CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 19:45
 
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  3.8 Le tuniche di pelle
[la giustizia di Dio]

Consideriamo ora brevemente la verità simboleggiata dalle tuniche con cui Iddio rivestì Adamo ed Eva. «E l’Eterno Iddio fece ad Adamo e alla sua moglie delle tuniche di pelle e li vestì». Abbiamo qui, in figura, la grande dottrina della giustizia di Dio. La tunica di cui Dio rivestì Adamo era un vero vestito, perché Dio stesso l’aveva preparato, mentre la cintura di foglie di fico era un abito inefficace e inutile perché era opera dell’uomo. Oltre a ciò, il vestito con cui Dio coprì la nudità dell’uomo aveva per origine la morte; il sangue d’una vittima era stato sparso. Non era così della cintura di Adamo.

Nello stesso modo, la giustizia di Dio è manifestata ora alla croce, mentre la giustizia dell’uomo si manifesta nelle opere delle sue mani, opere contaminate dal peccato. Vestito della sua tunica di pelle, Adamo non poteva dire come prima, sotto gli alberi del giardino, «ero nudo», e non sentiva più alcun bisogno di nascondersi. Il peccatore può essere perfettamente tranquillo, quando per fede sa che Iddio l’ha vestito; ma fino a quel momento, essere tranquillo non può essere che il risultato di presunzione o di ignoranza. Sapere che il vestito che porto e nel quale mi trovo davanti a Dio mi è stato preparato da lui stesso deve porre il mio cuore in un perfetto riposo. Non vi può essere riposo vero e permanente in nessun’altra cosa.

3.9 Fuori del giardino

Gli ultimi versetti del nostro capitolo sono molto istruttivi.

L’uomo caduto non deve mangiare del frutto del l’albero della vita; ciò gli cagionerebbe una miseria senza fine in questo mondo. Mangiare di quel frutto e vivere eternamente nella nostra attuale condizione, sarebbe l’infelicità completa e totale. Non si può aver parte all’albero della vita se non in risurrezione. Vivere per sempre in una fragile tenda, in un corpo di peccato e di morte, sarebbe insopportabile. Perciò «l’Eterno Iddio mandò via l’uomo dal giardino di Eden», lo scacciò in un mondo che, ovunque, presentava alla sua vista i tristi risultati della sua caduta. I cherubini colla spada fiammeggiante erano là per impedire all’uomo caduto l’accesso all’albero della vita mentre la rivelazione di Dio gli mostrava la morte e la risurrezione nella progenie della donna come sorgente di vita per lui, d’una vita al di fuori della potenza della morte. In tal modo Adamo era più felice e al sicuro fuori del paradiso, che non nel paradiso stesso, poiché, se fosse rimasto nell’Eden, la sua vita sarebbe dipesa da lui, mentre fuori del giardino, la sua vita dipendeva da un altro, dal Cristo promesso, progenie della donna; e quando lo sguardo di Adamo incontrava i cherubini e la spada fiammeggiante, egli poteva benedire la mano che li aveva posti là, poiché la stessa mano gli aveva aperto una via, più sicura e più felice verso quell’albero.

Se i cherubini e la spada fiammeggiante hanno chiuso la via del paradiso, il Signore Gesù ha aperto «una via recente e vivente» che conduce al Padre, nel luogo santissimo. Gesù disse «Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (confr.: Giov. 14:6; Ebrei 10:20). È nella conoscenza di queste cose che il credente cammina ora attraverso un mondo maledetto, dove le conseguenze del peccato sono ovunque visibili, avendo trovato, per fede, la via che conduce nel seno del Padre; e mentre può riposarsi quivi in segreto, è rallegrato dalla beata certezza che il suo Salvatore è andato a preparargli un posto nella casa del Padre, da dove presto tornerà per prenderlo e introdurlo con Se nella gloria del regno del Padre suo. Così il credente trova fin d’ora nel seno, nella casa e nel regno del Padre, la sua parte, la sua dimora futura e la sua gloriosa ricompensa.


4. Capitolo 4: Caino e Abele

4.1 L’uomo religioso e l’uomo di fede

Man mano che una nuova sezione del libro della Genesi si apre davanti a noi, ci sono date nuove prove che stiamo percorrendo, come in «embrione», tutta la storia dell’uomo.

Caino e Abele ci presentano i primi tipi dell’uomo religioso del mondo e del vero credente. Nati tutti e due fuori del paradiso, figli di un Adamo caduto, non avevano nulla, nella loro natura, che potesse stabilire una differenza essenziale fra loro. Tutti e due erano peccatori, tutti e due avevano una natura scaduta; né l’uno né l’altro erano innocenti. È importante discernere bene questo punto per poter anche discernere ciò che sono la grazia divina e la fede. Se la differenza fra Caino e Abele fosse dipesa dalla loro natura, ciò significherebbe che essi non condividevano la natura scaduta del padre loro e non partecipavano alle conseguenze della caduta sua: per cui l’azione della grazia non avrebbe avuto motivo di spiegarsi in loro e neanche l’esercizio della fede.

Si è voluto dire che l’uomo nasce con delle qualità e delle capacità che, ben adoperate e sviluppate, lo metterebbero nella condizione di potersi aprire una via verso Dio. Ma la Scrittura ci insegna che Caino e Abele erano nati non dentro il paradiso, ma fuori: erano figli non di Adamo innocente, ma di Adamo caduto. Sono entrati nel mondo partecipi della natura del loro padre, e sotto qualsiasi apparenza questa natura si fosse manifestata, era sempre la natura scaduta e peccatrice. Ciò che è nato dalla carne non solo è carnale, ma «è carne»; e ciò che è nato dallo Spirito non solo è spirituale, ma «è spirito» (Giov. 3:6).

Nessuna epoca diede mai occasione più favorevole per la manifestazione delle qualità, delle capacità, delle risorse e delle tendenze distintive della natura umana, quanto i tempi di Caino e di Abele. Se, per natura, l’uomo avesse posseduto qualcosa che gli avesse fatto ricuperare l’innocenza perduta e l’avesse ricondotto nel paradiso, aveva allora l’occasione di darne la prova: ma Caino e Abele erano perduti; erano «carne»; non erano innocenti, poiché Adamo perdette la sua innocenza e non la ricuperò mai più. Adamo non era che il capo scaduto di una razza scaduta; «per la disubbidienza di un solo uomo molti sono stati costituiti peccatori» (Rom. 5:19). Adamo divenne, per ciò che lo riguarda personalmente, la sorgente corrotta di una umanità scaduta, colpevole e corrotta, il tronco morto di tutti i rami di una umanità moralmente e spiritualmente morta. È vero, come l’abbiamo visto prima, che Adamo divenne un oggetto della grazia e dimostrò una fede vivente in un Salvatore promesso; ma questa fede non era attinente alla sua natura. Non era nemmeno in potere della natura il comunicarla; non era per nulla ereditaria; ma era in lui il frutto dell’amore divino, era stata impiantata in lui dalla potenza divina. Adamo poteva comunicare, secondo le vie naturali, tutto ciò che era naturale ma nulla di più. E poiché come padre era un uomo scaduto, suo figlio non poteva essere in uno stato diverso, e partecipava necessariamente alla natura di suo padre. Quale è colui che genera, tali sono coloro che sono generati da lui (parag. 1 Giov. 5:1). Quale il terreno, tali sono anche i terreni (1 Cor. 15:48).

Pedro

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