CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 19:44
 
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 3.4 Tentazione di Adamo, tentazione di Gesù

Il versetto 6 del nostro capitolo ci presenta tre cose: «La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita» (1 Giov. 2:16), tre cose che, come dichiara l’apostolo Giovanni, comprendono «tutto ciò che è nel mondo». Dal momento in cui Dio fu escluso, queste cose dominarono il mondo. Se non dimoriamo nella beata certezza dell’amore e della verità di Dio, della sua grazia e della sua fedeltà, ci sottoporremo ad uno di questi principi e forse anche a tutti e tre; in altri termini ci sottoporremo al governo di Satana. Non esiste, strettamente parlando, libero arbitrio per l’uomo. L’uomo che si governa da sè è di fatto governato da Satana; altrimenti è Dio che lo governa. I tre grandi agenti coi quali Satana opera nel mondo sono la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita. Sono le tre cose che Satana presentò al Signore nella tentazione. Il diavolo incominciò a tentare «l’ultimo Adamo» inducendolo a sottrarsi alla posizione di assoluta dipendenza da Dio: «Se tu sei Figiluol di Dio, di’ che queste pietre divengan pani». Non chiese a Gesù di fare come il primo uomo, di innalzare se stesso al disopra di quel che era, ma gli domanda di dare una prova di ciò che era. In seguito offre a Gesù tutti i regni del mondo e la loro gloria e infine lo trasporta sul pinnacolo dei tempio e lo incita a darsi improvvisamente e miracolosamente in spettacolo all’ammirazione del popolo radunato ai piedi del tempio (confr. Matteo 4:1-11 e Luca 4:1-15). Lo scopo evidente di ognuna di queste tentazioni era d’indurre il Signore a deviare dalla posizione d’intera dipendenza in cui si trovava e dalla perfetta sottomissione alla volontà di Dio; ma tutto fu inutile. «Sta scritto»: tale fu la risposta invariabile del solo uomo dipendente, del solo uomo spoglio di se stesso, del solo uomo veramente perfetto. Altri potevano scegliere la loro propria via; ma la sua via era di fare soltanto la volontà di Dio (Ebrei 10:7). Quale esempio per il fedele, in ogni circostanza! Gesù si tenne fermamente stretto alla Scrittura e vinse; senz’altra arma che «la spada dello Spirito», sostenne la lotta e riportò un glorioso trionfo. Che contrasto tra Lui e il primo Adamo! Adamo possedeva il giardino con tutte le sue delizie; Gesù era in un deserto con tutte le sue privazioni; il primo mise la propria fiducia in Satana, il secondo confidò interamente in Dio; il primo fu completamente vinto, il secondo completamente vittorioso. Benedetto sia l’Iddio di ogni grazia che ha posto la nostra sorte fra le mani di Colui che è potente per vincere e potente per salvare!

3.5 La coscienza

Vediamo ora fino a che punto Adamo ed Eva entrano nel godimento del privilegio che Satana aveva loro promesso. Questo esame metterà in luce un punto molto importante in rapporto con la caduta dell’uomo. L’Eterno Iddio aveva tutto disposto affinché nella caduta e per mezzo della caduta l’uomo acquistasse una cosa che non possedeva prima: una coscienza: la conoscenza del bene e del male. È evidente che prima della caduta l’uomo non poteva essere dotato di questa conoscenza. Non poteva avere alcuna idea del male, fintantoché il male non era presente per essere conosciuto: era in uno stato d’innocenza, cioè d’ignoranza del male. Nella caduta e per mezzo della caduta, l’uomo acquistò una coscienza; e vediamo che il primo effetto di questa coscienza fu di turbarlo, spaventarlo e renderlo vile. Satana aveva ingannato la donna. Le aveva detto: gli occhi vostri saranno aperti e sarete come Dio, avendo conoscenza del bene e del male, ma aveva omesso una parte importante della verità, cioè che avrebbero conosciuto il male senza poterlo evitare. E il tentativo fatto da Adamo ed Eva per innalzarsi sulla scala dell’esistenza morale non fece che privarli della vera elevazione; l’uomo divenne un essere degradato, debole, tormentato dalla paura, perseguitato dalla propria coscienza: uno schiavo di Satana. «I loro occhi furono aperti», ma solo per vedere la propria nudità, la loro triste condizione. Erano «infelici, miserabili, poveri, ciechi e nudi», triste frutto dell’albero della conoscenza! Adamo ed Eva non acquistarono alcuna conoscenza nuova della bontà di Dio, alcun nuovo raggio della luce divina; il primo risultato della loro disubbidienza e della ricerca della conoscenza, fu la scoperta che erano nudi.

