CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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APOCASISSE DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2010 17:39
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Città: ROMA
Età: 37
Sesso: Femminile
10/01/2010 17:36
 
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CAPITOLO PRIMO

Il tempo è vicino ha un solo significato.

È vicino il tempo in cui i cristiani prenderanno possesso del loro regno, del Paradiso. È vicino il tempo della gloria, dopo la grande tribolazione. È vicino il tempo della fine della loro sofferenza.

È vicino il tempo della venuta del Figlio dell’uomo per prendere la nostra anima e portarla con sé nel cielo.

Come si può constatare solo l’eternità con Dio può essere l’unico principio, il solo fondamento della nostra speranza.

Fondare la speranza su altre cose, è inutile. Dinanzi alla persecuzione solo l’eternità della beatitudine potrà infondere la forza di perseverare sino alla fine.

Questa speranza la si può rinsaldare in un solo modo: mostrando a più riprese e in diversi modi il Cristo Trionfatore sul peccato, sulla morte, sul male, su ogni malvagità e cattiveria dell’uomo.

È questo il fine dell’Apocalisse: mostrare ai cristiani il trionfo di Cristo Gesù, il Crocifisso, che è il Risorto, il Vivente, il Principe dei re della  terra, il Signore dei signori.

Tutto questo Lui lo è divenuto passando per la croce.

L’Apocalisse è la più grande e più potente “teologia” della croce, insegnata ai cristiani “crocifissi” perché siano in ogni istante capaci di vincere lo scandalo che nasce dalla croce.

È questo il motivo per cui è beato chi legge e mette in pratica le parole di questo libro.

È beato perché sarà andato alla scuola del Crocifisso per imparare a risorgere con Lui a vita nuova ed eterna.

Il tempo del combattimento è breve. Il tempo del godimento della vittoria lungo, molto lungo, dura tutta un’eternità.

Dona energia sempre nuova il solo pensiero che il tempo che ci separa da Cristo, dall’eternità con Lui, è tanto vicino. È già quasi venuto.

Il Signore è lì davanti a noi, aspetta solo che noi completiamo l’opera della nostra purificazione passando attraverso il martirio. Poi ci sarà solo Lui e la sua eternità di gioia infinita.

SALUTO ALLE SETTE CHIESE

[4]Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono,

Le sette Chiese sono: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea.

Il numero sette indica totalità, pienezza, completezza. Parlando alle sette Chiese, Giovanni parla ad ogni Chiesa.

Ogni Chiesa si deve sentire interpellata dalle parole di Giovanni. In queste parole deve trovare la sua verità, la sua essenza più autentica, il suo cammino più spedito, l’abbandono di ogni falsità che già si è introdotta nella sua vita.

Ogni Chiesa deve porsi in vero atteggiamento di fede per accogliere la Parola ad essa rivolta come vera Parola di Dio, Parola viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio.

Ogni Chiesa da questo istante deve imparare una cosa sola: la sua incapacità di farsi da sola l’esame di coscienza.

Ogni Chiesa da questo istante deve essere in perenne ascolto dello Spirito del Signore, se vuole rimanere nella verità.

Ogni Chiesa deve mettere ogni impegno affinché mai confonda il suo pensiero con la verità dello Spirito Santo, la sua storia con la Parola, la sua vita con il Vangelo.

Ogni Chiesa da questo istante deve vigilare perché mai si distacchi dalla Parola del Vangelo e sempre nella Parola del Vangelo trovi la verità della sua vita.

Ogni Chiesa è chiamata fin da ora a pensare che è assai facile cadere nell’errore, nell’ambiguità, nella cattiva interpretazione della Parola del Signore, in quel miscuglio di verità e di falsità, che è poi miscuglio della Parola di Dio e degli uomini.

Ogni Chiesa sa da questo istante cosa deve fare per rimanere nella Parola della salvezza. Deve ogni giorno incarnare la Parola; deve ogni giorno lasciarsi verificare l’incarnazione della Parola dalla verità tutta intera verso la quale la conduce lo Spirito del Signore.

Il fatto che lo Spirito Santo parli a tutte e sette le Chiese sta a dimostrare una sola verità: nessuna Chiesa è salvaguardata dall’errore. Ogni Chiesa è tentata e ogni Chiesa può abbandonare presto la via della verità e della pienezza della Parola.

Alle sette Chiese che sono in Asia, Giovanni offre il dono della grazia e della pace.

Questi doni discendono dal Cielo. Questi doni che il Cielo dona a Giovanni, Giovanni li dona alle sette Chiese.

