CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:07
 
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13. Capitolo 18: Visita dei messaggeri celesti a Abrahamo

13.1 Comunione con il Signore

Questo capitolo ci offre un bell’esempio dei risultati di una vita di separazione e di obbedienza: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (Giov. 14:23). Questo passo messo in rapporto col contenuto del capitolo che ci occupa, ci mostra che il genere di comunione di cui gode un’anima obbediente è assolutamente sconosciuto da chi si muove in un’atmosfera mondana.

Ma questo non tocca in nessun modo la questione del perdono e della giustificazione. Tutti i credenti sono rivestiti della medesima veste di giustizia. Sono tutti posti davanti a Dio, sotto una sola e unica giustificazione. La stessa vita scende dalla Testa che è nel cielo, e si spande in tutti i membri sulla terra.

Questa importante dottrina, sviluppata a più riprese già nelle pagine precedenti, è stabilita nel modo più chiaro nelle Scritture. Ma dobbiamo ricordare che la giustificazione e i frutti della giustificazione sono due cose del tutto diverse. Essere un figlio è una cosa: essere un figlio obbediente è un’altra. Un padre ama un figlio obbediente e farà di lui il depositario dei suoi pensieri e dei suoi piani. Non ne sarebbe forse così del nostro Padre celeste? Le parole del nostro Signore (in Giov. 14:23-24) lo mettono fuori dubbio, e, inoltre, dimostrano che pretendere di amare Cristo e non «osservare la sua Parola» è ipocrisia: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Se dunque non osserviamo la sua parola, è la prova evidente che non camminiamo nell’amore del nome di Cristo. Il nostro amore per Cristo si manifesta nel fare le cose che Egli ci ha comandato, e non nel dire: «Signore, Signore!». A che serve dire «Vado, Signore», mentre in cuore non ci sognamo nemmeno di andare? (Parag. Matteo 21:28-32).

Benché Abramo sia caduto in alcuni errori, vediamo nondimeno in lui qualcuno che, tutto sommato, si distingue con un cammino di comunione con Dio elevato, autentico, intimo e che, nella parte della sua storia che meditiamo in questo momento, gode di tre privilegi particolari: offrire a Dio qualcosa che gli è grato, essere in piena comunione con Lui e intercedere per gli altri davanti a Dio. Sono questi altrettanti privilegi gloriosi che accompagnano un cammino santo, una vita di separazione e di obbedienza.

L’obbedienza è piacevole a Dio, perché è il frutto della sua propria grazia nel nostro cuore. Il solo uomo perfetto che sia mai esistito era ubbidiente e faceva le delizie del Padre: a più riprese Dio gli rese testimonianza dal cielo dicendo: «Questo è il mio diletto Figliuolo nel quale mi sono compiaciuto» (Matt. 3:17).

La vita di Cristo sulla terra era un soggetto di gioia continua per il cielo; tutte le sue vie facevano salire del continuo una fragranza d’incenso al trono di Dio. Dalla mangiatoia alla croce, Egli ha sempre fatto le cose che piacevano al Padre. Non vi erano, nelle sue vie, né interruzioni, né variazioni, né punti salienti. Egli fu il solo perfetto. In lui solo lo Spirito Santo ha potuto tracciare una vita perfetta quaggiù. Seguendo il corso della storia sacra troviamo, qua e là, un’anima che, occasionalmente, ha rallegrato il cielo. Così nel capitolo che ci occupa, troviamo lo straniero di Mamre nella sua tenda che offre all’Eterno ciò che può soddisfarlo. I doni sono offerti con amore e accettati con benevolenza.

Vediamo poi Abrahamo godere una comunione intima con l’Eterno; intercede presso di Lui prima per quel che lo riguarda personalmente (vers. 9-15) poi per gli abitanti di Sodoma (vers. 16 a 21). Quale conferma delle divine promesse furono per il cuore di Abramo le parole: «Sara avrà un figliuolo!». Pur tuttavia questa promessa non fece che produrre un sorriso in Sara, come aveva fatto per Abramo nel capitolo precedente.

