per le regionali del 2005 l’arcivescovo di Lecce, Cosmo Francesco
Ruppi, avrebbe offerto – secondo l’accusa – appoggio politico all’allora presidente della
Regione Puglia, Raffaele Fitto, in cambio dell’impegno di quest’ultimo a far approvare
dalla Regione Puglia il provvedimento con il quale venivano finanziati gli oratorî della
chiesa cattolica pugliese. A tal fine, la giunta Fitto approvò due delibere per complessivi 74
milioni di euro: la prima, l’11 marzo 2005, quindici giorni prima delle elezioni regionali; e
la seconda il 15 aprile 2005, due settimane dopo la sconfitta elettorale, mentre Fitto era
ancora in carica per l’ordinaria amministrazione, in attesa dell’insediamento del nuovo
presidente Nichi Vendola.
Veniamo a un altro capitolo di funzionari della chiesa cattolica stipendiati dallo Stato in
base al famigerato concordato.
L’art. 11 del concordato stabilisce al primo comma che “La Repubblica italiana assicura
che l’appartenenza alle forze armate, alla polizia, o ad altri servizi assimilati, la degenza in
ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza negli istituti di
prevenzione e pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della
libertà religiosa e nell’adempimento delle pratiche di culto dei cattolici”. Fin qui niente da
ridire. Si tratta di un’esplicazione particolare della libertà religiosa garantita dalla
Costituzione, indipendentemente dal Concordato.
Sul comma secondo, però, c’è da ridire. Stabilisce: “L’assistenza spirituale ai medesimi è
assicurata da ecclesiatici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione
dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti
d’intesa fra tali autorità”. Siamo di fronte alla tipica ipocrisia del linguaggio di loro
eminenze. La propaganda religiosa diventa assistenza spirituale. Uno potrebbe pensare,
laicamente, che l’assistenza spirituale sia l’assistenza psicologica, ma la laurea in teologia
non è sicuramente un titolo che garantisca una preparazione specifica per aiutare nel
benessere psichico. Comunque, non è compito dello Stato laico assicurare l’assistenza
religiosa a chicchessia. La chiesa cattolica ha preteso e pretende che ci siano suoi
funzionari pagati dallo Stato perché facciano propaganda, pardon assistenza religiosa.
I cappellani sono funzionari della chiesa cattolica pagati dallo Stato italiano per
perseguire finalità proprie della chiesa cattolica.
Ci sono, poi, varie convenzioni per stabilire numero e retribuzione dei cappellani
militari, nella Polizia di Stato, nelle carceri, negli ospedali. Non so se ci siano anche per i
vigili del fuoco, per i vigili urbani e per la nettezza urbana.
Per la Polizia di Stato c’è una convenzione tra ministro dell’interno e Cei. Nella Polizia di
Stato c’è un cappellano per ogni questura. Poi ci sono cappellani presso alloggi collettivi di
servizio e presso istituti di istruzione. Al vertice si trova il cappellano coordinatore
nazionale. Il cappellano “cura la celebrazione dei riti liturgici, la catechesi, specie in
preparazione ai sacramenti, la formazione cristiana, nonché l’organizzazione di ogni
opportuna attività pastorale e culturale”, dice la convenzione tra lo Stato, che dovrebbe
essere laico, e la chiesa cattolica. In modo particolare il cappellano cura la celebrazione
annuale della festa di San Michele Arcangelo, questa fantasiosa entità che la chiesa ha
posto a protezione della Polizia di Stato.
Per le Forze armate c’è una convenzione tra ministro della difesa e Cei. I cappellani
militari sono circa 200 e fanno capo all’ordinario militare che ha il grado di vescovo.
Per le carceri c’è una convenzione tra ministro di grazia e giustizia e Cei. Alcune
centinaia sono anche i cappellani nelle carceri.
Per gli ospedali ci sono protocolli d’intesa tra il presidente della Regione o l’assessore alla
sanità e la Conferenza episcopale regionale o interregionale. Il protocollo d’intesa della
regione Lombardia, ad esempio, prevede che per ogni ente gestore (con questo termine si
intendono le «aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e, in generale, tutte le altre
strutture sanitarie pubbliche e private accreditate») «deve essere previsto almeno un
assistente religioso». In strutture con più di 300 posti letto gli «assistenti religiosi» saranno
due. Oltre i 700 posti letto saranno uno ogni 350. Quanto alla copertura degli oneri
finanziari del servizio, l’articolo 7 comma 2 dell’Intesa afferma esplicitamente che «gli
assistenti religiosi sono assunti dall’ente gestore, su designazione dell’ordinario diocesano,
con contratto di natura indeterminata, a tempo pieno o parziale». Inoltre l’ente gestore
deve assicurare «spazi idonei per le funzioni di culto (chiesa o cappella e sacrestia), per
l’attività religiosa relativa ai servizi mortuari, ad uso ufficio, per gli assistenti religiosi ed i
loro collaboratori, con relativi arredi, attrezzature ed accessori», e mettere a disposizione
degli assistenti religiosi «un alloggio, adeguatamente arredato, di regola ubicato
all’interno della struttura di ricovero o comunque comunicante con la stessa»
(rispettivamente commi 1 e 2, art. 10). Infine, «le usuali spese di culto, nonché quelle di
conservazione degli arredi, suppellettili e attrezzature occorrenti per il funzionamento del