CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:10
 
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15. Capitolo 20: Abrahamo a Gherar

15.1 Una mancanza seria

Questo capitolo ci presenta due cose distinte: la degradazione morale nella quale un figliuolo di Dio si lascia andare, talvolta, davanti al mondo e la dignità morale di cui è sempre caratterizzato agli occhi di Dio.

Abrahamo manifesta di nuovo quel timore delle circostanze che è tanto naturale anche a noi. Egli soggiorna in Gherar e teme gli uomini del paese; vedendo che Dio non è in mezzo a loro, dimentica che Egli è sempre con lui. Sembra più occupato degli abitanti di Gherar che di Colui che è più potente di loro tutti. Dimenticando che Dio è potente per proteggere Sara, ricorre alla medesima astuzia di cui aveva fatto uso in Egitto, parecchi anni prima.

Tutto questo contiene un serio avvertimento per noi. Il padre dei credenti è trascinato nel male perché ha distolto il suo sguardo da Dio. Abbandona per un tempo la sua attitudine di dipendenza da Lui e cede alla tentazione; è sempre vero che non siamo forti se non quando ci teniamo fermamente attaccati a Dio, nel sentimento della nostra totale debolezza. Nulla ci può nuocere, quando camminiamo nel sentiero da Lui ordinato. Se Abrahamo avesse semplicemente fatto assegnamento su Dio, gli uomini di Gherar non si sarebbero occupati di lui e avrebbe avuto il privilegio di giustificare la fedeltà di Dio in mezzo alle circostanze più difficili. Inoltre, avrebbe conservata la propria dignità come credente.

È doloroso vedere come i figliuoli di Dio disonorano facilmente il loro Padre, e di conseguenza, abbassano loro stessi davanti al mondo nelle loro circostanze. Fin tanto che realizziamo questa verità che: «tutte le fonti della mia gioia sono in te» (Salmo 87:7) dimoriamo al disopra del mondo sotto tutte le sue forme. Non vi è nulla che elevi tanto tutto il nostro essere morale, come la fede; essa ci trasporta fuori della portata dei pensieri del mondo, poiché come potrebbe l’uomo del mondo, oppure anche il credente mondano, comprendere la vita della fede? La sorgente alla quale questa vita si abbevera è inaccessibile per la loro intelligenza. Vivendo superficialmente, sono pieni di speranza e di fiducia fintanto che vedono ciò che stimano essere un fondamento ragionevole di speranza d’un Dio invisibile. Il credente, invece, rimane calmo in mezzo alle circostanze e agli avvenimenti nei quali la natura non vede nulla su cui possa riposarsi. Perciò la fede appare, alla natura umana, non curante, imprevidente e visionaria. Solo chi conosce Dio può approvare gli atti della fede, visto che solo lui è capace di comprendere i motivi solidi e veramente ragionevoli.

In questo capitolo vediamo l’uomo di Dio sotto la potenza dell’incredulità, esporsi, col suo modo di fare, alla riprensione e ai rimproveri del mondo. Non può essere diversamente poiché, come abbiamo detto, solo la fede comunica una vera nobiltà morale al carattere e alla condotta di un uomo. Si incontrano, è vero, delle persone d’un carattere per natura buono e onorabile, ma non ci si può fidare di queste virtù naturali; esse posano su un cattivo fondamento e sono soggette a cedere, da un momento all’altro, sotto la pressione delle circostanze. Solo la fede unisce l’anima in potenza vivente a Dio, unica sorgente di tutto ciò che è veramente morale.

Inoltre, ed è un fatto notevole, quando quelli che Dio ha misericordiosamente adottati si allontanano dal cammino della fede, essi cadono anche più in basso degli altri uomini. Troviamo in questo fatto la spiegazione della condotta di Abrahamo in questa parte della sua storia.

Ma facciamo qui un’altra scoperta: Abrahamo aveva, per molti anni, serbato dell’interdetto nel suo cuore; a quanto pare, era partito per la sua missione di fede tenendo in serbo nel suo cuore, una certa mancanza di fiducia in Dio. Se avesse saputo confidare pienamente in Dio riguardo a Sara, non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a un sotterfugio e a riserve mentali: l’Eterno avrebbe protetto Sara da ogni male. E chi potrebbe nuocere a coloro che sono sotto la protezione di Colui che non sonnecchia mai?