Grazia e pace sappiamo con esattezza cosa significano.

La grazia è Dio stesso che si dona all’uomo e lo trasforma, lo rinnova, lo giustifica, lo santifica, lo eleva.

La pace è il ritorno della vita dell’uomo nella perfetta comunione di verità con Dio, con gli uomini, con se stesso, con l’intera creazione.

Grazia e pace discendono da Dio.

Dio è Colui che è, che era e che viene.

“Io sono colui che sono”. Questo è il nome che Dio ha rivelato a Mosè.

Dio non solo è Colui che è. Lui è in eterno. È prima di oggi. Il prima di oggi è la sua eternità. È oggi: il suo oggi è anche l’eternità, che è senza inizio e senza fine. È dopo oggi. Il dopo oggi è anch’esso l’eternità. Dall’eternità Lui è venuto ieri, viene oggi, verrà domani.

La venuta di Dio è sempre apportatrice di salvezza, ma anche di perdizione. È salvezza per coloro che lo accolgono; perdizione invece per coloro che ricusano di credere in Lui.

Dio viene per fare nuove tutte le cose. Ogni venuta di Dio nella nostra vita, nel nostro mondo, è di salvezza, per la salvezza, per la redenzione e la giustificazione degli uomini.

Egli verrà alla fine per fare nuove tutte le cose. Per creare i cieli nuovi e la terra nuova.

L’eternità è l’essenza stessa di Dio. Dall’eternità Lui viene in mezzo a noi per portarci nella sua eternità.

Sui sette spiriti che stanno davanti al suo trono, troviamo riscontro nell’Antico Testamento, oltre che nell’Apocalisse stessa. Ecco i testi: 

“Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tb 12,15).

“Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono” (Ap 1,4).

“All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi: Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto” (Ap 3,1).

“Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio” (Ap 4,5).

“Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra” (Ap 5,6).

Indicando il numero sette pienezza e totalità, è giusto pensare che i “sette spiriti che stanno sempre davanti al suo trono” sono una schiera di Angeli (non sappiamo quanti sono e chi sono) con una speciale missione da compiere.

Tre di questi spiriti hanno un nome particolare: Michele, Raffaele, Gabriele.

Michele è l’angelo della lotta contro gli angeli ribelli. Lui difese l’unicità di Dio. Solo Dio è Dio. Solo Dio è come Dio. Nessun altro è Dio. Nessun altro è come Dio. Il Suo Nome è “Quis ut Deus, Chi come Dio”.

Gabriele è l’Angelo dell’annunzio del mistero e della sua spiegazione. Lo troviamo nel Libro di Daniele. Lui porta l’annunzio sia a Zaccaria nel tempio di Gerusalemme, sia alla Vergine Maria, nella Casa di Nazaret. Annunzia e spiega. Lui è l’Angelo catecheta dei misteri di Dio. Il Suo Nome è “Nuntius Dei, Nunzio del Signore, o di Dio”.

Raffaele invece è colui che il Signore invia perché si faccia compagno di viaggio dell’uomo, aiutandolo in ogni momento, guarendolo e sanandolo, liberandolo e custodendolo da ogni male. Il Suo Nome è “Medicina Dei, Guarigione di Dio”.

Dal Libro di Daniele, da quello di Tobia, dal Vangelo secondo Luca  e dall’Apocalisse si  ricavano le uniche notizie su questi sette angeli.

Altro non esiste nella Scrittura. Dove la Scrittura tace, è giusto che anche colui che la spiega, taccia. Anche questo è rispetto della rivelazione, rispetto di Dio, rispetto degli uomini, ai quali si deve sempre andare con la più alta onestà.

La nostra onestà è il silenzio. Inventare, creare, immaginare non è per nulla compito del teologo. Il teologo una cosa sola deve sempre operare: attenersi a ciò che è scritto. Ciò che non è scritto, perché non contenuto nelle Scritture profetiche, non è oggetto delle sue considerazioni, delle sue riflessioni, dei suoi insegnamenti, delle sue spiegazioni, dei suoi commenti.

[5]e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,

La grazia e la pace sono date alle sette Chiese da “da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono”, ma anche da “Gesù Cristo”.

Chi è Gesù Cristo, secondo la rivelazione che ci offre Giovanni in questo saluto? Gesù Cristo è:

Il testimone fedele. Questo titolo dato a Gesù è solo dell’Apocalisse:

“E da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, (Ap 1,5).

“All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio” (Ap 3,14).

