CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:15
 
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19.3 La testimonianza del servitore

Esaminiamo ora il secondo punto di cui abbiamo parlato più su, cioè la testimonianza. Il servitore di Abrahamo era latore d’una testimonianza chiara e precisa. «Io sono servo d’Abrahamo. L’Eterno ha benedetto abbondantemente il mio signore, ch’è divenuto grande; gli ha dato pecore e buoi, argento ed oro, servi e serve, cammelli e asini. Or Sara, moglie del mio signore, ha partorito nella vecchiaia un figliuolo al mio padrone, che gli ha dato tutto quel che possiede» (vers. 34-36). Il servitore rivela il padre e il figlio; tale è la sua testimonianza; parla delle immense ricchezze del padre e dice che questi ha dato tutti i suoi beni al figlio in virtù del fatto che egli è il suo figliuolo unico ed è l’oggetto del suo amore. Per mezzo di questa testimonianza, il servitore cerca di ottenere una sposa per il figlio.

È quasi superfluo dire che la Scrittura ci pone dinanzi, in figura e in modo notevole, la testimonianza dello Spirito Santo mandato sulla terra il giorno della Pentecoste. «Ma quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, Egli testimonierà di me» (Giov. 15:26). E ancora: «Ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito e vi annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutte le cose che ha il Padre sono mie: per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà» (Giov. 16:13-15). Il modo con cui queste parole coincidono con la testimonianza del servitore di Abrahamo, è istruttivo e molto interessante. È parlando di Isacco che il servitore cerca di guadagnare il cuore di Rebecca; ed è parlando di Gesù, che lo Spirito Santo cerca di distogliere i poveri peccatori da un mondo di peccato e di follia, per farli entrare nella beata e santa unità del corpo di Cristo. «Egli prenderà del mio e ve l’annunzierà». Lo Spirito Santo non conduce mai un’anima a guardare a se stessa o alla propria opera, ma sempre e soltanto a Cristo. Così, più un’anima è veramente spirituale, più sarà esclusivamente occupata di Cristo.

Considerare sempre il nostro cuore e indugiare su ciò che vi troviamo può sembrare, a qualcuno, prova di grande spiritualità; è invece un grave errore, anche se, in certi casi, può essere opera dello Spirito, e questa preoccupazione di sè, lungi dall’essere una prova di spiritualità, dimostra invece il contrario; poiché, parlando dello Spirito, Gesù dice espressamente: «Egli non parlerà del suo», ma «prenderà del mio e ve l’annunzierà». Perciò, ogni volta che uno guarda a sè e si adagia su ciò che di spirituale può scoprirvi, può essere certo che in questo non è condotto dallo Spirito di Dio. Lo Spirito attira le anime a Dio presentando loro Cristo. Conoscere Cristo è la vita eterna; e, la rivelazione che il Padre fa del Figlio per mezzo dello Spirito Santo, costituisce il fondamento della Chiesa.

Quando Pietro riconosce Cristo come il Figlio dell’Iddio vivente, Cristo gli risponde: «Tu sei beato, o Simone, figliuol di Giona, perché non la carne e il sangue t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E io altresì ti dico: Tu sei Pietro, e su questa pietra (o su questa roccia) edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere» (Matteo 16:17-18). Quale roccia? Pietro? Tolga ciò Iddio! Questa «roccia» è semplicemente la rivelazione di Cristo per mezzo del Padre come «Figliuolo dell’Iddio vivente», e questa rivelazione è il solo mezzo per il quale un’anima può essere introdotta nell’Assemblea di Cristo.

Impariamo qui quale è il vero carattere dell’Evangelo. L’Evangelo è anzitutto, e per eccellenza, una rivelazione; non soltanto una dottrina, ma una persona, la persona del Figlio; e questa rivelazione ricevuta per la fede, attira il cuore a Cristo, e diventa la sorgente della vita e della potenza, e il fondamento della nostra unione con Cristo come membra del suo corpo. «Quando è piaciuto a Dio... di rivelare in me il suo Figliuolo» disse Paolo. Il vero principio che costituisce «la roccia» è dunque Dio che rivela il suo figliuolo. È così che s’innalza l’edificio; è su questo solido fondamento che esso si basa, secondo il disegno eterno di Dio.

È, dunque, particolarmente interessante per noi trovare, in questo capitolo 24 della Genesi, un’immagine così bella della missione e della testimonianza speciale dello Spirito Santo.

Cercando una sposa a Isacco, il servitore di Abrahamo descrive tutta la gloria e tutte le ricchezze che sono state conferite a Isacco dal padre, e l’amore del quale è l’oggetto, tutto ciò che è atto a toccare il cuore di Rebecca e a staccarlo dalle cose in mezzo alle quali viveva. Egli addita a Rebecca un oggetto lontano, e le rivela la felicità che vi sarebbe, per lei, nel diventare una con quell’oggetto diletto e così tanto favorito. Tutto ciò che apparteneva a Isacco sarebbe appartenuto anche a Rebecca, dal momento che ella sarebbe stata una stessa cosa con lui; questa è la testimonianza del servitore. Questa è anche la testimonianza dello Spirito Santo. Egli parla di Cristo, della gloria di Cristo, della bellezza, della pienezza, della grazia, «delle ricchezze non investigabili di Cristo», della dignità della sua persona e della perfezione della sua opera. E rivela la felicità inesprimibile che v’è nell’essere una stessa cosa con un tale Cristo membra del suo corpo, nella sua carne e delle sue ossa.

