CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 
Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva

Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.293
Sesso: Maschile
19/04/2011 19:45
 
Quota

3.6 «Dove sei?»
[La rivelazione di ciò che Dio è]

Ma non vi è soltanto la coscienza di ciò che io sono; vi è pure, sia ringraziato Dio, la rivelazione di ciò che Dio è; ed è la caduta dell’uomo che ha dato luogo a questa sublime rivelazione. Dio non aveva rivelato pienamente Se stesso nella creazione; aveva manifestato per mezzo di essa «la sua eterna potenza e divinità» (*) (Rom. 1:20), ma non aveva rivelato, nella loro profondità, tutti i segreti della sua natura e del suo carattere; perciò Satana sbagliò completamente ingerendosi nella creazione di Dio e divenne, egli stesso, strumento della sua propria rovina e della sua eterna confusione: «La sua malizia gli ritornerà sul capo, e la sua violenza gli scenderà sulla testa» (Salmo 7:16). La menzogna di Satana diede occasione alla piena manifestazione della verità riguardo a Dio. Il creato solo non avrebbe mai potuto manifestare ciò che Dio è. Vi era, in Dio, infinitamente più che saviezza e potenza; vi era amore, misericordia, santità, giustizia, bontà, tenerezza, longanimità. Dove avrebbero potuto manifestarsi tutte queste cose se non in un mondo di peccatori?

_____________________
(*) Un pensiero di profonda interesse suggerisce il confronto fra i termini «teiotes» e «teotes». In Romani 1:20 è «teiotes», divinità. In Colossesi 2:9 è «teotes», deità. I pagani potevano vedere qualche cosa di sovrumano e divino nella creazione; ma la deità pura, essenziale, incomprensibile, abitava corporalmente solo nella persone adorabile del Figliuolo.
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯

Dapprima Dio discese per creare; in seguito, dopo che Satana ebbe la presunzione di ingerirsi nel creato, Dio discese per salvare. È quello che ci rivelano le prime parole dell’Eterno Iddio dopo la caduta dell’uomo: «E l’Eterno Dio chiamò Adamo e gli disse: Dove sei?» (vers. 9). Questa domanda provava due cose: che l’uomo era perduto e che Dio era venuto a cercarlo; provava da una parte il peccato dell’uomo, e dall’altra la grazia di Dio. «Dove sei?» che fedeltà, che grazia meravigliosa in questa parola! Essa rivela la triste realtà della condizione dell’uomo caduto e il vero carattere di Dio e la sua disposizione verso di lui. L’uomo era perduto, ma Dio è disceso per cercarlo, per farlo uscire dal luogo dove si era nascosto fra gli alberi del giardino, e fargli trovare, nella beata fiducia della fede, un luogo di rifugio in Lui stesso. Questo era la grazia. Per creare l’uomo dalla polvere della terra bastava la potenza, ma per cercare l’uomo nel suo stato di perdizione ci voleva la grazia. Chi potrebbe esprimere tutto ciò che è racchiuso nell’idea di Dio che cerca un peccatore? Che cosa poteva aver visto nell’uomo l’Iddio beato per essere indotto a cercarlo? Ha visto in lui ciò che il pastore vedeva nella pecora smarrita, ciò che la donna vedeva nella dramma perduta, ciò che il padre del figliuol prodigo vedeva nel figliuolo (Luca 15). Il peccatore ha del valore agli occhi di Dio!

3.7 L’uomo davanti a Dio

Ma come rispose il peccatore alla fedeltà e alla grazia dell’Iddio che lo chiamava a sè dicendogli «Dove sei?». Ahimè! la risposta di Adamo non fa che rivelare la profondità del male in cui era caduto. Ed egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura perché ero ignudo e mi sono nascosto». E Dio disse: «Chi ti ha mostrato che eri ignudo? Hai tu mangiato del frutto dell’albero del quale io t’avevo comandato di non mangiare?». L’uomo rispose: «La donna che m’hai messo accanto, è lei che m’ha dato del frutto dell’albero e io ne ho mangiato». E l’Eterno Iddio disse alla donna: «Perché hai fatto questo»? E la donna rispose: «Il serpente mi ha sedotta ed io ne ho mangiato» (vers. 10-13). Vediamo così Adamo far ricadere la responsabilità della sua vergognosa caduta sulle circostanze in cui Dio l’aveva posto, e, indirettamente, su Dio stesso. È sempre avvenuto così dell’uomo scaduto: accusa tutti e tutto piuttosto che se stesso. L’anima veramente umile usa tutt’altro linguaggio e dice: «Son io che ho peccato, son io che ho agito iniquamente» (2 Sam. 24:17). Ma Adamo non conosceva né se stesso né Dio; perciò, invece di accusarsi, rigetta la colpa su Dio.

