CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Libro “Chiesa Cattolica Romana: verità o menzogna?;

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2012 18:50
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I VERSI BIBLICI CHE CONTRADDICONO IL PAPATO

Gesù diede l’appellativo di “Cefa”, vocabolo aramaico, all’apostolo Simone, ma in quale occasione? Risulta chiaro che tale epiteto gli venne imposto da Gesù dopo l’elogio della sua professione di fede. In Giov. 1:42 si preannunziava tale appellativo per un tempo futuro indeterminato; nonostante l’affermazione di Marco 3:16: “..Simone, al quale mise nome Pietro”; tale appellativo gli fu imposto non alla sua vocazione come apostolo, bensì nel momento in cui Simone confessò la messianicità di Gesù: Matt. 16:18.

Il primo contatto di Pietro con il Maestro avvenne poco dopo il battesimo di Gesù, pare di buon mattino; in quell’attimo il Maestro, con i suoi occhi penetranti e la sua scienza perfetta, scrutò ben presto Simone, così come farà quando avvertirà nell’apostolo il triplice rinnegamento. In quell’occasione (Giov. 1:42) gli preannunciò il suo futuro cambiamento di nome con la frase: “...Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa..” (Giov.1:42). Il cambiamento effettivo di nome avvenne quando poi Simone confessò Gesù come il Cristo: Matt.16:16-18.

Da notare le parole dette dall’evangelista Giovanni (Giov.1:42) prima di ciò: “e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardo e disse...”. È in questo momento che Gesù scrutando l’apostolo Simone gli profetizza che sarebbe in futuro stato chiamato Pietro, nome che Gesù stesso avrebbe in seguito imposto al momento opportuno a Simone (Matt. 16:18).

Perché mai Simone meritò il soprannome di Pietro, in Matteo 16:18? Dal contesto vediamo che ciò fu dovuto alla professione di fede attuata poco prima dall’apostolo.

Per questa confessione di fede nella missione di Gesù, Simone partecipava già alla potenza e grandezza di Cristo, meritando così di essere chiamato “pietra”, la prima in ordine di tempo di una serie di altre pietre fondanti, sulle quali si sarebbe poggiato il futuro edificio della Chiesa. Perciò l’epiteto “Cefa” (Pietro), nell’intento di Gesù, era solo un mezzo per esaltare l’importanza della sua professione di fede.

Dopo l’elogio della sua confessione di fede, Gesù impone all’apostolo l’epiteto di “Cefa” (Pietro) dicendo: “E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa...”.

L’espressione: “E anch’io” o “io pure” mette le parole di Gesù in un necessario rapporto logico con la precedente confessione pietrina: “siccome tu hai chiamato me, il Cristo, il Figlio di Dio, palesando così la mia vera natura, anch’io ti annuncio qualcosa: il tuo nome nuovo che da ora in avanti sarà Pietro e non più Simone”.

Secondo la concezione ebraica, chi riceveva il nome nuovo da un altro diveniva sottoposto all’altro ed entrava in una particolare relazione con lui.

Pedro

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I tre discepoli più intimi di Gesù sono appunto coloro che ricevettero dal Cristo un nome nuovo: Simone fu chiamato “Cefa” (Pietro), Giacomo e Giovanni furono chiamati “Boanerges” (figli del tuono). Per gli ebrei il nome non era un “accessorio” dell’individuo, ma ne esprimeva l’ultima essenza. I figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, per la loro impetuosità, pronti a scagliare anatemi a destra e a sinistra, furono chiamati appunto “figli del tuono”: Marco 3:16-17; Luca 9:49-56.

Abramo si vide mutato il nome in Abraamo, perché sarebbe stato costituito da Dio “padre di una moltitudine di nazioni” (Genesi 17:5), con ciò però non vi sono stati successori di Abraamo. Giacobbe fu chiamato “Israele”, perché vinse “la lotta con Dio e con gli uomini” e divenne così il capostipite del popolo eletto (Genesi 32:28). Gesù ebbe tale nome, perché sarebbe stato Colui che avrebbe salvato il popolo ebraico (Matt. 1:21). Simone fu chiamato “Cefa”, perché doveva essere una pietra da fondamenta della Chiesa nascente.