Gesù è il testimone fedele del Padre.

Chi vuole conoscere in pienezza di verità in che cosa consiste la fedeltà di Cristo verso il Padre, o per il Padre, è sufficiente che legga il Vangelo secondo Giovanni.

Gesù è il Testimone fedele della Verità del Padre, della Grazia del Padre, della Parola del Padre, delle Opere del Padre, della Gloria del Padre, della Volontà del Padre.

Gesù è il Testimone fedele di tutto ciò che il Padre è, fa, dice, opera, vuole, dona.

Gesù è il Testimone fedele del Padre non solo perché riferisce, dice, attesta l’essenza di essere e di operare del Padre, ma anche perché compie pienamente, in ogni cosa, sempre, le Parole e le Opere del Padre.

È talmente fedele al Padre, che è lo stesso Padre che opera e parla per mezzo di Lui.

Parla Lui ed è come se parlasse il Padre. Opera Lui ed è come se operasse il Padre. Anzi è più di così: Parla Lui e in Lui e per Lui parla il Padre. Opera Lui e in Lui e per Lui opera il Padre.

Chi vuole conoscere veramente Dio, nelle sue Parole, nelle sue Opere, lo può solo per mezzo e in Cristo Gesù.

Questa unità di sola Parola  e di sola opera è solo di Cristo. Nessun altro uomo al mondo, né di ieri, né di oggi, né di domani, fino alla consumazione dei secoli, potrà dirsi testimone vero di Dio, escludendo Cristo Gesù, il solo, unico, vero, santo, giusto, perenne Testimone fedele del Padre.

Dalla sua testimonianza ognuno deve cogliere la verità di Dio che diviene e si fa anche verità di ogni uomo.

La suprema testimonianza al Padre e alla Verità del Padre, Gesù la rese dinanzi a Ponzio Pilato. La sua è stata testimonianza ufficiale, formale, in un tribunale, durante un interrogatorio, al prezzo della sua stessa vita.

Vangelo secondo Giovanni - cap. 18,28-40: “Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: Che accusa portate contro quest'uomo?

Gli risposero: Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato. Allora Pilato disse loro: Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge! Gli risposero i Giudei: A noi non è consentito mettere a morte nessuno. Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: Tu sei il re dei Giudei? Gesù rispose: Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto? Pilato rispose: Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto? Rispose Gesù: Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù.

Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.

Gli dice Pilato: Che cos'è la verità?  E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: Io non trovo in lui nessuna colpa. Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei? Allora essi gridarono di nuovo: Non costui, ma Barabba! Barabba era un brigante”.

È Gesù la verità del Padre ed anche la sua suprema testimonianza.

Il primogenito dei morti. Questo titolo si trova anche in San Paolo (Romani e Colossesi), nella Lettera agli Ebrei, e una sola volta nell’Apocalisse.

“Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29).

“Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose” (Col 1,18).

“E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio” (Eb 1,6).

“E da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5).

La sua primogenitura è prima di tutto “unigenitura”. Lui è il Figlio unigenito del Padre, il solo ed unico che Dio ha generato: “Luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.

L’unigenitura eterna è l’essenza di Cristo. Gesù è il Figlio unigenito del Padre, il Primo ed unico Figlio. È in Lui e per Lui che ogni uomo è chiamato a divenire figlio di Dio, per adozione, nello Spirito Santo, rinascendo nelle acque del battesimo.

È l’unigenitura di Cristo che fa sì che Dio sia vero Padre. Sia il Padre del nostro Signore Gesù Cristo e in Lui e per Lui diventi Padre per adozione di ogni altro uomo.

Ecco come San Giovanni presenta Cristo Gesù come L’unigenito Figlio di Dio:

“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).

“Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18).

“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

“Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio” (Gv 3,18).

“In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1Gv 4,9).

Egli è primogenito ed è unigenito nell’eternità. Egli è primogenito ed unigenito nel tempo. È unigenito e primogenito nell’ordine della creazione; ma anche è unigenito e primogenito nell’ordine della grazia, della redenzione, della giustificazione, della salvezza, della vita eterna, della risurrezione.

Egli è il primogenito dei morti, perché è il primo che è risorto alla vita eterna con il corpo trasfigurato, trasformato in spirito, in luce.

Egli è anche il primogenito dei morti, perché tutti risusciteremo in Lui e per Lui.

Egli è il primogenito dei morti, perché sarà Lui non solo a chiamarci dal sepolcro, ma anche a rivestirci della sua risurrezione.

