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Privilegî economici e fiscali della Chiesa cattolica romana

Ultimo Aggiornamento: 04/01/2009 16:21
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04/01/2009 16:20
 
Quota

izio, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi in uso, le pulizie (escluse

quelle dell’alloggio, se esterno alla struttura), nonché le spese di illuminazione e

riscaldamento di tutti i locali adibiti al servizio di assistenza religiosa, sono a carico dell’

ente gestore» (comma 4, art. 10).

A ogni legge finanziaria i comuni si lamentano per i tagli che vengono operati nei loro

confronti. Le risorse dei comuni sono sempre insufficienti rispetto ai loro compiti. Se i

comuni non fossero obbligati a fare regali alla chiesa cattolica forse le cose andrebbero

meglio. Alle volte, troppo spesso, i comuni (come pure le province e le regioni) fanno

regali per propria scelta. I soldi che vanno alla chiesa cattolica sono servizi sottratti alle

fasce più povere dela popolazione. Forse, è per questo che talora la chiesa cattolica si

definisce chiesa dei poveri.

Abbiamo visto la scandalosa esenzione dell’Ici, regalo indiretto di miliardi di euro.

Vediamo, adesso, il diretto regalo, obbligatorio per legge, di altri miliardi di euro con il

meccanismo degli oneri di urbanizzazione.

Gli oneri di urbanizzazione sono stati introdotti dalla legge legge 28 gennaio 1977, n. 10,

c.d. “legge Bucalossi”. La materia è oggi regolata dal decreto legislativo 6 giugno 2001, n.

380, contenente il
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

Gli oneri di urbanizzazione sono contributi, dovuti ai Comuni, da coloro che realizzano

interventi di costruzione e di trasformazione edilizia. Il rilascio del permesso di costruire

comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di

urbanizzazione nonché al costo di costruzione. Gli oneri di urbanizzazione sono dovuti a

titolo di partecipazione alle spese che i Comuni sostengono per l´urbanizzazione del loro

territorio.

Si distinguono in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Gli oneri di

urbanizzazione primaria sono relativi a questi interventi: strade residenziali, spazi di sosta

o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas,

pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato. Gli oneri di urbanizzazione secondaria

sono relativi ad altri interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché

strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere,

delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree

verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie.

I comuni sono obbligati a versare l’8 per cento (si badi, non l’8 per mille) degli oneri

ricevuti per l’urbanizzazione secondaria per le chiese. Cito per tutti il caso della legge

regionale lombarda n. 12 del 2005 che, in un apposito articolo, obbliga i Comuni a versare

l’8 per cento dei proventi degli oneri di urbanizzazione secondaria agli “enti

istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica”. La possibilità che

altre confessioni possano accedere ai finanziamenti previsti è limitata dalla richiesta di

«una presenza diffusa, organizzata e stabile nell’ambito del comune» e dai criteri di

ripartizione, basati sulla «consistenza e incidenza sociale delle rispettive confessioni» (artt.

70 e 72).

L’obbligo esiste in tutte le regioni, per tutti i comuni d’Italia. Ogni anno alcuni miliardi di

euro passano dalle casse comunali a quelle della chiesa cattolica, anche là dove c’è carenza

di asili nido e di scuole materne, che pure riguardano l’urbanizzazione secondaria, mentre

non c’è carenza di chiese cattoliche, anzi c’è abbondanza. Ormai in Italia il numero delle

chiese è eccessivo rispetto al numero di cittadini che le frequentano e non c’è più bisogno

di costruirne ancora. Molte rimangono chiuse il maggior numero dei giorni della

settimana, del mese o dell’anno. Da notare che anche quelle non usate o poco usate sono

esenti dall’Ici. Alcune vengono aperte un giorno all’anno per la festa del santo al quale

sono dedicate. Basterebbe nella finanziaria un piccolo comma per disporre che

quest’obbligo è abrogato e i comuni avrebbero più disponibilità, o meno carenza, per

soddisfare bisogni collettivi veri e più importanti.

Credo che questo 8 per cento sia ben più pesante dell’8 per mille. Non mi risulta che

siano mai stati fatti i conti di quanto sia l’ammontare complessivo in Italia o che,

comunque, sia stato diffuso attraverso i mezzi di comunicazione.

L’8 per mille è stato introdotto a seguito del concordato del 1984 e frutta alla chiesa

cattolica circa un miliardo di euro all’anno; è il più noto dei canali attraverso i quali il

denaro pubblico va a finanziare questa confessione religiosa.

Più precisamente, l’8 per mille è disciplinato dalla legge 222/1985, che dà esecuzione al

concordato peggiorando gli obblighi finanziari dello Stato e migliorando i vantaggi

economici della chiesa cattolica rispetto al precedente concordato.

Prima di questa legge lo Stato pagava lo stipendio al clero diocesano cattolico. Se avesse

continuato così, diminuendo il clero (come sta di anno in anno diminuendo) sarebbe

diminuito anche il peso economico per lo Stato. Con il Concordato del 1984 si è passati dal

pagamento dello stipendio ai singoli preti al finanziamento della chiesa cattolica italiana in

quanto tale. Per stare nel concreto, della somma che la Cei riceve con l’8 per mille neppure

il 40% va per il sostentamento del clero.