Pietro aveva un fratello di nome Andrea ed era già sposato quando conobbe Gesù, e teneva sua suocera con sé: Matt. 8:14. Lasciata temporaneamente la moglie per seguire Gesù più da vicino (Luca 18:28-29), la riprese più tardi e la condusse con sé nei suoi viaggi missionari. Pietro, Giacomo e Giovanni formarono il cerchio delle persone più intime di Gesù, come appare dal passo che racconta la resurrezione della figlia di Iairo (Marco 5:37), e da quello che racconta la trasfigurazione di Gesù (Marco 9:2); sul monte degli ulivi chiesero a Gesù quando si sarebbe avverata la distruzione di Gerusalemme (Marco 13:3); essi furono vicini al Maestro anche durante la preghiera nell’orto del Getsemani (Marco 14:33). Questi furono anche i tre apostoli ai quali Gesù pose il nome nuovo.

Pietro, per il suo carattere ardente e impetuoso, era il naturale trascinatore degli altri apostoli.

I vangeli lo presentano spesso quale “portavoce” degli altri apostoli, per cui spesso Pietro risponde a nome degli altri, come, ad esempio, in Matt. 16:14-19. A Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani, alla domanda di Gesù se anche loro (i dodici) se ne volevano andare, Pietro risponde a nome di tutti: Giov. 6:68.

Quando Pietro confessò Gesù come il Cristo, il Figliolo di Dio, non è però detto che egli comprendesse tutte le implicazioni teologiche incluse nella sua confessione. Sarà lo Spirito Santo che successivamente conferirà agli apostoli la visione completa del Cristo, quale Messia spirituale e Figlio di Dio. I teologi cattolici danno un enorme risalto a questi interventi particolari di Pietro, come portavoce, per dedurne che egli era il Capo del collegio apostolico. Se tale fenomeno avesse avuto inizio solo dopo il “tu sei Pietro e...” potremmo forse avere qualche “dubbio”, ma il fatto che esso sussista sempre, anche prima dell’elogio di Gesù, vieta di interpretarlo come prova della sua missione di Capo e Vicario di Cristo; tali fatti provano solo il carattere dinamico e forte dell’apostolo che possedeva eminenti doti di iniziativa personale e di entusiasmo propulsore. Inoltre, vediamo come anche dopo l’elogio di Gesù fatto a Pietro, gli apostoli discutono fra loro su chi potesse essere il più grande o il capo, ma Gesù risponde con fermezza che fra di loro nessuno sarebbe stato o dovuto essere maggiore o superiore.

Pedro

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Anche nel suo lavoro di pescatore, fra i suoi soci (Andrea, Giacomo e Giovanni), egli forse per un’età più matura, ma certamente anche per il carattere forte, godeva di un certo rispetto indiscusso tra gli stessi Zebedei che sono detti “soci di Simone” (Luca 5:10). Tali episodi provano che Pietro avesse un’innata attitudine al comando, ma non provano assolutamente la sua superiorità fra gli apostoli o che lui ne fosse il Capo, come vedremo più avanti. Il passo di Marco 3:16 vuole semplicemente identificare l’apostolo Simone con colui che era, ormai al tempo in cui Marco scriveva, meglio noto come Cefa/Pietro. Anche Giacomo e Giovanni ricevettero un soprannome: “Boanerges” (Marco 3:17), benché tale epiteto sia stato imposto loro in un’altra circostanza posteriore al passo evangelico di Marco 3:17. Tutte le attività umane sono gestite da un Capo o comunque da qualcuno di autorità che le amministra.

Il mondo è pieno di governi con i loro Capi a reggerli, d’istituzioni umane organizzate con gerarchie per avere l’autorità sugli altri. Nella Chiesa di Dio, che non è un’istituzione umana, pensate che valga la stessa cosa? No, di certo! È lo stesso Signore Gesù ad averlo stabilito: Marco 10:42-44 “Ma Gesù, chiamateli a sé, disse loro: ”. Fra gli apostoli non vi era alcun Capo, ma essi amministravano la Chiesa avendo tutti voce in capitolo.

