CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:17
 
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22. Capitolo 27: Giacobbe e Esaù

I capitoli da 27 a 35 ci fanno conoscere la storia di Giacobbe o, per lo meno, gli avvenimenti principali della sua vita; lo Spirito ci dà un insegnamento profondo sui consigli della grazia di Dio come pure sulla totale incapacità e la corruzione assoluta della natura umana.

22.1 L’elezione della grazia

Al capitolo 25 ho lasciato intenzionalmente da parte un passo che si riferisce a Giacobbe e che avrà un posto più indicato qui, mentre ci occuperemo di lui. «Isacco pregò istantemente l’Eterno per sua moglie, perch’ella era sterile. L’Eterno lo esaudì, e Rebecca sua moglie concepì, e i bambini si urtavano nel suo seno; ed ella disse: se così è, perché vivo? E andò a consultare l’Eterno; e l’Eterno le disse: Due nazioni sono nel tuo seno, e due popoli separati usciranno della tue viscere. Uno dei due popoli sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore» (Genesi 25:19-23). Malachia fa allusione a questo passo: «Io vi ho amati, dice l’Eterno; e voi dite: In che ci hai tu amati? Esaù non era egli fratello di Giacobbe? dice l’Eterno: e nondimeno io ho amato Giacobbe, e ho odiato Esaù» (Mal. 1:2-3). E queste parole del profeta sono citate dall’apostolo Paolo (Rom. 9:11-12): «Poiché prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell’elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama, le fu detto: il maggiore servirà al minore, secondo che è scritto: ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù».

Il consiglio eterno di Dio, secondo l’elezione della grazia, ci è così chiaramente presentato. Questa espressione: l’elezione della grazia ha una portata immensa; annienta tutte le pretese dell’uomo, e proclama il diritto di Dio di agire come gli piace. Tutto questo è della massima importanza. L’uomo non può godere di alcuna felicità reale finché non è stato condotto a chinare il capo dinanzi alla grazia sovrana. Deve agire così, dato che è peccatore e, come tale, assolutamente senza titoli per agire o per prescrivere a Dio qualche cosa. Il grande vantaggio che risulta, per noi, da questa posizione è che, quando siamo su questo terreno, non si tratta più di quello che meritiamo, ma di quello che piace a Dio di darci. Il figliuol prodigo può, per umiltà, volersi fare servo; ma dal momento che si tratta di merito, non è in effetti degno nemmeno di occupare il posto di servo; non gli resta che accettare ciò che il padre trova buono di dargli, cioè il posto più elevato, quello della comunione con Lui stesso. Non può essere diversamente, poiché la grazia coronerà tutta l’opera di Dio nei secoli dei secoli. Beati noi che sia così! Man mano che avanziamo, facendo giorno per giorno nuove scoperte riguardo a ciò che siamo, abbiamo bisogno, per essere sostenuti, dell’incrollabile fondamento della grazia. La rovina dell’uomo è senza speranza; è necessario, perciò, che la grazia sia infinita; ed essa lo è; Dio stesso ne è la sorgente, Cristo il veicolo e lo Spirito Santo la potenza che la applica all’anima e ne trasmette il godimento. La Trinità è manifestata nella grazia, per mezzo della grazia che salva il povero peccatore: «... affinché la grazia regni, mediante la giustizia, a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore» (Rom. 5:21).

La grazia non poteva regnare se non in redenzione. Nella creazione possiamo contemplare la saggezza e la Potenza; nella Provvidenza, la bontà e la longanimità; ma soltanto nella redenzione vediamo il regno della grazia e, questo, fondato sul regno della giustizia.

Ora, in Giacobbe, vediamo la potenza della grazia divina, poiché in lui abbiamo un notevole esempio della potenza della natura umana. In Giacobbe, la natura si esplica in tutta l’ambiguità delle sue vie e così la grazia si manifesta in tutta la sua potenza e la sua bellezza morale.

Dai fatti che ci sono riferiti, pare che già prima di nascere, all’atto della sua nascita e dopo, la straordinaria energia della sua natura si sia manifestata. Leggiamo che, prima di nascere, «i bambini si urtavano nel suo seno» (v. 22); al momento della nascita, Giacobbe «con la mano teneva il calcagno di Esaù» (v. 26) e, dopo la sua nascita, da un’estremità all’altra della sua carriera, non vediamo altro (pur senza escludere la fase del cap. 32) che il manifestarsi di un temperamento assai poco amabile; ma tutto ciò, come uno sfondo nero, serve a far risaltare la grazia di Colui che accondiscende a chiamarsi col nome di «Iddio di Giacobbe», con quel nome che è della grazia una commovente espressione.

