CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 19:53
 
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6.9 Le acque diminuiscono

Ritorniamo ora alla storia di Noè, e consideriamolo nella sua nuova posizione. L’abbiamo visto costruire l’arca e l’abbiamo visto nell’arca; ora lo vedremo uscire dall’arca e prendere il suo posto in un nuovo mondo (*).

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(*) Vorrei indicare qui, chiedendo ai miei lettori di meditarlo con uno spirito di preghiera, un pensiero ben compreso da tutti coloro che si sono applicati allo studio della verità dal punto di vista delle dispensazioni o economie. Questo pensiero riguarda Enoc e Noè. Il primo fu trasportato, come l’abbiamo visto, prima dell’esecuzione del giudizio; mentre l’ultimo, pur essendo salvato, dovette, in un certo modo, attraversare il giudizio. Ora si pensa che in ciò Enoc sia una figura dell’assemblea, che sarà tolta prima che il male quaggiù sia giunto al colmo, e prima che il giudizio di Dio cada sui malvagi. D’altro canto, Noè sarebbe una figura del residuo di Israele, che dovrà attraversare le acque profonde della tribolazione ed il fuoco del giudizio, per essere portato al pieno godimento delle benedizioni millenarie, in virtù dell’alleanza eterna di Dio. Devo aggiungere che condivido interamente questo pensiero relativamente a questi due Padri del Antico Testamento; considero che esso sia in armonia perfetta con il piano generale e l’analogia delle Sante Scritture. (Nota che non è stata tradotta nell’edizione italiana)
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«E Dio si ricordò di Noè». L’opera, strana per Dio, del giudizio era terminata; la famiglia, salvata con tutto ciò che le è associato, è rimessa in memoria davanti a Dio. «E Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si calmarono, le fonti dell’abbisso e le cataratte del cielo furono chiuse, e cessò la pioggia dal cielo» (Gen. 8:2). Allora i raggi del sole incominciarono a vivificare un mondo che era stato battezzato d’un battesimo di giudizio. Il giudizio è «l’opera strana di Dio», e per quanto Dio si sia glorificato per mezzo del giudizio, non vi prende piacere. Egli è sempre pronto a lasciare il giudizio per fare misericordia.

E accadde che «in capo a quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell’arca, e mandò fuori il corvo, il quale uscì, andando e tornando, finché le acque furono asciugate sulla terra» (vers. 6-7). L’uccello impuro fuggì e trovò probabilmente un rifugio su qualche cadavere galleggiante e non ritornò più nell’arca: «Ma la colomba non trovò dove posare la pianta del suo piede, e tornò a lui nell’arca, perché c’erano delle acque sulla superficie di tutta la terra... poi mandò di nuovo la colomba fuori dell’arca, e la colomba tornò a lui, verso sera, ed ecco, essa aveva nel becco una foglia fresca d’ulivo» (vers. 8-11). Non è forse questa una bella immagine dello spirito rinnovato che, in mezzo alle desolazioni da cui è circondato, cerca e trova il suo riposo e la sua parte in Cristo? E non solo questo, ma ancora afferra l’arra dell’eredità, dimostrando così che il giudizio è passato e che una terra rinnovata incomincia ad apparire. Lo spirito carnale invece può riposarsi su qualunque cosa, eccetto che in Cristo: può nutrirsi di ogni sorta d’immondizia; la foglia d’ulivo non ha nessuna attrazione per esso; trova tutto quello che gli abbisogna in una scena di morte, e per conseguenza non si occupa del nuovo mondo. Ma il cuore ammaestrato ed esercitato dallo spirito di Dio, non può riposarsi e rallegrarsi che in quello in cui Dio trova il suo riposo e la sua gioia; si riposa nell’arca della salvezza «fino al momento del ristabilimento di tutte le cose»

Possa essere così di voi e di me, caro lettore! Il Signore rimanga il riposo e la parte dei nostri cuori, affinché non cerchiamo queste cose nel mondo che è sotto il giudizio di Dio! La colomba ritornò a Noè nell’arca ed aspettò il momento del suo riposo; e noi dovremmo sempre trovare il nostro posto in Cristo fino al tempo della sua esaltazione e della sua gloria nei secoli avvenire! «Colui che deve venire, verrà e non tarderà». Ci abbisogna solo un po’ di pazienza.

6.10 Noè esce dall’arca

«E Dio parlò a Noè dicendo: Esci dall’arca». Il medesimo Dio che aveva detto: «Fatti un’arca» e «entra nell’arca», gli dice ora: «Esci dall’arca»; «E Noè uscì... ed edificò un altare all’Eterno» (vers. 15 e seg.).

Noè non ha altro da fare che obbedire: e l’obbedienza della fede e il culto della fede vanno insieme: un altare edificato nel luogo stesso dove era passata la scena del giudizio. L’arca aveva portato Noè e la sua famiglia sani e salvi al disopra delle acque del giudizio, e li aveva fatti passare dal vecchio al nuovo mondo, dove Noè prende ora posto come adoratore (*). E, dobbiamo notarlo, è all’Eterno che edifica un altare. La superstizione avrebbe adorato l’arca, come essendo stato il mezzo di salvezza. Il cuore umano è sempre portato a mettere gli ordinamenti al posto di Dio. E l’arca era un ordinamento manifesto. Ma la fede di Noè si eleva dall’arca all’Iddio dell’arca; perciò lasciandola, invece di esitare e gettare uno sguardo indietro e considerare l’arca come un oggetto di culto o di venerazione, egli edifica un altare all’Eterno e adora l’Eterno. E dell’arca non è più fatta menzione.