La Cei fissa annualmente il reddito mensile minimo per tutti i sacerdoti diocesani. Se non

vi arrivano con i propri mezzi, la Cei integra con i proventi dell’8 per mille. Nel 1999 3.200

preti sono stati autosufficienti, solo 103 sono stati a pieno carico della Cei, 36.509 hanno

ricevuto un’integrazione. Perché ai preti cattolici deve essere garantito un reddito mensile

minimo e agli altri cittadini italiani no? È questa la sana laicità di cui parla Ratzinger?

L’otto per mille (OPM) fu ideato dalla Commissione paritetica chiamata a stilare la bozza

della legge che doveva regolamentare le questioni economiche e finanziarie fra le Parti. La

delegazione cattolica era capeggiata da mons. Nicora, poi vescovo di Verona; attualmente

è cardinale e presiede l’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), il

secondo ufficio finanziario del Vaticano. Viene dopo lo IOR, reso famoso da Marcinkus e

dai suicidi di Sindona e Calvi.

L’unico scopo dell’OPM è quello di garantire il finanziamento statale alla Chiesa cattolica

come tale. A tanto non si era spinto il Concordato del 1929 che, pur riconoscendo a questa

numerosissimi privilegî non la finanziava direttamente, ma si limitava a pagare lo

stipendio (congrua) ai preti titolari di una parrocchia.

Molti credono, con la propria firma, di dare alla chiesa cattolica l’8 per mille dell’Irpef

che pagano allo Stato. Non è così. Il singolo contribuente non dà niente alla chiesa

cattolica. Dice la legge che una quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle

persone fisiche è “destinata, in parte, a scopo di interesse sociale o di carattere umanitario

a diretta gestione statale e, in parte, a scopo di carattere religioso a diretta gestione della

Chiesa cattolica”.

Questa legge, che cozza contro la laicità dello Stato, affida alla chiesa cattolica la gestione

di una quota di un’imposta statale. La quota è proporzionata alle scelte espresse: “In caso

di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione

alle scelte espresse”.

Con questo meccanismo abbiamo che neanche il 40 per cento dei contribuenti firma la

destinazione dell’8 per mille e tuttavia alla chiesa cattolica va più dell’88 per cento della

torta.

Di anno in anno diminuisce la quota che va allo Stato. Ed è comprensibile questa poca

fiducia nello Stato. Si fa di tutto per screditare lo Stato, evidentemente per avvantaggiare

la chiesa cattolica. Si è passati dal 14,43% delle dichiarazioni del 1997 all’8,65% di tre anni

fa. Dice la legge che lo Stato dovrebbe destinare la propria quota “per interventi

straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione

beni culturali”. Invece, non è così. Ad esempio, le cosiddette “missioni di pace” in Albania

e nel Kosovo furono finanziate coi soldi dell’8 per mille statale del 1999, 2000 e 2001. La

finanziaria 2004 ha scippato per tre anni all’8 per mille statale 80 milioni di euro annui. Nel

2004 lo Stato ha ricevuto circa 100 milioni di euro. Detraendo gli 80 milioni di euro

trasferiti al bilancio generale, rimangono 20 milioni di euro. Di questi 20 milioni di euro il

44,64%, cioè quasi la metà, è andato alla conservazione dei beni culturali legati al culto

cattolico.

Questa situazione è poco nota, ma sembra fatta apposta per dissuadère i contribuenti

laici a firmare per lo Stato. L’uso dell’8 per mille dello Stato a favore delle Confessioni

religiose, che già usufruiscono di un loro 8 per mille è irrispettoso nei confronti dei

contribuenti che hanno scelto esplicitamente lo Stato al posto, appunto, delle Confessioni

religiose.

La quota dell’8 per mille dello Stato viene destinata con decreto del Presidente del

consiglio dei ministri. Nel decreto apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2005 era

possibile leggere, ad esempio, queste destinazioni dell’8 per mille statale: Pontificia

università Gregoriana di Roma (370 mila euro); curia generalizia Casa di Santa Brigida,

Roma (400 mila euro); seminario vescovile di Fiesole (200 mila euro); venerabile

confraternita Santa Maria della Purità, Gallipoli, Lecce (300 mila euro); Opera

preservazione della fede, Ventimiglia, Imperia (420 mila euro); Opera Pia Casa Regina

Coeli, Napoli (40 mila euro); Associazione volontari per il servizio internazionale, Forlì

(202.941 euro). L’ Avsi è un’organizzazione non governativa aderente alla Compagnia

delle opere, il «braccio economico» di Comunione e liberazione.

Otto per mille, esenzione Ici, otto per cento degli oneri di urbanizzazione secondaria,

mantenimento dei funzionari e propagandisti della chiesa cattolica sotto forma di

insegnanti di religione, cappellani militari, carcerari, ospedalieri, finanziamento degli

oratori, finanziamento della scuola cattolica sono tutti espedienti con i quali lo Stato

italiano toglie ad atei, agnostici, indifferenti religiosi, non praticanti, miliardi di euro per

regalarli alla chiesa cattolica.

Tutto in base al Concordato o a varie leggi
ad ecclesiam. Poi, vi sono migliaia e migliaia di

atti amministrativi dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni che danno altri

miliardi di euro alla chiesa cattolica. Il tutto ha la dimensione di una manovra finanziaria.


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