Tale era la terribile condizione dell’uomo. Aveva perso tutto: dominio, felicità, dignità, innocenza, purezza, pace e, peggio ancora, accusava Dio di essere la causa della sua miseria. (*) Era là, peccatore perduto e colpevole, eppure giustificava se stesso accusando Dio.

_____________________
(*) L’uomo non soltanto accusa Dio della sua caduta, ma addirittura rimprovera Dio di lasciarlo in un tale stato. C’è della gente che dice di non poter credere se Dio non lo accorda loro; anche, che non possono essere salvati se non sono gli oggetto degli eterni decreti di Dio. Indubbiamente, nessuno può credere all’Evangelo se non per la potenza dello Spirito Santo; ed è altrettanto vero che chi crede così all’Evangelo è il beato oggetto dei consigli eterni di Dio. Ma tutto ciò mette forse da parte la responsabilità dell’uomo di credere alla testimonianza chiara e semplice che la Scrittura pone dinanzi a lui? No, certamente; al contrario, tutto manifesta la malvagità del cuore dell’uomo che lo porta a rigettare la testimonianza di Dio, che è chiaramente rivelata, e ad addurre a pretesto, per giustificare questo rigettamento, il decreto di Dio, mistero profondo conosciuto da lui solo. Questa scusa non gioverà ad alcuno, perché è scritto in 2 Tess. 1:8-9 che «coloro che non ubbidiscono al Vangelo del nostro Signore Gesù... saranno puniti di eterna distruzione». Gli uomini hanno la responsabilità di credere all’Evangelo, e saranno puniti se non crederanno. Non saranno responsabili di conoscere ciò che, nei consigli di Dio, non è stato rivelato, e nessuno può essere considerato colpevole se è ignorante a questo riguardo. L’apostolo poteva dire ai Tessalonicesi: «Conoscendo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione». E come la conosceva? Era forse perché aveva potuto leggere le pagine dei segreti di Dio e dei suoi eterni disegni? No, affatto! Ma «poiché il nostro Evangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole ma anche con potenza» (1 Tess. 1:4-5). Ecco ciò che fa riconoscere gli eletti: l’Evangelo che è annunziato in potenza, prova evidente dell’elezione di Dio. Chi fa dei consigli di Dio un pretesto per rigettare la Sua testimonianza, non fa altro che cercare una miserabile giustificazione per continuare a vivere nel peccato. Infatti non si cura di Dio, e sarebbe più sincero se lo confessasse francamente piuttosto che addurre un tale pretesto.
¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯

Ma proprio quando l’uomo fu giunto a questo punto Dio incominciò a rivelare Se stesso e a spiegare i disegni del suo amore redentore; in questo sta il vero fondamento della pace e della felicità dell’uomo. È solo quando l’uomo non ha più nessuna fiducia in se stesso che Dio può manifestare ciò che Egli è, e non prima. Bisogna che l’uomo sparisca completamente dalla scena con tutte le sue vane pretese, la sua vana gloria e i suoi ragionamenti blasfemi, prima che Dio possa o voglia rivelarsi. Così è per Adamo; mentre è nascosto tra gli alberi del giardino, Dio sviluppa il piano meraviglioso della redenzione per mezzo della progenie «ferita» della donna, e impariamo qui ciò che soltanto può condurre l’uomo a Dio in pace e sicurezza. Abbiamo già visto l’incapacità della coscienza a questo riguardo. La coscienza condusse Adamo dietro gli alberi del giardino. La rivelazione di Dio lo conduce nella sua presenza. La coscienza di ciò che egli era lo riempie di spavento; la rivelazione di ciò che Dio è lo traquillizza. Questo è davvero consolante per un cuore oppresso sotto il peso del peccato. La realtà di ciò che è Dio, è posta di fronte alla realtà di quel che io sono: in questo consiste la salvezza. Bisogna che Dio e l’uomo s’incontrino, sia in grazia, sia in giudizio, e li punto d’incontro si trova là dove Dio e l’uomo sono rivelati quali essi sono. Beati coloro che giungono a quel punto per la grazia; guai a quelli che dovranno incontrare Iddio in giudizio!

Iddio si occupa di noi e agisce a nostro riguardo secondo ciò che siamo; e le sue vie verso noi derivano da ciò che Egli è. Alla croce, Dio discende in grazia nelle profondità, non solo della nostra condizione negativa, ma della nostra condizione positiva, come peccatori; ed Egli ci dà, in tal modo, una pace perfetta. Se Dio è venuto a trovarmi nella vera posizione in cui mi trovo, ed ha preparato Lui stesso un rimedio che è all’altezza del male in cui sono immerso, tutto, per me, è per sempre regolato. Ma tutti quelli che non vedono così Dio nella croce, si incontreranno ben presto con Lui in giudizio, per essere trattati secondo ciò che Egli è, e secondo ciò che essi sono. Da quando un’anima è condotta a conoscere il suo vero stato, non ha riposo finché non ho trovato Dio alla croce, e allora può riposarsi in Lui.

