CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 
Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva

Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.293
Sesso: Maschile
19/04/2011 19:47
 
Quota

4.6 La fede e i sentimenti

«Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore» (Rom. 5:1). «Per fede, Abele offerse a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino». Qui non è questione di sentimento, come molti pensano, ma di fede in un fatto compiuto, di fede prodotta nell’anima di un peccatore per la potenza dello Spirito Santo.

Questa fede è tutt’altra cosa che un sentimento del cuore o una adesione dell’intelligenza. Il sentimento non è fede e l’adesione dell’intelligenza neppure; checché se ne dica, la fede non è cosa d’un giorno, e che il giorno dopo può non esservi più: è un principio imperituro che emana da una sorgente eterna, cioè da Dio stesso. Essa afferra la verità di Dio e pone l’anima nella sua presenza. Ciò che è solo sentimento non può mai elevarsi al di sopra della propria sorgente, e questa sorgente è l’io; ma la fede ha Dio e la Parola eterna per oggetti; è un legame vivente che unisce il cuore che la possiede a Dio che la dà. I sentimenti umani, per quanto intensi e raffinati, non possono mai unire l’anima a Dio. Non sono né divini né eterni, ma umani e passeggeri; sono come il ricino di Giona, che crebbe in una notte e in una notte seccò. La fede non è così; è un principio che partecipa a tutto il valore, a tutta la potenza e la realtà della sorgente da cui emana e dell’oggetto sul quale agisce. Per la fede, l’uomo è giustificato (Rom. 5:1). Essa purifica il cuore (Atti 15:9), opera per mezzo dell’amore (Gal. 5:6), vince il mondo (1 Giov. 5:4). Il sentimento appartiene alla natura e alla terra, la fede è di Dio e del cielo; il sentimento si occupa dell’io e delle cose di quaggiù; la fede si occupa di Cristo e porta gli sguardi sulle cose del cielo; il sentimento lascia l’anima nell’oscurità e nel dubbio, e la occupa del suo proprio stato; la fede introduce l’anima nella luce e nel riposo e la occupa della verità immutabile di Dio e del sacrificio di Cristo. La fede senza dubbio produce dei sentimenti e dei pensieri, dei sentimenti spirituali e dei pensieri veri, ma non bisogna mai confondere i frutti della fede con la fede stessa. Non sono giustificato per mezzo dei miei sentimenti e nemmeno per la fede e i sentimenti insieme; ma unicamente per la fede. Perché? — Perché la fede crede e tiene per vero quello che Dio dice e afferra Dio come si è rivelato nella persona e nell’opera del Signore Gesù Cristo. In questo sono la vita, la giustizia e la pace. Conoscere Dio quale Egli è, è la somma di ogni felicità presente ed eterna.

L’anima che ha trovato Dio ha trovato tutto ciò di cui potrà aver bisogno nel presente e nell’avvenire; ma Dio non può essere conosciuto che per mezzo della sua rivelazione e della fede che egli comunica e che ha sempre la rivelazione divina per oggetto.

Così possiamo comprendere, in una certa misura, la forza e il significato di queste parole: «Per fede Abele offerse un sacrificio più eccellente che Caino». Caino non aveva la fede; quindi offerse un sacrificio non cruento. Abele aveva la fede, perciò offerse «il sangue e il grasso» che in figura rappresentava l’offerta della vita di Cristo e l’eccellenza inerente alla sua persona. Il sangue rappresentava la vita; «il grasso», l’eccellenza della persona, perciò la legge mosaica proibiva di mangiare il sangue e il grasso. Il sangue è la vita; tuttavia il capitolo 6 dell’evangelo di Giovanni ci insegna che se non beviamo il sangue del Figliuolo dell’uomo non abbiamo la vita in noi stessi.

Cristo è la vita; non esiste una scintilla di vita al di fuori di Lui; fuori di Cristo, tutto è morte. «In Lui era la vita» e in nessun altro. Alla croce, egli lasciò la sua vita; ed è a questa vita che, per imputazione, il peccato è stato legato, allorquando Gesù fu inchiodato sul legno maledetto. Così, lasciando la sua vita, Cristo lasciò con essa il peccato che le era unito e, in tal modo, ha effettivamente tolto il peccato, avendola lasciato nella tomba; da essa poi è uscito trionfante, nella potenza d’una nuova vita, alla quale la giustizia si riallaccia in modo tanto efficace quanto il peccato era annesso all’altra vita lasciata alla croce. «La vita della carne è nel sangue: per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per far l’espiazione per le vostre persone» (Levitico 17:11). Tutto questo merita la nostra più seria attenzione, e rende più profondo nelle nostre anime la coscienza che la morte di Cristo ha perfettamente e completamente tolto il peccato. Tutto quello che rende più profonda l’intelligenza e il sentimento che abbiamo di questa gloriosa realtà, racchiude necessariamente la nostra pace e ci rende capaci di propagare più efficacemente la gloria di Cristo, per quanto questa gloria è legata alla nostra testimonianza e al nostro servizio.