22.2 Giacobbe si fa passare per Esaù

Al capitolo 27 troviamo il più umiliante quadro di sensualità, di perfidia e di astuzia; e quando, come qui, queste cose si trovano in un figliuolo di Dio, sotto quale luce triste e vergognosa esse appaiono!

Tuttavia lo Spirito Santo è sempre vero e fedele: bisogna che sveli ogni cosa; quando racconta la storia di un uomo, non può darcene un quadro incompleto; egli lo dipinge così com’è, non come non è. Così pure, quando rivela il carattere e le vie di Dio, egli ci mostra Dio tale quale è, ed è appunto ciò di cui abbiamo bisogno. Per noi è necessaria questa rivelazione di un Dio perfetto in santità e, nello stesso tempo, perfetto in grazia e in misericordia, che è potuto scendere in tutta la profondità della miseria e della degradazione dell’uomo, e là entrare in relazione con lui e farlo uscire dalla sua triste condizione, per tutta la realtà di ciò che egli è.

Ecco ciò che la Scrittura ci rivela. Dio sapeva ciò di cui avevamo bisogno e ce lo ha dato: sia benedetto il suo nome!

Ricordiamoci che, nel porre sotto i nostri occhi, nella fedeltà del suo amore, tutti i lati del carattere dell’uomo, lo Spirito Santo ha in vista semplicemente di magnificare le ricchezze della grazia di Dio e di istruirci ammonendoci. Il suo scopo non è quello di perpetuare il ricordo del peccato, cancellato per sempre agli occhi di Dio. Le sozzure, gli sbagli, gli errori di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, sono stati lavati e cancellati perfettamente e questi uomini hanno preso posto fra gli «spiriti dei giusti resi perfetti» (Ebrei 12:23); ma la loro storia rimane nelle pagine del libro ispirato perché la grazia di Dio sia manifestata e perché serva di avvertimento ai figliuoli di Dio in ogni età; e anche per farci vedere chiaramente che non è con uomini perfetti che Dio ha avuto a che fare nei tempi che ci hanno preceduti, ma con uomini che avevano «le stesse passioni che noi» (Giac. 5:17) e dei quali Egli ha dovuto sopportare gli stessi difetti, le stesse infermità, gli stessi errori per cui noi pure soffriamo ogni giorno.

Tutto questo serve a fortificare il cuore. Le biografie scritte dallo Spirito Santo sono in contrasto notevole con quelle scritte dalla maggioranza dei biografi che spesso non raccontano la storia di uomini come noi, ma di esseri esenti da debolezze e da errori. Biografie di questo tipo sono più nocive che utili, più propense a scoraggiare che ad edificare. Esse raccontano ciò che l’uomo dovrebbe essere piuttosto che ciò ch’egli è realmente. Nulla può edificare se non la manifestazione delle vie di Dio verso l’uomo così com’è, ed è quello che le Scritture ci danno.

Troviamo qui il vecchio patriarca Isacco sulla soglia dell’eternità; la terra e tutto ciò che appartiene alla natura svaniscono rapidamente dinanzi a lui; tuttavia egli è occupato delle «pietanze saporite» e sta per agire in opposizione diretta col consiglio di Dio, benedicendo il più vecchio invece del più giovane. Ecco la natura, la natura con gli occhi ormai annebbiati. Se Esaù ha venduto il diritto alla primogenitura per una minestra di lenticchie, vediamo Isacco sul punto di dare la benedizione in cambio di un piatto di selvaggina. Quanto ciò è umiliante! Bisogna tuttavia che il proposito di Dio resti invariato e Dio compirà tutta la sua volontà. La fede lo sa e nell’energia di questa conoscenza può aspettare il tempo fissato da Dio, mentre la natura, incapace di attendere, deve cercare di raggiungere i suoi scopi con mezzi di sua propria invenzione!

I due grandi fatti che emergono dalla storia di Giacobbe sono, da un lato, il disegno di Dio in grazia e, dall’altro, la natura che imposta i propri piani e i propri progetti per ottenere ciò che, senza piani e senza progetti, il consiglio di Dio avrebbe inevitabilmente fatto avvenire. Questa considerazione vale a semplificare, in maniera singolare, tutta la storia di questo patriarca e ad aumentarne l’interesse.

Nessuna grazia forse ci manca tanto, come quella di saper aspettare con pazienza e dipendere completamente da Dio. La natura agisce sempre in un modo o nell’altro, ostacolando, per quanto dipende da lei, la manifestazione della grazia e della potenza divina. Per compiere i propri disegni Dio non aveva bisogno di elementi come l’astuzia di Rebecca e la grossolana astuzia di Giacobbe. Aveva detto: «Il maggiore servirà il minore», e ciò bastava; bastava per la fede, non certo per la natura che, non sapendo cosa voglia dire dipendere da Dio, si riduce sempre a usare i propri mezzi.

Pedro

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