CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:14
 
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19. Capitolo 24: Rebecca, una moglie per Isacco

19.1 Una figura dell’appello della Chiesa

Il legame che esiste tra questo capitolo e i due precedenti è degno di nota. Nel capitolo 22, il figliuolo è offerto sull’altare; al capitolo 23, Sara e messa da parte; al capitolo 24, il servitore riceve l’incarico di andare a cercare una moglie per colui che, in figura, era risorto d’infra i morti. La successione di questi avvenimenti coincide in modo sorprendente con l’ordine dei fatti relativi all’appello della Chiesa. Tale coincidenza, comunque interpretata, è certo notevole.

I grandi fatti che troviamo nel Nuovo Testamento sono: in primo luogo il rigettamento e la morte di Cristo; in seguito, il rigettamento di Israele secondo la carne; poi la chiamata della Chiesa alla gloriosa posizione di sposa dell’Agnello. Tutto ciò corrisponde esattamente al contenuto di questo capitolo e dei due precedenti.

Bisognava che la morte di Cristo fosse un fatto compiuto, prima che la Chiesa potesse essere chiamata. Bisognava che «il muro di separazione» fosse abolito prima che «un solo uomo nuovo» potesse essere costituito. È importante comprendere bene questo, affinché sappiamo il posto che la Chiesa occupa nelle vie di Dio. Fintanto che la dispensazione giudaica sussisteva, Dio aveva stabilito e voleva mantenere la più stretta separazione fra Giudei e Gentili; perciò l’idea di una unione dei Giudei coi Gentili in un solo uomo, non entrava nella mente d’un Giudeo. Questi era propenso a considerarsi in una posizione sotto ogni aspetto superiore a quella d’un Gentile, a considerare quest’ultimo come totalmente impuro, un uomo col quale ogni relazione era proibita (Atti 10:28).

Se Israele avesse camminato con Dio nella integrità dei rapporti nei quali la grazia di Dio l’aveva posto, sarebbe stato mantenuto in questa posizione speciale di separazione e di superiorità che gli era stata data. Ma Israele seguì un’altra via e perciò, quando ebbe fatto il colmo alla misura delle sue iniquità, crocifiggendo il Principe di Dio, il Signore di gloria, e rigettando la testimonianza dello Spirito Santo, l’apostolo Paolo è suscitato per essere l’amministratore d’un nuovo ordine di cose, nascosto da ogni tempo in Dio, mentre proseguiva ancora la testimonianza ad Israele: «Per questa cagione io, Paolo, il carcerato di Cristo Gesù per voi, o Gentili... (Poiché, senza dubbio avete udito di quale grazia Iddio mi abbia fatto dispensatore per voi; come per rivelazione mi sia stato fatto conoscere il mistero di cui più sopra vi ho scritto in poche parole; le quali leggendo potete capire l’intelligenza che ho nel mistero di Cristo. Il quale mistero, nelle altre età, non fu dato a conoscere ai figliuoli degli uomini nel modo che ora, per lo Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di Lui» (i profeti del Nuovo Testamento) «vale a dire, che i Gentili sono eredi con noi, membra con noi d’un medesimo corpo, e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante l’Evangelo» (Efesini 3:1-6).

Ecco qualcosa di conclusivo. Il mistero della Chiesa, composta di Giudei e di Gentili battezzati in un solo corpo da un medesimo Spirito e uniti a un capo glorioso nei cieli, non era stato rivelato fino ai giorni di Paolo. «Del quale mistero — prosegue l’apostolo — io sono stato fatto ministro, in virtù del dono della grazia di Dio, largitami secondo la virtù della sua potenza» (vers. 7).

Gli apostoli e i profeti del Nuovo Testamento, furono, per così dire, il fondamento di quel nuovo edificio (vedete Efesini 2:20). Dato questo, è evidente che l’edificio non poteva essere incominciato prima (Parag. anche Matteo 16:18: «Io edificherò»). Se l’edificio esistesse dai giorni di Abele, l’apostolo avrebbe detto: «edificata sul fondamento dei santi dell’Antico Testamento», ma egli non dice così; quindi concludiamo che qualunque sia la posizione assegnata ai santi dell’Antico Testamento, è impossibile che possano far parte d’un corpo il quale fino alla morte e alla risurrezione di Cristo e alla discesa dello Spirito Santo non esisteva se non nei disegni di Dio. Questi santi erano salvati, Dio ne sia benedetto! Salvati per mezzo del sangue di Cristo e destinati a godere della gloria celeste con la Chiesa, ma non potevano far parte di un corpo, che non esisteva ancora.