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(*) È interessante considerare il soggetto dell’arca e del diluvio in rapporto al battesimo. Il battesimo è paragonato dal vecchio al nuovo mondo, in ispirito, in principio e per la fede. Il vecchio uomo è stato sepolto sotto le acque e non ha parte alla nuova natura; la carne con tutto ciò che dipende da essa, i peccati, le iniquità, le sue responsabilità, è come sotterrata nella tomba di Cristo e non può mai più ricomparire agli occhi di Dio. Ma, come Cristo risuscitò dai morti nella potenza di una nuova vita, avendo tolto completamente i nostri peccati, così l’uomo battezzato esce dall’acqua proclamendo, per così dire, che, per la grazia di Dio e per la morte di Cristo, è messo in pieno possesso di una nuova vita alla quale la giustizia di Dio è inseparabilmente unita. «Essendo stati con lui sepolti nel battesimo nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che ha risuscitato lui dai morti» (confr. Rom. 6 e Col. 2 come pure 1 Pietro 3:18-22).
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Tutto questo contiene un insegnamento molto semplice e molto pratico. Dal momento che l’anima abbandona la realtà di Dio stesso, non v’è più limiti al decadimento. È sulla via che conduce alla più grossolana idolatria. Per la fede un ordinamento ha solo valore in quanto è il mezzo per il quale Iddio si fa conoscere all’anima in potenza vivente; la fede, cioè, può godere di Cristo nell’ordinamento secondo l’istituzione di Dio stesso. Al di fuori di ciò, un ordinamento non ha nessun valore; e se esso viene a insinuarsi, fosse anche nella più piccola misura, fra il cuore dell’adoratore e l’opera e la persona gloriosa di Cristo, cessa di essere un ordinamento di Dio e diventa uno strumento di Satana. Per la superstizione l’ordinamento è tutto, e Dio è escluso; il nome di Dio non serve che per esaltare l’ordinamento e dargli presa sul cuore e una influenza potente sullo spirito dell’uomo. È così che gli Israeliti adorarono il serpente di rame, il quale pure, per un tempo, fu un mezzo di benedizione per essi; ma divenne un oggetto di venerazione superstiziosa dal momento che i loro cuori si furono ritratti dall’Eterno; e fu necessario che Ezechia lo facessi a pezzi come «un pezzo di rame». In sè quel serpente non era che un pezzo di rame ma, come strumento di Dia, era stato un mezzo di grande benedizione. Ora, la fede lo riconosceva utile per lo scopo che la rivelazione di Dio gli aveva assegnato, ma la superstizione, gettando a mare la rivelazione, perse di vista il disegno reale di Dio, e dello strumento, che per se stesso era senza alcun valore, ne fece un Dio (vedere 2 Re 18:4).

Questo racchiude un’istruzione profonda riguardo al presente secolo. Viviamo in un secolo d’ordinamenti; l’atmosfera che avviluppa la Chiesa professante è impregnata degli elementi di una religione tradizionale che spoglia l’anima di Cristo e della sua salvezza. Non che le tradizioni umane neghino audacemente l’esistenza della persona e della croce di Cristo: poiché, se le negassero, gli occhi di parecchi si aprirebbero, forse; ma il male riveste un carattere infinitamente più perfido e pericoloso: si aggiungono gli ordinamenti a Cristo e alla sua opera: il peccatore non è più salvato da Cristo solo, ma da Cristo e dagli ordinamenti. Così il peccatore è spogliato interamente di Cristo; poiché si vedrà, in fin dei conti, che Cristo con gli ordinamenti diventeranno ordinamenti senza Cristo. «Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla!» (Gal. 5:2). Dobbiamo avere Cristo soltanto e interamente, altrimenti non abbiamo nulla di Lui. Il diavolo persuade gli uomini che osservando i suoi ordinamenti e facendone molto caso, onorano Cristo, mentre sa benissimo che, facendo così, mettono Cristo da parte e deificano l’ordinanza. La superstizione fa dell’ordinanza il tutto, l’incredulità e il misticismo non ne fanno nulla; la fede ne fa uso secondo l’istituzione divina.

Mi sono dilungato, più di quanto prevedevo, su questa parte del nostro studio; la concluderò, ora, con un breve sguardo sul cap. 9.

Troviamo in esso il nuovo patto sotto il quale il Creato fu posto dopo il diluvio, e anche il segno di questo nuovo patto. «E Dio benedisse Noè e i suoi figliuoli, e disse loro: Crescete e moltiplicate, e riempite la terra. E avranno timore e spavento di voi tutti gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo».

L’ordine dato da Dio all’uomo al momento del suo ingresso nella terra ristorata è stato di riempire la terra, tutta la terra. La sua volontà era che gli uomini fossero dispersi su tutta la superficie della terra; e che non facessero conto sulle loro forze concentrate, come hanno tentato di fare e come ce lo riferisce il cap. 11.

Dopo il diluvio, il timore dell’uomo è posto nell’anima di ogni creatura inferiore di modo che il servizio reso all’uomo è il risultato necessario del timore e della paura. La vita come la morte degli animali inferiori deve essere al servizio dell’uomo.

Pedro

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