4.7 Il valore del sacrificio stesso
[identificazione del uomo con la sua offerta]

La storia di Caino e d’Abele, mette in rilievo un punto molto importante, che abbiamo già toccato prima, cioè l’identificazione di questi due uomini con l’offerta che presentano. Per l’uno come per l’altro, era il carattere dell’offerta, e non la persona di colui che offriva, che era considerato. Perciò leggiamo di Abele, che Dio rese testimonianza alla sua offerta. Dio non rese testimonianza ad Abele, ma al suo sacrificio; e per mezzo di questo sacrificio Abele ricevette la testimonianza di essere giusto (Ebrei 11:4). Questo dimostra chiaramente quale è il vero fondamento della pace del credente e della sua accettazione davanti a Dio. Vi è nel nostro cuore una tendenza continua a fare dipendere la nostra pace e la nostra accettazione da qualche cosa che sia in noi o che viene da noi, benché ammettiamo che questo «qualche cosa» sia un frutto dello Spirito Santo. Da ciò il nostro continuo guardare in noi, mentre lo Spirito Santo vorrebbe sempre farci guardare fuori di noi. La posizione del credente non dipende da ciò che egli è, ma da ciò che Cristo è. Essendosi avvicinato a Dio «nel nome di Gesù» è identificato con lui e accettato nel suo nome, e non può essere rigettato, come non può esserlo Gesù nel nome del quale egli si è avvicinato a Dio. Prima di poter toccare anche il più debole dei credenti, bisogna aver a che fare con Cristo stesso, di modo che la sicurezza del credente posa su un fondamento irremovibile. Povero indegno peccatore quanto a se stesso, il credente s’è avvicinato a Dio nel nome di Cristo; è stato identificato con Cristo, accettato in Lui e come Lui, e associato a Lui nella sua vita. Dio rende testimonianza non al credente, ma al suo dono, e il suo dono è Cristo. Che pace, che perfetta consolazione! È nostro privilegio ora poter rimandare ogni fiducia della fede, ogni accusa ed ogni accusatore a Cristo e alla espiazione compiuta da Lui. Tutto, per noi, deriva da lui. Possiamo gloriarci in Lui continuamente. Non abbiamo nessuna fiducia in noi stessi, ma in Colui che ha compiuto ogni cosa per noi. Ci attacchiamo al Suo Nome, confidiamo nella sua opera, contempliamo la sua persona e aspettiamo la sua venuta.

4.8 L’omicida

Ma il cuore carnale manifesta ben presto tutta la inimicizia contro quest’ordine di verità che rallegra e soddisfa il cuore del fedele. Caino ne è l’esempio: «E Caino ne fu molto irritato, e il suo viso ne fu abbattuto». Ciò che riempie Abele di pace, riempie Caino di sdegno. Incredulo, sprezza il solo mezzo per il quale un peccatore può avvicinarsi a Dio. Invece di offrire il sangue senza il quale non vi è remissione, offre a Dio il frutto delle sue opere; poi non vedendosi gradito nei suoi peccati, mentre Abele è ricevuto grazie alla sua offerta, «è molto irritato e il suo volto ne fu abbattuto». Eppure, come poteva essere altrimenti? Dio non poteva riceverlo con i suoi peccati, e non volendo egli portare il sangue, che solo poteva farne l’espiazione, è stato respinto, ed essendo respinto, dà a conoscere, per mezzo delle sue opere, i frutti d’una religione corrotta. Egli perseguita ed uccide il testimone fedele, l’uomo gradito e giustificato, l’uomo di fede e diviene così il modello e il precursore di tutti quelli che in tutti i tempi hanno fatto una falsa professione di pietà.

In ogni tempo e in ogni luogo, l’uomo si è dimostrato più disposto a perseguitare il suo simile per i principi religiosi che per ogni altra ragione: così fu per Caino. La giustificazione piena, perfetta, senza riserva, che si ha per mezzo della fede sola, fa di Dio tutto e dell’uomo nulla. Ma all’uomo non piace essere tenuto per nulla, se ne irrita, e il suo viso ne è abbattuto: non già che abbia qualche ragione di irritarsi poiché, come abbiamo visto, non era questione dell’uomo in se stesso, ma del principio sul quale l’uomo si presentava a Dio. Se Dio avesse ricevuto Abele in virtù di qualche cosa che fosse inerente alla sua persona, Caino avrebbe avuto ragione di irritarsi ed essere sdegnato; ma dal momento che Abele era ricevuto a causa della sua offerta, e non fu a lui ma ai suoi doni che il Signore rendeva testimonianza, la collera di Caino era totalmente priva di fondamento. È ciò che dimostra la parola del Signore a Caino: «Se fai bene, non sarai tu gradito?». Questo «se fai bene» si riferisce all’offerta. Abele fece bene, cercando riparo dietro un sacrificio accettevole a Dio; Caino fece male offrendo un sacrificio non cruento; e tutta la sua ulteriore condotta non fu che la conseguenza naturale del suo falso culto.