Possono sorgere delle perplessità se sia il caso di considerare questa parte interessante della Scrittura come una figura della chiamata della Chiesa. Per conto mio, comunque, preferisco considerarla come un’immagine di quest’opera gloriosa. Non possiamo ammettere che lo Spirito Santo abbia voluto occuparci così a lungo dei particolari d’un semplice patto di famiglia, se questo patto non fosse tipico o figurativo di qualche grande verità: «Perché tutto quello che fu scritto per l’addietro, fu scritto per nostro ammaestramento» (Rom. 15:4). Questo passo è certo di portata molto estesa.

Così, benché l’Antico Testamento non contenga nessuna rivelazione diretta del gran mistero della Chiesa, è importante osservare che esso contiene tuttavia scene e circostanze che la raffigurano in modo notevole, prova ne sia quella che ci presenta il capitolo che sta occupandoci.

Il figliuolo, come abbiamo detto, è stato, in figura, offerto in sacrificio e reso alla vita; e il «ceppo» dal quale il figlio era derivato è, in certo qual modo, messo da parte; e il padre manda ora il servo in cerca d’una sposa per il suo figlio.

Per dare una comprensione chiara e completa del contenuto ci questo capitolo, considereremo i punti seguenti: il giuramento, la testimonianza e il risultato della missione di Eliezer.

19.2 Il giuramento del servitore

È bello vedere che la chiamata e l’elevazione di Rebecca erano fondati sul giuramento che suggellava l’accordo del servitore e di Abrahamo. Rebecca ignorava queste cose, benché, nei disegni di Dio, essa fosse l’oggetto di questo accordo. È lo stesso della Chiesa di Dio, considerata sia come un tutto, sia in ogni sua parte costitutiva.

«Le mie ossa non t’erano nascoste, quand’io fui formato in occulto... e nel tuo libro eran tutti scritti i giorni che m’eran destinati, quando nessun d’essi era sorto ancora» (Salmo 139:15-17). «Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il quale ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo, siccome in lui ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi ed irreprensibili dinanzi a lui nell’amore» (Efesini 1:3-4). «Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figliuolo, ond’egli sia primogenito fra molti fratelli, e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati, e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati» (Rom. 8:29-30). Vi era una mirabile armonia fra questi passi e il soggetto che ci occupa. L’appello, la giustificazione e la gloria della Chiesa, tutto è fondato sul disegno eterno di Dio, sulla sua parola e il suo giuramento, ratificati dalla morte, dalla risurrezione e dall’esaltazione del Figlio. È nella profondità dell’eterno pensiero di Dio, al di là dei limiti del tempo, che traeva origine questo meraviglioso disegno che aveva la Chiesa per oggetto, indissolubilmente legato al pensiero di Dio riguardo alla gloria del Figlio.

Il giuramento fatto dal servitore ad Abrahamo aveva per oggetto «una compagna» per il Figlio. Al desiderio di Abrahamo per il suo figlio, Rebecca dovette l’alta posizione che occupò in seguito. Beato chi comprende queste cose, beato chi vede che la sicurezza e la felicità della Chiesa sono legati inseparabilmente a Cristo e alla sua gloria! «Perché l’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall’uomo, e l’uomo non fu creato a motivo della donna, ma la donna a motivo dell’uomo» (1 Cor. 11:8-9). E ancora: «Il regno dei cieli è simile ad un re, il quale fece le nozze del suo figliuolo» (Matteo 22:2).

Il Figlio è il grande oggetto di tutti i pensieri e i consigli di Dio; e se a qualcuno sono conferite gioia, gloria o dignità, ciò non può essere che in relazione al Figlio. Per mezzo del peccato, l’uomo ha perso diritto a tutte queste cose e alla vita stessa; ma Cristo prese su di sè il castigo dovuto al peccato, si rese responsabile di tutto, per i suoi, fu inchiodato alla croce come loro rappresentante, portò i loro peccati «nel suo corpo sul legno» e scese nella tomba, carico di questo pesante fardello. Nulla dunque può essere più perfetto della liberazione di cui i suoi redenti sono l’oggetto. La Chiesa esce vivificata dalla tomba di Cristo, nella quale tutti i peccati di quelli che la compongono sono stati deposti. La vita che essa possiede è il trionfo sulla morte e su ogni ostacolo; essa è legata alla giustizia divina, è fondata su questa giustizia, i diritti di Cristo stesso alla vita essendo fondati sul fatto che egli ha annientato la potenza della morte; ed Egli è la vita della Chiesa. Così la Chiesa gode della vita divina, e la speranza che la anima è la speranza della giustizia (Vedete i passi seguenti: Giov. 3:16,36; 4:27,40,47,68; 11:25; 17:2; Rom. 5:21; 6:23; 1 Tim. 1:16; 1 Giov. 2:25; 5:20; Giuda 21; Efes. 2:1-6,14,15; Colos. 1:12-22; 2:10-15; Rom. 1:17; 3:21-26; 4:5,23-25; 2 Cor. 5:21; Gal. 5:5).