Dio è il riposo e il rifugio dell’anima fedele; sia benedetto il suo santo Nome! Le opere e la giustizia dell’uomo sono così messe una volta per sempre al loro vero posto. Quelli che si riposano sulle loro opere e la loro giustizia, lo si può dire con certezza, non sono ancora giunti alla vera conoscenza di loro stessi; è assolutamente impossibile. Una coscienza risvegliata dalla potenza divina, non può trovare riposo altrove che nel perfetto sacrificio del Figliuolo di Dio. Tutti gli sforzi dell’uomo per stabilire la propria giustizia, provengono dall’ignoranza della giustizia di Dio. Adamo poteva imparare, nella dichiarazione riguardo alla progenie della donna, l’insufficienza della sua cintura di foglie. La grandezza dell’opera che doveva essere compiuta, metteva in evidenza l’impotenza dell’uomo per compierla.

— Bisognava che il peccato fosse tolto: l’uomo poteva forse compiere quest’opera? Certamente no, poiché è per mezzo suo che il peccato è entrato nel mondo. — Bisognava schiacciare il capo al serpente: l’uomo era forse capace? Certamente no, poiché era diventato lo schiavo di Satana. — Bisognava soddisfare alle esigenze di Dio: l’uomo poteva farlo? Non era possibile! Le aveva già calpestate. — Bisognava distruggere la morte: l’uomo ne aveva forse il potere? No, poiché egli stesso, per mezzo del peccato, l’aveva introdotta e le aveva dato il suo terribile «dardo». Così, da qualunque lato ci volgiamo vediamo la completa impotenza del peccatore, e, di conseguenza, la presuntuosa follia di quelli che pensano di poter aiutare Dio nell’opera prodigiosa della redenzione, di quelli che pensano di essere salvati altrimenti che «per la grazia, per la fede». Tuttavia, benché Adamo avesse veduto e, per grazia, fosse stato reso cosciente della propria impotenza per adempiere a tutto ciò che doveva essere fatto, Iddio gli rivelò che stava per compiere tutto Lui, per mezzo della progenie della donna. In una parola, Dio prende in mano tutta l’opera da farsi; liquida la questione fra il serpente e Se stesso; poiché, benché l’uomo e la donna dovessero, individualmente e in diverse maniere, raccogliere i frutti amari del loro peccato, tuttavia è al serpente che Dio dice: «Perché hai fatto questo?» (vers. 14). Il serpente fu la causa della caduta e della miseria dell’uomo, e la progenie della donna doveva essere la sorgente della redenzione.

Adamo udì e credette queste cose, e, nell’energia della sua fede, chiamò sua moglie «la madre di tutti i viventi» (vers. 20). Dal punto di vista della natura, Eva poteva essere chiamata «la madre di tutti quelli che muoiono», ma, per la rivelazione di Dio, la fede vedeva in essa la madre di tutti i viventi. Così pure Rachele morente pose nome a suo figlio Ben-Oni (figlio del mio dolore), ma suo padre lo chiamò Beniamino (figlio della mia destra) (Genesi 35:18).

Fu per l’energia della fede che Adamo sopportò le terribili conseguenze del suo peccato; e fu nella sua misericordia infinita che Dio gli concesse di udire quello che disse al serpente prima di parlare con lui. Se non fosse stato così, Adamo sarebbe caduto nella disperazione. Non vi è infatti per noi altro che la disperazione se siamo chiamati a considerare noi stessi, quali siamo, senza poter, nello stesso tempo, contemplare Dio quale Egli è, rivelato alla croce per la nostra salvezza. Nessun figliuolo d’Adamo può sopportare la realtà di ciò che è e di ciò che ha fatto, senza cadere nella disperazione, a meno che possa trovare il proprio rifugio alla croce. Perciò nessuna speranza può avvicinarsi al luogo in cui coloro che rigettano Cristo dovranno essere confinati. Là gli uomini avranno gli occhi aperti alla realtà di ciò che sono e di ciò che hanno fatto, senza aver la capacità né la possibilità di cercare sollievo e asilo in Dio. Allora ciò che Dio è significherà per loro perdizione senza speranza, così come ciò che Egli è implica, per il credente, salvezza eterna. La santità di Dio sarà allora eternamente contro di loro, come attualmente è motivo di gioia di tutti quelli che credono. Più realizziamo ora la santità di Dio, più realizziamo che siamo al sicuro; ma per i riprovati, questa santità stessa sarà la ratifica della loro eterna condanna!

Pedro

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:26. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com