Atti 15:22-25: “Allora parve bene agli apostoli e agli anziani, con tutta la chiesa, di scegliere tra di loro alcuni uomini da mandare ad Antiochia con Paolo e Barnaba: Giuda, detto Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli. E consegnarono loro questa lettera: ”. Da questo passo risulta chiaro che gli apostoli agivano di comune accordo, senza che alcuno avesse il comando o l’autorità sugli altri (Marco 10:42-45; ecc.).

Pedro

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È evidente, qui, che non vi era alcun Capo; questi versetti forse farebbero intendere che ci fosse il Primato di Pietro sugli altri apostoli, come avviene oggi con il Sommo Pontefice?

No, di certo! E in qualche modo lo farebbero invece intendere i versetti 18 e 19, del capitolo 16 di Matteo? Nemmeno!

Un altro esempio è in questo passo: Atti 8:14. Qui la Scrittura dice che gli apostoli “mandarono in Samaria Pietro e Giovanni...”; dov’è il Primato di Pietro e la sua autorità sugli altri? Un Papa, un Capo, non è mandato da nessuno ma è egli che manda.

Poco dopo la scena descritta dall’evangelista in Matt. 16:18, in Matt. 18:1-4 gli apostoli discutono tra di loro per sapere chi fosse il maggiore, il che sarebbe strano se Gesù avesse già stabilito Pietro come Capo. Gesù, invece di indicare Pietro, afferma che fra di loro non vi deve essere alcuno maggiore degli altri.

Colossesi 1:18: “Egli (Cristo) è il capo del corpo, cioè della chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato”.

Colossesi 2:8-10: “Guardate che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vani raggiri secondo la tradizione degli uomini e gli elementi del mondo e non secondo Cristo; perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza”.

Efesini 1:22-23: “Ogni cosa egli (Dio Padre) ha posta sotto i suoi piedi (Gesù) e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti”.

Isaia 28:16: “Perciò così parla il Signore, DIO: ”.

Pedro

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In Atti 4:11-12 Pietro dichiara: “Egli (Gesù) è . In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”.

In 1 Pietro 2:4-8 Pietro afferma: “Accostandovi a lui (Gesù), pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella Scrittura: . Per voi dunque che credete essa è preziosa; ma per gli increduli . Essi, essendo disubbidienti, inciampano nella parola; e a questo sono stati anche destinati”.

Paolo nella sua lettera agli efesini c.2:19-21 dice: “...ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si và innalzando per essere un tempio santo nel Signore”. Notate come Paolo fa capire che l’edificio intero poggia, nella completezza di ogni cosa, sulla pietra angolare (Gesù) e non riceve la sua solidità per azione diretta dalle pietre fondamenta (apostoli), ma dalla pietra angolare (Gesù). L’azione delle pietre da fondamenta è indiretta, non diretta come quella della pietra angolare.

Paolo in 1 Corinzi 3:11 dice: “poiché nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù”.

Gesù è il Capo della sua Chiesa, cioè del popolo credente. La Chiesa di Gesù è quella assemblea universale di veri credenti, che ha come Capo il Cristo, il Figliolo di Dio, e che mette in pratica i suoi insegnamenti, ed è anche la sua promessa sposa. Questa Chiesa non è un edificio fatto di marmo e pietre scolpite, ma è fatta di individui, di credenti rigenerati, sparsi in tutto il mondo, con la sana ansia e la gioia immensa nell’aspettare la sua prossima venuta, come farebbe una donna che aspetta il suo promesso sposo, il quale tarda a venire per maritarla. Quando gli apostoli e gli altri anziani si riunirono nel Concilio della Chiesa a Gerusalemme, non appare che questo (il Concilio) sia presieduto da Pietro, bensì da Giacomo, e le decisioni del consiglio vengono annunziate alle chiese non nel nome di Pietro, ma nel nome di tutti gli apostoli e i fratelli anziani (Atti c.15).

Pedro

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Nella lettera agli efesini c.4:11 l’apostolo Paolo scrive: “È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori”.