Vi sono nella Scrittura due tipi di «sorrisi»; prima quello di cui l’Eterno riempie la bocca del suo popolo, allorché in un momento di grande prova, egli viene in suo aiuto in modo clamoroso: «Quando l’Eterno fece tornare i reduci di Sion, ci pareva di sognare. Allora la nostra bocca fu piena di sorrisi e la nostra lingua di canti d’allegrezza; allora fu detto fra le nazioni: L’Eterno ha fatto cose grandi per noi» (Salmo 126:1-3). C’è poi il riso dell’incredulità, quando le promesse di Dio sono troppo gloriose per essere ricevute nei nostri cuori stretti, oppure quando i mezzi esterni di cui Dio si serve sono, a nostro giudizio, troppo piccoli per l’adempimento dei suoi grandi disegni. Non vergognamoci del primo di questi sorrisi e non temiamo di confessarlo. I figliuoli di Sion non hanno vergogna di dire: «Allora la nostra bocca fu piena di sorrisi». Ridiamo di tutto cuore, quando è il Signore che ci fa ridere. «Ma Sara (quando ebbe riso) lo negò dicendo: non ho riso, perché ebbe paura ». L’incredulità fa di noi dei vili e dei bugiardi; la fede ci dà ardire e ci rende sinceri; ci rende capaci di «accostarci con fiducia» e «di vero cuore» (Ebrei 4:16; 10:22).

13.2 La rivelazione dei disegni di Dio

Ma vi è di più: Dio fa di Abramo il depositario dei suoi pensieri e dei suoi disegni riguardo Sodoma, poiché, benché Sodoma non interessi direttamente Abrahamo, egli è abbastanza vicino a Dio e Dio lo può mettere a conoscenza dei suoi segreti disegni riguardo questa città.

Se vogliamo conoscere le intenzioni di Dio in merito alla sorte del presente malvagio secolo, dobbiamo essere interamente separati da esso e non prendere nessuna parte ai suoi progetti e alle sue speculazioni. Più ci terremo vicini a Dio, più saremo sottomessi alla sua Parola e meglio anche conosceremo i suoi pensieri in ogni cosa. Non abbiamo bisogno di leggere i giornali per sapere ciò che sta per accadere al mondo: la Scrittura ci rivela tutto quello che concerne il carattere, il corso e il destino di questo mondo. Se invece ricorriamo agli uomini per istruirci in queste cose, Satana se ne servirà per ingannarci e impedirci di vedere. Se Abrahamo fosse andato in Sodoma per mettersi al corrente di ciò che vi accadeva e si fosse indirizzato a qualcuno dei suoi capi più intelligenti per sapere quale era il suo pensiero intorno allo stato di Sodoma e le sue prospettive per l’avvenire, che cosa gli avrebbe egli risposto? Senza dubbio avrebbe diretto l’attenzione di Abrahamo sulle imprese agricole e architettoniche dei suoi concittadini e sulle immense risorse del paese; avrebbe fatto passare davanti a lui tutta una scena di attività febbrile: acquisti, vendite, costruzioni, piantagioni, banchetti. Questi uomini di Sodoma non avrebbero nemmeno sognato un giudizio; e se qualcuno ne avesse parlato, avrebbe suscitato sulle loro labbra il riso dell’incredulità.

È evidente che non era a Sodoma che bisognava andare per sapere quale sarebbe stata la fine di questa città. Il luogo dove Abrahamo «s’era prima fermato davanti all’Eterno» (Gen. 19:27) era il solo da cui lo sguardo poteva abbracciare tutta la scena. Quivi Abrahamo dominava tutte le nubi che, si accumulavano sopra Sodoma. Nella serenità e nella calma della presenza di Dio, tutto era diventato chiaro per lui, per mezzo della rivelazione stessa di Dio.

Pedro

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