Questi passi stabiliscono in modo perfetto i tre punti seguenti: la vita, la giustizia e la speranza della Chiesa. Tutte queste cose derivano dal fatto che la Chiesa è una stessa cosa con Colui che è stato risuscitato d’infra i morti. Ora, nulla è atto a raffermare il cuore come la convinzione che l’esistenza della Chiesa è essenziale alla gloria di Cristo. «La donna è la gloria dell’uomo» (1 Cor. 11:7). La Chiesa è chiamata: «il compimento di Colui che porta a compimento ogni cosa» (Efes. 1:23). Questa espressione è notevole; la parola tradotta «compimento» o «pienezza» significa parte aggiunta, cioè cosa che, aggiunta ad un’altra, forma un tutto unico con essa. Così Cristo, il capo, e la Chiesa, il corpo, costituiscono il «solo uomo nuovo» (Efes. 2:15).

Se consideriamo il soggetto da questo punto di vista, non ci stupiremo che la Chiesa sia stata l’oggetto dei consigli eterni di Dio. Egli aveva, per grazia, dei motivi meravigliosi perché il corpo, la sposa, la compagna del suo unico Figlio, occupasse i pensieri di Dio prima della fondazione del mondo. Rebecca era necessaria ad Isacco, perciò era l’oggetto d’un consiglio segreto, quando essa stessa ignorava ancora il suo alto destino. Tutti i pensieri di Abrahamo si riferivano a Isacco: «Io ti farò giurare per l’Eterno, l’Iddio dei cieli e l’Iddio della terra, che tu non prenderai per moglie al mio figliuolo alcuna delle figliuole dei Cananei, fra i quali dimoro».

«Una moglie per il mio unico figliuolo»: è qui, come lo vediamo, il punto essenziale. «Non è bene che l’uomo sia solo». Impariamo così ciò che è la Chiesa: nei consigli di Dio, è necessaria a Cristo e, nell’opera compiuta da Cristo, è stato divinamente provveduto a tutto, perché potesse essere chiamata all’esistenza. Considerando la verità sotto questo punto di vista, non si tratta più della potenza di Dio per salvare dei peccatori ma «Dio vuol fare delle nozze per il suo figliuolo», e la Chiesa è la sposa che gli è destinata: essa è l’oggetto dei disegni del Padre, dell’amore del Figlio e della testimonianza dello Spirito Santo. È eletta a condividere la dignità e tutta la gloria del Figlio, e ha anche parte a tutto l’amore di cui Egli è stato l’eterno oggetto. Ascoltate le parole stesse del Figlio: «E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell’unità e affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato e che li ami come hai amato me» (Giov. 17:22-23).

Queste parole ci fanno conoscere i pensieri del cuore di Cristo riguardo la Chiesa. Essa non è soltanto destinata ad essere com’Egli è, ma è già fin d’ora simile a lui secondo che è scritto: «In questo l’amore è reso perfetto in noi, affinché abbiamo confidanza nel giorno del giudizio: che quale Egli è, tali siamo anche noi in questo mondo» (1 Giov. 4:17). Questa preziosa verità dà all’anima una piena fiducia. «Noi siamo in Colui che è il vero, cioè nel suo Figliuolo Gesù Cristo» (1 Giov. 5:20). Ogni incertezza è bandita dai nostri cuori, poiché tutto è assicurato, alla Sposa, nello Sposo. Tutto ciò che apparteneva a Isacco diventa proprietà di Rebecca, perché Isacco era suo; così pure tutto ciò che appartiene a Cristo, appartiene anche alla Chiesa. «Ogni cosa è vostra: e Paolo, e Apollo, e Cefa, e il mondo, e la vita, e la morte, e le cose presenti, e le cose future, tutto è vostro; e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio» (1 Cor. 3:21-22).

Cristo è capo supremo alla Chiesa (Efesini 1:22). Sarà la gioia di Cristo per tutta l’eternità, di manifestare la Chiesa nella gloria e la bellezza di cui l’avrà rivestita; poiché la gloria della Chiesa non sarà che il riflesso della sua propria gloria e della sua propria bellezza. Gli angeli e i principati contempleranno, nella Chiesa, il meraviglioso spiegamento della sapienza, della potenza e della grazia di Dio in Cristo.

Pedro

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