CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 19:48
 
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 5. Capitolo 5: Le generazioni di Set a Noè

5.1 La vita e la morte — la morte e la vita

A piena conferma di ciò che abbiamo detto prima, diamo uno sguardo sul contenuto del capitolo 5 che ci trasmette l’umiliante testimonianza della debolezza umana e del suo assoggettamento al potere della morte. L’uomo infatti può vivere per secoli e generare figliuoli e figliuole; ma alla fine deve pur essere detto di lui: «poi morì». «La morte regnò da Adamo fino a Mosè» e ancora: «È stabilito che gli uomini muoiano una volta» (Rom. 5:14; Ebrei 9:27).

L’uomo non può sfuggire alla morte. Non può toglierle il suo terribile dardo, con nessuna delle risorse del suo genio. Saprà trovare il mezzo di aumentare e propagare il benessere e i piaceri della vita, ma tutta la sua energia non è capace di annullare la sentenza della morte.

Da dove, dunque, è venuta la morte, questa cosa strana e spaventosa? L’apostolo Paolo ce lo insegna: «Per mezzo d’un solo uomo, il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato v’è entrata la morte» (Rom. 5:12). Tale è l’origine della morte: è venuta per mezzo del peccato. Il peccato ha rotto il legame che univa l’uomo all’Iddio vivente, ha sottoposto l’uomo all’imperio della morte senza che egli possa in nessun modo sottrarvisi. Non vi può essere comunione fra Dio e l’uomo se non nella potenza della vita. Ma l’uomo è sotto la potenza della morte e non può, per conseguenza, avere alcuna comunione con Dio nel suo stato naturale. La vita non può avere comunione con la morte più che la luce con le tenebre, o la santità di Dio col peccato. È necessario che l’uomo si avvicini a Dio sopra un fondamento, un principio del tutto nuovo: la fede; essa lo rende capace di riconoscere la sua vera posizione di uomo «venduto al peccato» e pertanto sottoposto alla morte, e gli fa conoscere, nello stesso tempo, Iddio come dispensatore d’una vita nuova, d’una vita che è al di fuori della potenza della morte e del Nemico, e che non possiamo perdere. È questo che fa la certezza del credente. Cristo è la sua vita; Cristo risorto e glorificato, Cristo vittorioso di tutto ciò che poteva esserci contrario. La vita di Adamo dipendeva dalla sua obbedienza; perciò, peccando, la perse. Ma Cristo, avendo la vita in se stesso, scese quaggiù, soddisfò a tutte le conseguenze del peccato dell’uomo, sottoponendosi alla morte, distruggendo colui che ne aveva l’imperio e diventando, in risurrezione, vita e giustizia a tutti quelli che credono nel suo Nome. D’ora innanzi, Satana non può toccare questa vita, né nella sua sorgente, né nel suo canale, né nella sua potenza, né nella sua sfera, né nella sua durata. Dio è la sorgente. Cristo risuscitato il canale, lo Spirito Santo la potenza, il cielo la sfera, l’eternità la durata. Tutto è cambiato per chi possiede questa vita meravigliosa; e benché in un certo senso, si possa dire che «in mezzo alla vita siamo nella morte», possiamo dire anche che «in mezzo alla morte siamo nella vita». Là dove il Cristo risuscitato introduce il suo popolo, la morte non esiste più. Non l’ha egli abolita? La Parola di Dio ce lo dichiara. Cristo ha fatto sparire la morte dalla scena e vi ha introdotto la vita; non è dunque la morte che il credente ha davanti a sè, ma la gloria, una gloria senza nubi. Può darsi che il credente si addormenti in Gesù; ma addormentarsi in Gesù non è la morte, ma la vita nella sua realtà. La possibile evenienza di lasciare questo mondo per essere con Cristo, non cambia la speranza del credente, che è quella di essere rapito ad incontrare il Signore nell’aria, per essere per sempre con lui e come lui.

5.2 Enoc

Enoc è qui un tipo magnifico; solo lui fa eccezione alla regola generale del cap. 5: «poi morì». Infatti «Egli non passò per la morte»; ecco l’eccezione. «Per fede Enoc fu trasportato perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio l’aveva trasportato; poiché avanti che fosse trasportato fu di lui testimoniato che era piaciuto a Dio» (Ebrei 11:5). Enoc fu il «settimo uomo da Adamo» e Iddio non permise che la morte riportasse la vittoria sul «settimo uomo»; Dio intervenne e fece di lui il trofeo della sua gloriosa vittoria su tutta la potenza della morte.

È un fatto di alto interesse. Dopo aver udito sei volte questa sentenza «poi morì», il cuore è rallegrato nel trovare un settimo uomo che non morì. E come scampò alla morte? — Per fede. «Enoc camminò con Dio trecento anni»: questo cammino con Dio per la fede lo separava da tutto ciò che lo circondava, poiché camminare con Dio porta necessariamente fuori dalla sfera e dal pensieri di questo mondo; già allora, come ai giorni nostri, lo spirito del mondo era opposto a tutto ciò che era di Dio. L’uomo di fede sentiva che non aveva nulla a che fare col mondo, nel quale non era che un testimone paziente della grazia di Dio e del giudizio futuro. I figliuoli di Caino potevano adoperare la loro intelligenza e spendere la loro forza nella vana speranza di migliorare un mondo malvagio; Enoc aveva trovato un mondo migliore e visse nella potenza di questo mondo futuro. Non aveva ricevuto la fede per migliorare il mondo, ma per camminare con Dio.

