CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Note sul libro della GENESI

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2011 20:27
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19/04/2011 20:27
 
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31. Capitoli da 46 a 50: Giacobbe in Egitto

Gli ultimi capitoli della Genesi trattano della partenza di Giacobbe e della sua famiglia e del loro stabilirsi in Egitto; delle azioni di Giuseppe negli anni di fame, delle benedizioni di Giacobbe ai dodici patriarchi; della morte di Giacobbe e della sua sepoltura. Non ci soffermiamo sui particolari di questi soggetti benché racchiudano ampia materia di meditazione.

31.1 La fine di Giacobbe

La fine della vita di Giacobbe è in netto contrasto con tutte le scene precedenti della sua storia, così feconda di avvenimenti. Ci fa pensare ad una sera serena che conclude una giornata burrascosa; il sole, nascosto durante il giorno dalle nuvole e dai vapori, tramonta risplendente di maestà, indorando l’occidente e promettendo un radioso domani. Per il nostro vecchio patriarca fu la stessa cosa. Tutti gli atti che hanno oscurato la sua vita, gli inganni, gli espedienti, i sotterfugi, le frodi, i timori egoisti, frutti dell’incredulità, tutte queste nuvole scure della natura umana e della terra si sono dileguate e Giacobbe appare in tutta la serenità e l’elevatezza della fede, dispensando benedizioni e conferendo dignità secondo quella conoscenza santificata che si acquista solo nella comunione con Dio.

Benché i suoi occhi siano oscurati, la vista della fede è penetrante. Non si lascia ingannare nella posizione che Dio, nei suoi disegni, ha assegnata a Efraim e a Manasse. Non fu, come suo padre Isacco nel cap. 27, «preso da un tremito fortissimo» per un funesto errore. Egli, invece, risponde con intelligenza a suo figlio, meno al corrente delle cose: «Lo so, figliuol mio, lo so». La sua vita spirituale non è stata oscurata dai sensi. Giacobbe ha imparato, alla scuola dell’esperienza, a tenersi fermamente attaccato all’intento di Dio e nessuna influenza della natura lo può distogliere.

Il cap. 48:11 ci dà un prezioso esempio del modo con cui Dio si eleva al di sopra di tutti i nostri pensieri e si mostra superiore a ogni nostra paura. «E Israele disse a Giuseppe: io non pensavo di riveder più la tua faccia; ed ecco che Iddio m’ha dato di veder anche la tua progenie». Per la natura Giuseppe era morto, ma Dio lo vedeva vivente al primo posto dell’autorità a fianco al trono. «Le cose che occhio non ha vedute e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano» (1 Cor. 2:9). Ci sia data una più ampia intelligenza di Dio e delle sue vie!

È interessante notare come sonò presentati i nomi di «Giacobbe» e «Israele» alla fine del libro della Genesi. Nel cap. 48:2 leggiamo: «Giacobbe ne fu informato e gli fu detto: ecco il tuo figliuolo Giuseppe viene da te. E Israele raccolse le sue forze e si mise a sedere sul letto». Poi la Parola aggiunge: «E Giacobbe disse a Giuseppe: l’Iddio onnipotente mi apparve a Luz». Sappiamo che nella Scrittura tutto ha un particolare significato, e l’uso alternato di questi due nomi racchiude un insegnamento per noi. Si può vedere in generale che «Giacobbe» esprime le profondità nelle quali l’uomo è sceso, «Israele» l’altezza alla quale Giacobbe è stato elevato.

31.2 Giuseppe e il Faraone

Noteremo ancora solo i timori infondati di Giacobbe, dissipati nel vedere il figlio vivente ed esaltato e la grazia manifestata in potenza sovrana che governa e dirige ogni cosa accompagnata dal giudizio, poiché i figli di Giacobbe sono costretti a scendere in quello stesso paese in cui avevano mandato il loro fratello. Non meno interessante è la grazia di Giuseppe che appare da un capo all’altro della sua vita: sebbene elevato in gloria dal Faraone egli, in un certo senso, si nasconde e lega il popolo al suo re in un obbligo perenne. Faraone dice al popolo: «Andate da Giuseppe». E Giuseppe dice loro: «Ciò che avete e ciò che siete, è di Faraone». Tutto questo è commovente e interessantissimo e trasporta l’anima, anticipatamente, al tempo in cui, per decreto di Dio, il Figliuol dell’uomo prenderà in mano le redini del governo e regnerà su tutta la creazione riscattata: allora la sua Chiesa, la Sposa dell’Agnello, occuperà il posto più vicino a lui e di maggiore intimità, secondo i consigli eterni di Dio; la casa d’Israele, pienamente ristorata, sarà nutrita e sostenuta dalla sua mano benefattrice e tutta la terra conoscerà la gioia inesprimibile di trovarsi sotto il suo scettro. Ma quando tutte le cose gli saranno state sottoposte, allora il Figlio stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa «affinché Dio sia ogni cosa e in tutti» (1 Cor. 15:28). Da tutto questo abbiamo un’idea di ciò che è racchiuso per noi nella storia di Giuseppe. Dio ci mostra chiaramente, in figura, la missione del Figlio per la casa di Israele, la sua umiliazione e il suo rigettamento, la profonda afflizione, il pentimento finale e il ristoramento d’Israele, l’unione di Cristo con la Chiesa, l’innalzamento e il governo di Cristo; e, alla fine, i nostri sguardi sono rivolti ai tempi in cui Dio sarà tutto, in noi.

È inutile aggiungere che tutto ciò che ci ha occupati in questo libro è insegnato e largamente confermato da un capo all’altro delle Scritture: non lo basiamo dunque sulla storia di Giuseppe, benché sia molto edificante trovare, già in quei tempi primitivi, le immagini di tutte quelle preziose verità e poter constatare, così, la divina unità di tutta la Scrittura.

Nella Genesi come nell’epistola agli Efesini, nei profeti del Vecchio Testamento come in quelli del Nuovo, troviamo ovunque le medesime verità. Veramente, «Ogni Scrittura è ispirata da Dio» (2 Tim. 3:16).

Pedro

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