Sempre così è la testimonianza dello Spirito; egli ci dà sempre una pietra di paragone, per mettere alla prova ogni sorta d’insegnamento e di predicazione. L’insegnamento più spirituale sarà sempre caratterizzato da una piena e costante presentazione della persona di Cristo. Lo Spirito non può soffermarsi che su Gesù; parlare di Cristo fa le sue delizie; egli prende piacere a pubblicare le sue perfezioni, le sue virtù, la sua bellezza. Se dunque qualcuno serve l’evangelo nella potenza dello Spirito di Dio, si occuperà sempre, nel suo ministerio, più di Cristo che di qualunque altra cosa. I ragionamenti della logica umana non vi troveranno posto, perché non sono adatti se non dove l’uomo vuol mettersi avanti; ma tutti quelli che servono l’evangelo, debbono ricordarsi che l’unico oggetto dello Spirito sarà sempre il presentare Cristo.

19.4 Il risultato della missione del servitore

Infine, dobbiamo occuparci dei risultati della testimonianza. La verità e l’applicazione pratica della verità sono due cose molto diverse. Una cosa è il parlare delle glorie particolari della Chiesa, altra cosa è l’esserne diretto, in modo pratico.

Per quanto riguarda Rebecca, il risultato della testimonianza resa dal servitore è netto e positivo. La testimonianza del servo di Abrahamo penetrò profondamente nel suo cuore e l’effetto fu di staccare completamente le sue affezioni da tutto quello che la circondava; essa è pronta a lasciare ogni cosa per proseguire il corso, onde afferrare ciò per cui è stata afferrata (parag. Filippesi 3:12-13). È impossibile che potesse credersi l’oggetto di un destino così glorioso rimanendo in mezzo alle circostanze nelle quali la natura l’aveva posta. Se la testimonianza riguardo al suo avvenire era vera, rimanere attaccata al presente era per lei la peggiore delle follie. Se la speranza di andare sposa ad Isacco ed essere coerede con lui di tutta la sua gloria, era per lei una realtà, continuare a pascolare le pecore di Labano sarebbe stato disprezzare, in pratica, tutto ciò che Dio, nella sua grazia, le aveva posto dinanzi. Ma la speranza che le stava dinanzi era troppo gloriosa perché Rebecca l’abbandonasse così leggermente. Non ha ancora visto Isacco, è vero, e nemmeno l’eredità; ma ha creduto la testimonianza che le è stata resa di Isacco e, in certo qual modo, ha ricevuto la caparra dell’eredità: questo è sufficiente per il suo cuore. Perciò, senza esitazione, si alza e dichiara che è pronta a partire. «Sì, andrò» essa disse (v. 58). È pronta ad incamminarsi in una via sconosciuta in compagnia di colui che le ha rivelato un oggetto lontano e una gloria, unita a questo oggetto, gloria alla quale sta per essere innalzata. «Andrò» e, dimenticando le cose che stanno dietro e protendendosi verso quelle che stanno davanti, proseguì il corso verso la meta per ottenere il premio della superna vocazione (vedere Filipp. 3:14). È una bella e commovente immagine della Chiesa che, sotto la guida dello Spirito Santo, s’incammina incontro al suo celeste Sposo. Questo almeno, è ciò che la Chiesa dovrebbe fare; ma si vede in lei ben poco di quella santa gioia che le fa sormontare ogni ostacolo, nella potenza della comunione colla sua celeste guida, col suo compagno di viaggio, il cui incarico è di prendere ciò che è di Gesù per annunciarglielo.

Così, il servo di Abrahamo prendeva le cose di Isacco e le mostrava a Rebecca e certamente si compiaceva nel farle udire nuove testimonianze riguardo al Figlio, mentre avanzavano verso il momento in cui lo gioia e la gloria dello Sposa si sarebbero compiute. La nostra guida celeste si compiace a parlarci di Gesù. «Egli (lo Spirito) prenderà del mio e ve l’annunzierà»; e ancora: «Vi annunzierà le cose a venire». Abbiamo un reale bisogno di questo ministerio dello Spirito che rivela Cristo alle nostre anime, facendoci ardentemente desiderare di vederlo come Egli è e di essergli fatti simili per sempre: lui solo ha il potere di staccare i nostri cuori dalla terra e da tutto ciò che appartiene alla natura. Che cosa, se non la speranza di essere unita ad Isacco, avrebbe mai potuto indurre Rebecca a dire «andrò» quando suo fratello e sua madre dicevano: «rimanga la fanciulla alcuni giorni con noi, almeno una diecina»? Così, anche per noi, soltanto la speranza di vedere Gesù com’egli è, e di essergli fatti simili, può renderci capaci di purificarci, per essere puri come Egli è puro (1 Giov. 3:3).

Pedro

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