«Enoc camminò con Dio»! Quante cose implicano queste tre parole!

È evidente che Enoc non conosceva nulla del sistema, così comune, purtroppo, di trarre il maggior profitto possibile dai due mondi, dal mondo e dal cielo. Per lui non v’era che un mondo, in questo senso: cioè il cielo. Dovrebbe essere così anche per noi! «Camminare con Dio»; che separazione e che rinuncia implica! Quale santità e quale purezza morale! Quale grazia e quale dolcezza! Quale umiltà e quale tenerezza, ma anche quale zelo e quale energia! e nello stesso tempo quale fedeltà, fermezza e decisione! Camminare con Dio non vuol dire soltanto camminare secondo certe regole, oppure formare piani o prendere risoluzioni d’andare qui o là, di fare questo o quello; camminare con Dio vuol dire infinitamente più di tutto ciò, vuol dire vivere con Dio nella conoscenza del suo carattere, come ci è stato rivelato, e con l’intelligenza delle relazioni nelle quali ci troviamo con Lui. Questa vita ci condurrà, talvolta, proprio all’opposto dei pensieri degli uomini e anche di quelli dei nostri fratelli, se questi non camminano con Dio, e potrà sollevare contro noi l’opposizione di tutti: saremo accusati di fare troppo o troppo poco: ma la fede che rende capaci di camminare con Dio, insegna anche a non dare ai pensieri degli uomini più valore di quanto ne hanno.

La vita di Abele ci fornisce, come l’abbiamo visto, un prezioso insegnamento riguardo al sacrificio sul quale la fede riposa, e riguardo alla prospettiva che la speranza anticipa fin d’ora; mentre il camminare con Dio ci fa abbracciare tutti i dettagli della vita della fede. «L’Eterno darà grazia e gloria» (Salmo 84:11); e, fra la grazia che è stata rivelata e la gloria che lo sarà, vi è la beata certezza che «Egli non ricuserà alcun bene a quelli che camminano nell’integrità» (Salmo 84:11). La croce e il ritorno del Signore, sono i due punti estremi dell’esistenza della Chiesa in questo mondo, e questi due punti estremi sono raffigurati nel sacrificio di Abele e nel «trasporto» di Enoc. La Chiesa sa di essere perfettamente giustificata, per mezzo della morte e della risurrezione di Cristo, e vive nell’attesa del giorno in cui Egli verrà per prenderla presso di sè. «È in Spirito e per fede che aspettiamo la speranza della giustizia» (Gal. 5:5): la Chiesa non aspetta la giustizia poiché, per grazia, la possiede già ma aspetta la speranza che appartiene proprio alla condizione nella quale è stata introdotta.

È importante essere bene al chiaro su questo punto. Alcuni interpreti della verità profetica sono caduti in gravi errori per non aver compreso quali sono la posizione, la parte e la speranza della Chiesa. Hanno circondato «la stella lucente del mattino», che è la speranza propria della Chiesa, di tanta oscurità e di nubi così fitte, che molti credenti sembrano incapaci di elevarsi al di sopra della speranza d’un pio residuo d’Israele, e che consiste nel vedere levarsi il sole della giustizia che porta «la guarigione nelle sue ali» (Malachia 4:2). E non è tutto: molti credenti hanno perso la forza morale della speranza dell’apparizione di Cristo, per essere stati ammaestrati ad aspettare diversi avvenimenti prima della manifestazione di Cristo alla Chiesa; si è loro insegnato, contrariamente alle numerose ed esplicite dichiarazioni del Nuovo Testamento, che il ristabilimento dei Giudei, lo sviluppo della Statua di Nebucadnetsar e la rivelazione dell’uomo di peccato debbono precedere il ritorno di Cristo. La Chiesa, come Enoc, sarà tolta dalla presenza del male che la circonda e da quello a venire. Enoc non fu lasciato sulla terra per vedere l’apogeo del male e il giudizio che doveva cadere su di essa. Egli non vide «tutte le fonti del grande abisso scoppiare e le cataratte del cielo aprirsi»; fu tolto prima di questi terribili avvenimenti; e per l’occhio della fede, egli è così un tipo ammirevole di quelli che non s’addormenteranno ma che saranno mutati in un batter d’occhio (1 Cor. 15:51-52). Enoc non è passato per la morte, ma è stato mutato: e la Chiesa è chiamata ad «aspettare il Figlio di Dio dai cieli» (1 Tess. 1:10). Questa è la sua speranza, l’oggetto della sua attesa. Il credente più semplice, il meno istruito, può comprendere queste cose e goderne; può, in una certa misura, realizzarne la potenza. Se non può fare uno studio approfondito della profezia, può, Dio ne sia benedetto, gustare la felicità, la realtà, la potenza e la virtù santificante di questa speranza celeste che gli appartiene di diritto, come membro di questo corpo celeste che è la Chiesa; la speranza di cui gode non si limita all’attesa di veder levare «il sole di giustizia», per quanto buona possa essere questa speranza, ma a quella di veder brillare «la stella mattutina» (Apoc. 2:28). E, come nel mondo fisico la stella mattutina appare, a quelli che vegliano, prima del levarsi del sole, nello stesso modo Cristo apparirà alla Chiesa prima che il residuo d’Israele contempli i raggi del Sole di giustizia.

Pedro

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