Lui nel ventre del sepolcro è stato generato nel suo corpo alla vita dello spirito, perché noi tutti diveniamo esseri spirituali nel tempo e nell’eternità per Lui, con Lui in Lui.

Egli è primogenito dei morti perché ci ha preceduti nella gloria del Padre e ci attende perché dove è Lui siamo anche noi.

E il principe dei re della terra. Con queste parole viene proclamata la regalità universale di Cristo Gesù.

Lui non è re e principe in quanto Dio. In quanto Dio è Creatore e Signore di ogni uomo. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui. Ogni cosa è sua, per dono del Padre.

Gesù è il principe dei re della terra, perché nella sua umanità è stato costituito giudice dei vivi e dei morti, ma anche legge e parola di salvezza per ogni uomo, oltre che via, verità e vita di tutto il genere umano.

Non c’è sovranità vera se non in Lui, per Lui, con Lui. Non c’è esercizio del potere che sia vero servizio all’uomo se non in Lui, per Lui, con Lui.

Essendo Lui il sovrano dei sovrani e il re di tutti i regnanti, ognuno domani dovrà presentarsi al suo cospetto per rendere ragione della sua amministrazione di servitore della giustizia e della verità.

Ma anche oggi nel tempo della storia, Lui vigila attentamente e interviene nella nostra storia, perché sia sempre riportata nella Volontà e nella Verità del Padre.

Modi e forme di questa vigilanza perenne di Cristo Gesù sono avvolti dal mistero.

Solo quando i veli della storia saranno passati e si aprirà il sipario della vita eterna, vedremo ogni azione di Dio e di Cristo a favore della nostra salvezza e della redenzione dell’umanità intera.

Ora però è il tempo della fede e dobbiamo credere che Gesù è il principe dei re della terra, è il Signore di ogni altro signore, è il Sovrano di ogni altro sovrano.

A Lui sempre dobbiamo rivolgerci perché porti pace ai nostri giorni e la consolazione del suo amore e della sua grazia contro ogni tirannia e abuso di potere che tanto male arrecano agli uomini.

Chi è ancora Gesù? È “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue”.

Con queste parole viene annunziato tutto il mistero dell’amore di Cristo per l’uomo.

Gesù è definito “Colui che ci ama”. Definizione più bella, più completa, più ricca di significato non esiste.

Gesù vive per amare l’uomo. Lui vive se ama l’uomo. Gesù muore per amare l’uomo. Vive e muore per amare l’uomo. Ma anche risorge per amare l’uomo.

L’amore per l’uomo è la sua stessa essenza. Fuori di questo amore Gesù non esiste. Lui è questo amore per l’uomo.

La vita di Gesù è amore. Ma anche la morte di Gesù è amore. La sua nascita alla terra è per amore nostro. Ma anche la sua nascita al Cielo con la risurrezione gloriosa è per amore nostro.

L’amore di Gesù per l’uomo è a prezzo del suo sangue.

Il suo amore per noi è liberazione dai nostri peccati operata sulla croce, a prezzo di una morte dolorosissima, versando tutto il suo sangue per noi.

Il suo sangue è il prezzo della nostra liberazione, della remissione dei nostri peccati.

Lui versa il suo sangue per lavare noi da tutte le nostre colpe, per mondarci, purificarci, sanarci, guarirci. Questa è la grandezza del suo amore per noi.

Nel suo Vangelo, lo stesso Giovanni dirà di Gesù: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

Questo suo amore Gesù ha lasciato a noi, suoi discepoli, come esempio. Anche il discepolo di Gesù è “Colui che ama l’uomo” e lo “ama sino alla fine”.

Ama l’uomo sino alla fine, perché il discepolo di Gesù ama Gesù sino alla fine e la fine del suo amore è nel dono della vita per il suo Maestro, il suo amico.

Anche questa verità annunziò Gesù nel Vangelo secondo Giovanni: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri (Gv 15.10-17).

Sappiamo ora chi siamo e come dobbiamo amare: “Siamo coloro che amano”; “Siamo coloro che amano sino alla fine”, “Siamo coloro che amano donando la vita a Cristo perché Cristo ne faccia un sacrificio per la salvezza del mondo”.

L’Apocalisse è il Libro che insegna ai discepoli di Gesù questo amore. Lo insegna, correggendo tutti coloro che sono caduti da questo amore o non sono mai entrati; lo insegna anche esortando attraverso la rivelazione di ciò che accade a quanti amano e anche a quanti non amano.