In questo versetto (Efesini 4:11) dove vengono elencati i vari ministeri nella Chiesa, compreso quello dell’apostolato, non si fa menzione al ministero o all’ufficio del Papato. Nemmeno un accenno! Paolo non avrebbe esitato ad elencarlo, perché sarebbe stato l’ordine ministeriale più importante.

Leggiamo anche 1Corinzi 12:28, Paolo dice: “E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue”.

Dov’è finito il ministero del Papato? Vediamo che al primo posto vi sono gli apostoli, poi tutti gli altri, ma il Papa dov’è?

C’è da aggiungere anche che i fratelli credenti “comuni” non sono nella dignità inferiori a coloro che hanno il ministero di apostoli, questi ultimi sono solo incaricati ad un ministero più importante e che li impegna più esclusivamente, ma tutti, senza esclusione, sono pietre viventi dell’edificio della Chiesa, ovvero membra del corpo di Cristo. Nessun membro del corpo celeste di Cristo può ritenersi superiore ad un altro, perché il Capo assoluto è Cristo, e noi, tutti, siamo suoi servitori.

Dopo l’ascensione di Gesù, gli apostoli vogliono nominare un altro apostolo per sostituire Giuda Iscariota (che si era suicidato dopo aver tradito Gesù), e invece di rimettersi al giudizio di Pietro, come avrebbero dovuto fare, se Pietro fosse stato il loro Capo, tirano a sorte. E come se non bastasse, non è neppure Pietro che suggerisce i due nomi preposti: Atti 1:23-26.

In 2Corinzi 1:24 Paolo dice: “Noi non signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché nella fede già state saldi”. Paolo quindi esclude di voler esercitare un magistero di potere sulle coscienze dei credenti.

In Matt. 16:23 si legge: “Ma Gesù, voltatosi disse a Pietro: ”.

Pedro

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26/02/2012 19:38
 
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È inverosimile l’investitura di Pietro a Capo degli apostoli, in quanto nello stesso contesto, subito dopo il “tu sei Pietro...”, secondo lo schema letterale dell’evangelista Matteo, Gesù si rivolge a lui in quei termini poco gratificanti. È chiaro che, mentre prima Gesù ha esaltato la confessione di fede di Pietro, ponendolo nella visuale di una pietra di fondamenta per l’edificio della sua Chiesa, ora, vedendo vincere nell’apostolo la carnalità, il pensiero umano, anziché quello divino (in Matt. 16:16-18 Pietro era stato ispirato dallo Spirito di Dio, qui, invece, da Satana), lo ammonisce, rivelandogli come il suo ragionamento non poteva rientrare nel senso delle cose di Dio. Da queste parole di Gesù si può intendere, in modo implicito, come nessun uomo, il quale è fallibile (nessuno escluso), possa essere un Capo della sua Chiesa, prima, perché Egli solo ne è il Capo, secondo, perché l’uomo si dimostra, spesso e volentieri, errante e posseduto da pensieri umani più che di quelli divini.

Nel N.T. vi sono due lettere scritte da Pietro, dove egli non fa mai il minimo accenno al suo ipotetico Primato nella Chiesa, anzi, in Atti 4:11-12 ci fa sapere che Gesù Cristo è la pietra angolare e fondamentale della Chiesa.

È da notare, poi, che solo nel vangelo di Matteo (c.16:13-20) si parla del “tu sei Pietro e su questa pietra”; Marco e Luca, pur narrando la medesima circostanza del passo mattaico, non ne fanno alcun accenno (Luca 9:18-21; Marco 8:27-30) e Giovanni nel suo vangelo non accenna neppure all’avvenimento. Questo sarebbe molto strano vista l’importanza che i teologi cattolici romani danno a questo versetto, come rivelazione da parte di Cristo del Papato. Gli altri evangelisti che, al tempo in cui scrissero, sarebbero dovuti ben essere a conoscenza del Primato di Pietro, del suo ufficio Supremo, non avrebbero (Luca e Marco), per uno strano motivo e una strana coincidenza, narrando l’avvenimento di Cesarea, parlato dell’investitura di Pietro come Capo, ovvero: “tu sei Pietro e su questa pietra...”.