Tuttavia, per grazia, Abrahamo è condotto a scoprire la radice di tutto questo male, a giudicarlo a fondo e a sbarazzarsene; e, infatti, non vi può essere né benedizione, né potenza fintanto che ogni rimasuglio di questo lievito non è stato scoperto e calpestato nella luce. La pazienza di Dio è instancabile; egli aspetta, sopporta, ma non innalza mai un’anima all’apice della benedizione e della potenza, fin tanto che serba in sè un rimasuglio di male, conosciuto e non giudicato.

Così fu riguardo Abimelec e Abrahamo. Consideriamo ora la dignità morale di quest’ultimo agli occhi di Dio.

15.2 Come Dio vede i suoi

Se si considera la storia dei figliuoli di Dio, sia come un tutto sia individualmente, si rimane colpiti dalla differenza che esiste fra ciò che essi sono agli occhi di Dio e ciò che sono agli occhi degli uomini. Dio vede i suoi in Cristo, li vede attraverso la persona di Cristo; in modo che sono davanti a Lui «senza macchia né ruga né cosa alcuna simile». Nella loro posizione, sono davanti a Dio, quale Cristo è. «Non sono nella carne, ma nello Spirito» (Efesi 5:27; 1:4-6; 1 Giov. 4:17; Rom. 8:9).

In loro stessi, sono esseri poveri, deboli, imperfetti, soggetti all’errore e ad ogni sorta d’incoerenza, ed è appunto perché il mondo prende conoscenza di ciò che sono in loro stessi, e di questo solo, che la differenza appare così grande fra la divina e l’umana stima a loro riguardo.

Ma a Dio appartiene la prerogativa di manifestare la bellezza, la dignità e la perfezione del suo popolo; a Lui solo, perché è Lui che ha dispensato ai suoi tutte queste cose. Non hanno alcuna bellezza se non quella di cui lui stesso li ha dotati; quindi non appartiene che a lui il proclamare cosa sia quella bellezza, e lo fa in un modo degno di se stesso, e in modo tanto più glorioso in quanto il nemico vorrebbe ingiuriare, accusare e maledire. Così, quando Balac cercò di maledire la progenie di Abramo, l’Eterno disse: «Io non scorgo iniquità in Giacobbe, non vedo perversità in Israele». «Come son belle le tue tende, o Giacobbe, le tue dimore o Israele» (Numeri 23:21; 24:5). E ancora, quando Satana stava in piedi alla destra di Giosuè per accusarlo, l’Eterno gli disse: «Ti sgridi l’Eterno, o Satana, ti sgridi l’Eterno... non è questo un tizzone strappato dal fuoco?» (Zacc. 3:1-2).

Il Signore si interpone sempre fra i suoi ed ogni lingua che si innalza per accusarli. Non risponde all’accusa tenendo conto di quello che essi sono in loro stessi, o di ciò che sono agli occhi del mondo, ma tenendo conto di ciò che Egli li ha fatti essere e della posizione in cui li ha posti.

È così di Abrahamo che perde la sua dignità agli occhi di Abimelec re di Gherar, e Abimelec lo riprende; ma quando Dio si leva in suo favore, dice ad Abimelec: «Tu sei un uomo morto!» e di Abrahamo dice: «Egli è profeta e pregherà per te» (vers. 3-7). Nonostante tutta «l’integrità del suo cuore e la purezza delle sue mani», il re di Gherar non era altro che un «uomo morto»; e doveva dipendere dalle preghiere di uno straniero, smarrito e incoerente, per essere ristabilito in salute con tutta la sua casa.

Così agisce Iddio; egli può avere, in segreto, più di una questione da regolare con i suoi figliuoli riguardo alla loro condotta pratica; ma dal momento che un nemico solleva una questione contro a loro, l’Eterno difende la loro causa: «Non toccate i miei unti, e non fate alcun male ai miei profeti». «Chi tocca voi, tocca la pupilla dell’occhio suo». «È Dio che giustifica; chi sarà quel che li condanni?» (1 Cron. 16:22; Zacc. 2:8; Rom. 8:34).

Nessun dardo del nemico può penetrare nello scudo al riparo del quale l’Eterno nasconde il più debole agnello del gregge che si è acquistato al prezzo del sangue di Cristo. Tiene i suoi nascosti nel segreto del suo tabernacolo; mette i loro piedi sulla Rocca dei secoli, innalza il loro capo al disopra dei nemici che li attorniano e riempie i loro cuori dell’eterna gioia della sua salvezza (Salmo 27:5-6).

Sia per sempre benedetto il suo Nome!

Pedro

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