Questa è la vera rivelazione del Libro dell’Apocalisse: vale proprio la pena amare come Cristo ci ha amati sino alla fine.

La fine del vero amore non è la morte cruenta, sofferta. La fine dell’amore è l’abitazione eterna in Dio nel Paradiso.

[6]che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Cristo, amandoci, ci ha liberati dalla nostra morte spirituale. La morte è solitudine, egoismo, chiusura nei vizi e nei peccati, allontanamento dell’uomo dall’uomo, schiavitù dell’uomo sull’uomo, asservimento dell’uomo all’uomo.

Cristo, amandoci, ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre. Ha fatto di noi, cioè, degli uomini a servizio della salvezza dell’uomo.

Chi è il sacerdote? È l’uomo di Dio che offre se stesso in sacrificio per la redenzione dei suoi fratelli.

Chi vuole conoscere le proprietà del suo sacerdozio e il ministero che esso comporta, deve partire da Cristo, che diede compimento a tutti i significati contenuti nel sacerdozio antico.

Cristo Gesù è colui che si offre, che si lascia immolare, che sacrifica la sua vita al Padre per la redenzione dei suoi fratelli.

Cristo Gesù è il “Donato del Padre” per la salvezza del mondo.

Ogni suo discepolo, in Lui, diviene il “Donato del Padre” per la salvezza dei suoi fratelli, di ogni uomo.

Questa verità è contenuta sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento:

“Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti” (Es 19,5-6).

“Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. (1Pt 2,5).

“Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1Pt 2,9).

“Che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (Ap 1,6).

“E li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra” (Ap 5,10).

“Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni” (Ap 20,6).

Chi è allora il cristiano? È colui che è già stato dato dal Padre per la salvezza del mondo.

È colui che assieme agli altri discepoli di Gesù deve costituire sulla terra un regno nel quale c’è una sola legge: quella di dare ognuno la vita per gli altri, in tutto come ha fatto Cristo Gesù.

È in questa fondamentale legge del regno la forza del cristianesimo. Chi entra in questa legge e la osserva, salva il mondo, come Cristo ha salvato il mondo.

Chi esce da questa legge, non è più sacerdote per il suo Dio e Padre e in nessun modo potrà mai operare redenzione e salvezza per l’umanità.

A Cristo Gesù va la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Sono potenza e gloria eterne, divine. Sono gloria e potenza che appartengono allo stesso Dio.

Con queste parole Giovanni proclama la divinità di Cristo Gesù.

Gesù è veramente Dio. È Dio nella sua persona. Lui è il Figlio Unigenito del Padre. Ma viene rivestito di gloria e di potenza divine anche nella sua umanità.

Nella sua umanità egli è rivestito di gloria e di potenza eterna.

Anche nella sua umanità egli è in tutto simile a Dio.

Sarete come Dio. Si compie la parola di satana, pronunziata ad Eva. Si compie però non secondo la sua menzogna. Si compie secondo la verità di Dio.

Si compie non per superbia, ma per umiltà; non per disobbedienza, ma per obbedienza fino alla morte e alla morte di croce.

In ogni parola della Scrittura c’è un mistero. Solamente che la creatura lo pone fuori della sua verità eterna e lo distorce ai danni dell’uomo.

Una cosa è certa: in Cristo l’umanità è divenuta in tutto simile a Dio. In Cristo l’umanità è di Dio ed è rivestita tutta di Lui. In Cristo veramente l’uomo è simile a Dio.

È il mistero dei misteri. La mente in questo mistero si perde, si annulla e diviene silenzio adorante e contemplante.

Anche questa è rivelazione del Libro dell’Apocalisse: se l’uomo vuole divenire immortale, vuole conservare la sua vita per sempre, la deve conservare alla maniera di Cristo, non alla maniera degli uomini, o di satana.

Se l’uomo vuole rivestirsi di immortalità, di eternità, di vita divina, piena, deve perseverare sino alla fine e vivere la sua nuova essenza: quella di essere sacerdote per il suo Dio e Padre, in Cristo, con Cristo, per Cristo.

È giusto che dopo aver ricordato la “profezia” del serpente, ricordiamo anche l’altra profezia: quella di Caifa, anche lui profetizzò alla maniera del serpente. Anche la sua profezia si compì, ma alla maniera di Dio, non alla sua maniera: “Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione. Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera. Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa? Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo” (Gv 11,45-57).

Mistero della verità di Dio che squarcia la nostra piccola, povera mente e apre gli orizzonti nell’eternità della sapienza divina.


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