«E Caino disse ad Abele suo fratello: Usciamo fuori ai campi. Ed avvenne che, quando furono nei campi Caino si levò contro Abele suo fratello e l’uccise» (vers. 8). In ogni tempo i Caino hanno perseguitato e ucciso gli Abele. In tutti i tempi, l’uomo e la sua religione sono gli stessi, come pure la fede e la religione della fede. E ovunque la religione dell’uomo e la religione della fede si incontrano, vi è lotta. Il crimine di Caino, come l’abbiamo notato, non era che la conseguenza naturale del suo falso culto: il fondamento di questo culto era cattivo, e tutto ciò che era edificato sopra, era anche cattivo. Caino non si fermò all’omicidio di Abele; avendo udito il giudizio che Dio pronunciò su di lui, disperando di essere perdonato, perché non conosceva Dio, «si partì dal cospetto dell’Eterno» (vers. 16).

4.9 Caino e la sua discendenza

Poi Caino edificò una città e diede origine a una famiglia in cui si coltivavano le arti e le scienze: agricoltori, musicisti, lavoratori in metalli. Non conoscendo il carattere di Dio, Caino giudicava che il suo peccato fosse troppo grande per essere perdonato; non che ne conoscesse veramente la gravità: non conosceva Dio! Il pensiero stesso di Caino riguardo a Dio è uno dei frutti spaventevoli della caduta. Non si preoccupa di essere perdonato perché non si preoccupa di Dio. Non conosce la sua vera condizione e non desidera affatto di avere a che fare con Dio, non ha nessuna vera intelligenza del principio in virtù del quale un peccatore può avvicinarsi a Lui. È radicalmente corrotto, fondamentalmente malvagio; e tutto quello che desidera è di uscire dalla presenza del Signore e di perdersi nel mondo e nelle sue imprese; pensa di poter vivere benissimo senza Dio, perciò si accinge ad abbellire il mondo meglio che può per stabilirvisi onorabilmente e rendersi rispettabile, benché agli occhi di Dio fosse sotto maledizione, fuggiasco e vagabondo.

Tale era «la via di Caino», quella via larga nella quale migliaia di persone si incamminano oggi. Non voglio dire che queste persone siano sprovviste di ogni sentimento religioso; credono anzi giusto presentare a Dio il frutto del loro lavoro, ma non conoscono né loro stessi né Dio; e cosi fanno diligenti sforzi per migliorare il mondo, rendere la vita piacevole, ornarla con ogni sorta di mezzi. Il divino mezzo di purificazione è rigettato e lo sforzo dell’uomo per migliorare il mondo lo sostituisce. Questa è veramente «la via di Caino» (ved. Giuda 11).

Come ai giorni di Caino i suoni piacevoli degli strumenti musicali impedivano che il grido del sangue di Abele si facesse udire all’uomo, nello stesso modo oggi altri suoni incantatori soffocano la voce del sangue del Calvario e altri oggetti, che non un Cristo crocifisso, attirano gli sguardi. L’uomo impegna tutte le risorse del suo genio per fare di questo mondo una serra nella quale si sviluppano tutti i frutti che la carne desidera con tanto ardore. E a questo aggiunge molta «pretesa» religiosa, poiché si è costretti a riconoscere che molto di ciò che va sotto il nome di religione, non è che uno degli elementi della grande macchina che è stata costruita per la comodità e l’esaltazione dell’uomo. All’uomo non piace essere senza religione; non sarebbe onorevole, e perciò consacra alla religione un giorno alla settimana, o almeno alcune ore; professa di dedicare del tempo ai suoi interessi eterni, per dare poi tutto il resto ai suoi interessi temporali; ma, che lavori per il tempo o per l’eternità, in realtà lavora sempre per se stesso.

Tale è «la via di Caino». Ponderate bene questo, lettore, e vedrete dove incomincia, dove tende e dove finisce una tale vita! Quanto è diversa dalla via dell’uomo di fede! Abele sente e riconosce la maledizione, vede la contaminazione del peccato e, nell’energia della sua fede, offre un sacrificio che risponde a tutto ciò e vi risponde perfettamente. Egli cerca e trova un rifugio in Dio stesso e, invece di edificare una città sulla terra, non vi trova che un sepolcro. La terra che alla superfice manifestava l’inventiva e l’energia di Caino e delle sua famiglia, era contaminata dal sangue d’un giusto. Possano ricordarsene l’uomo del mondo, il cristiano mondano e anche l’uomo di Dio: la terra sulla quale camminiamo è macchiata dal sangue del Figliuolo di Dio! Questo sangue giustifica la Chiesa, ma condanna il mondo; solo l’occhio della fede discerne, sotto le belle apparenze e lo splendore di questo effimero mondo, le tetre ombre della croce di Cristo. «La figura di questo mondo passa» (1 Cor 7: 31). La via di Caino sarà seguita «dai traviamenti di Balaam», nella sua forma completa, poi verrà «la ribellione di Core» e, dopo, l’abisso aprirà le sue fauci per ricevere i malvagi e rinchiuderli per sempre «nella caligine delle tenebre in eterno» (Giuda 11-13).

Pedro

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:14. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com