È bene che comprendiamo questo; che sappiamo quale è l’azione della coscienza sull’anima che può solo fare di noi degli esseri timorosi, in quanto ci dà il sentimento di ciò che siamo. Molti sbagliano a questo riguardo e credono che la coscienza conduca a Dio. L’ha forse fatto nel caso di Adamo ed Eva? No di certo e non lo farà per nessun peccatore. E come potrebbe farlo? Come potrebbe condurmi a Dio nel sentimento di ciò che sono, se questo sentimento non è accompagnato dalla fede in ciò che Dio è? Il sentimento di ciò che sono produrrà onta, rimorso, angoscia; potrà determinare da parte mia certi sforzi per rimediare alla condizione che ormai conosco, ma questi sforzi stessi, invece di condurmi a Dio, me lo nasconderanno.

Così per Adamo ed Eva, la scoperta della loro nudità fu seguita da uno sforzo da parte loro per nasconderla. «Cucirono delle foglie di fico, e se ne fecero delle cinture» (vers. 7). Questa è la prima menzione d’un tentativo fatto dall’uomo per rimediare al suo stato con mezzi di sua propria invenzione. E se consideriamo attentamente questo fatto, ne ricaveremo una profonda istruzione sul vero carattere della religione dell’uomo in tutte le epoche. Prima di tutto vediamo che il primo sforzo dell’uomo per rimediare alla sua condizione proviene dal sentimento della sua nudità; è nudo incontestabilmente e tutte le sue opere sono il risultato di ciò che egli è; tutti i suoi sforzi non lo trarranno mai da questa condizione. Devo sapere di essere vestito prima di poter fare qualche cosa di accettevole a Dio, e in questo sta la differenza fra il vero cristianesimo e la religione dell’uomo. Il cristianesimo è fondato sul fatto che l’uomo è vestito, le religioni umane sul fatto che l’uomo è ignudo. Il cristianesima ha per punto di partenza ciò che costituisce lo scopo della religione umana. Tutto ciò che il vero cristiano fa, lo fa perché è vestito, perfettamente vestito; e tutto ciò che fa l’uomo naturale religioso, lo fa per essere vestito. La differenza è immensa.

Più esamineremo la natura della religione umana in tutte le sue fasi, meglio vedremo l’assoluta incapacità di essa a rimediare allo stato dell’uomo, e anche a soddisfare al sentimento che egli stesso ha del proprio stato. La religione dell’uomo può bastare per un tempo, può essere sufficiente fin tanto che la morte, il giudizio e la collera di Dio, sono considerati a distanza, se pur avviene che vi si pensi; ma quando si giunge a vedere in faccia queste terribili realtà, si realizza in verità che la religione dell’uomo è un letto troppo corto per distendervisi, una coperta troppo stretta per avvilupparsi.

Non appena Adamo udì la voce dell’Eterno Iddio nel giardino, «temette» perché, come egli stesso confessa, «era nudo»; nudo malgrado il vestito con cui si era coperto. Quel vestito non soddisfaceva nemmeno la sua coscienza, poiché se la sua coscienza fosse stata divinamente soddisfatta non avrebbe avuto paura. «Se il cuor nostro non ci condanna, noi abbiamo confidenza dinanzi a Dio» (1 Giov. 3:21). Ma se nemmeno la coscienza umana può trovare riposo negli sforzi della religione dell’uomo, quanto meno lo potrà la santità di Dio! La cintura di Adamo non poteva nasconderlo agli occhi di Dio, ed egli non poteva comparire nudo nella sua presenza; perciò fugge e sì nasconde. Ecco quel che fa la coscienza in ogni tempo; conduce l’uomo a nascondersi dalla presenza di Dio, e tutto ciò che la religione dell’uomo può dargli non è che una coperta per nasconderlo agli sguardi di Dio; un povero rifugio poiché l’uomo deve incontrare Iddio un giorno o l’altro, e se non possiede altro che il sentimento di ciò che egli è, non può essere che spaventato e terribilmente infelice.

In verità, manca solo l’inferno, per completare il tormento di chi, sapendo di doversi incontrare con Dio, non conosce che la propria incapacità di comparire alla sua presenza. Se Adamo avesse conosciuto il perfetto amore di Dio, non avrebbe temuto, poiché «Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura, perché la paura implica apprensione di castigo, e chi ha paura non è perfetto nell’amore» (1 Giov. 4:18). Adamo non conosceva questo perché aveva creduto alla menzogna di Satana. Egli pensava che Dio fosse tutto fuorché amore; e perciò mai si sarebbe avventurato alla sua presenza. Ciò d’altronde era impossibile; Dio e il peccato non possono incontrarsi e fin tanto che vi è del peccato sulla coscienza, vi è la chiara sensazione di essere lontani da Dio. Dio «ha gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male» (Abac. 1:13). Il peccato, ovunque si trovi, non può incontrare altro che la collera di Dio.

Pedro

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