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02/09/2012 16:13 | |
Seconda modalità concettuale che viene utilizzata per dire che Dio è il Creatore: si dice che quando crea il mondo Dio separa le cose. Separa la luce dalle tenebre. Separa le acque che sono sopra il firmamento dalle acque che sono sotto il firmamento. Fa emergere la terra dal mare (quindi li separa). Poi si dice che ogni specie vegetale fa il seme secondo la sua specie. Quindi è tutto distinto, tutto separato. Anche gli animali generano ognuno secondo la sua specie. In altre parole si dice che la creazione è l’uscita dalla confusione, che infatti è il caos primordiale, quell’acqua su cui c’è il grande vento, o, se volete, lo Spirito che aleggia. Il caos, ciò che è informe, l’acqua in cui tutto è mescolato, la confusione.
La creazione, dice Gen 1 è uscita dalla confusione. Perché Dio distingue e separa. Se questo è ovvio, ha però delle conseguenze serie a livello antropologico. E’ ovvio perché, per esempio, un foglio di carta per esistere deve essere distinto da un altro foglio. Non dico solo che un orologio deve essere distinto da un tavolo, ma che due orologi identici, per esistere, devono essere diversi, separati, perché sennò non ce ne sono due, ma uno solo. Un foglio di carta deve essere distinto da un altro, perché altrimenti uno dei due non c’è più. Questo è talmente ovvio che noi ce lo dimentichiamo, ma è assolutamente determinante dal punto di vista antropologico, perché vuol dire, e Gen 1 ci aiuta in questo, che l’uomo deve prendere coscienza che per esistere, deve accettare di essere diverso dagli altri e perciò deve accettare che gli altri siano diversi da sé.
Perché se io non accetto la diversità dell’altro, io non esisto più, perché sono l’altro o l’altro è me. Ma perché io e l’altro possiamo esistere, e si possa entrare in dialogo e in comunione, bisogna necessariamente che siamo separati, diversi, e che questa diversità venga accettata e riconosciuta. Altrimenti è annullamento, plagio, non esistenza. Questo è vero nei confronti degli altri uomini con tutto ciò che questo comporta di accettazione della diversità, del non voler a tutti i costi che l’altro sia come vuoi tu e come decidi tu. Vuol dire nei rapporti di tipo genitoriale, sia secondo la carne che secondo lo spirito, accettare che tuo figlio sia diverso e quindi non pretendere che diventi ciò che tu avresti voluto essere, l’immagine che tu hai di te o che a tutti i costi vuoi avere di lui, perché lui è lui e tu sei tu.Pedro
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