È evidente che Marco, Luca, Giovanni e Matteo alle parole di Gesù non avevano attribuito l’interpretazione della Chiesa Romana, altrimenti si sarebbero ben guardati dal dimenticare (Luca, Giovanni e Marco) parole così importanti per la rivelazione di un Capo della Chiesa o di un Vicario di Cristo sulla terra (Papa).

Pietro non è mai stato nominato Vicario di Cristo, infatti se lo fosse stato, se ne troverebbe almeno qualche traccia o allusione nel libro degli Atti degli apostoli o nelle lettere del N.T., ma questo non avviene mai. Non risulta neppure una volta che Pietro abbia esercitato un’autorità di comando sugli altri apostoli nella Chiesa, nemmeno una sola volta.

Atti 10:25-26: “Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si inginocchiò davanti a lui. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: ”.

Pedro

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26/02/2012 19:38
 
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È interessante leggere questi versetti di Galati 2:11-14 (qui scrive Paolo): “Ma quando Cefa (Pietro) venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: ”. Notiamo come, anche qui, Pietro non sia considerato come un Capo, un Pontefice, visto l’atteggiamento “aggressivo” e di “giudizio e condanna” di Paolo nei suoi confronti e né tanto meno questi lo ritiene “infallibile”.

Nell’anno 1870 la Chiesa Romana tocca il colmo dell’apostasia. Papa Pio IX stabilì il dogma dell’infallibilità papale, quando invece apprendiamo nel passo di Galati che persino Pietro, l’apostolo testimone della vita, morte, risurrezione e ascensione del Cristo, non fu infallibile, tanto meno possono esserlo stati (ed essere) i suoi fantomatici successori (Papi). Leggere anche Matt. 16:23.

Nessun uomo è degno di “Sua Santità”, “Santo Padre”, “Papa”, “Pontefice Massimo”, ecc., inoltre se Cristo avesse bisogno di un Vicario, di un Capo, che faccia le sue veci sulla terra, significherebbe che Egli è in qualche modo del tutto assente o nell’impossibilità di agire direttamente nella sua Chiesa. Invece Gesù è sempre presente nella sua Chiesa, nel suo corpo, nel suo popolo credente sparso in tutto il mondo; Egli lo guida con lo Spirito Santo, il Consolatore. Per quanto riguarda la presenza di Gesù e dello Spirito Santo nella Chiesa si leggano: Giov. 14:15-19; Matt. 18:20.

Pietro stesso ha definito tutti i credenti cristiani come tante pietre viventi che entrando nella struttura dell’edificio di Cristo formano una casa spirituale (1 Pietro 2:5). Di queste pietre viventi l’apostolo Pietro è stato storicamente la prima, perché per primo riconobbe in Gesù, con decisione e fermezza, il Cristo atteso, il Figlio di Dio. Inoltre, la sua confessione di fede non costituisce alcun merito personale, perché essa stessa gli fu suscitata e rivelata dal Padre Eterno: “perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli”(Matt.16:17). Infatti poco dopo aver esaltato in Pietro la rivelazione del Padre e aver onorato la parte spirituale di Simone, chiamandolo col nome nuovo di Pietro, nel v.23 dello stesso capitolo 16 di Matteo, Gesù disonora Pietro mettendo in risalto la sua natura carnale e umana. Gesù ha, in pratica, voluto onorare solo la parte spirituale di Pietro. Con questo nuovo nome (cioè Pietro), Gesù non lo fa Capo degli altri apostoli. Leggere anche Luca 9:18-21; c.9:46-48; Matt.16:22-23; c.18:1-4; Marco 8:27-30; c.9:33-37.

Pedro

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26/02/2012 19:39
 
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Se Pietro ha un primato, questo, è quello di essere stato il primo a riconoscere Gesù con forza e convinzione come il Cristo Divino, e di essere così diventato storicamente il primo vero credente, perché credente di Gesù come il Cristo di Dio, quindi cristiano, e, inoltre, diviene pietra da fondamenta, perché allineatasi, alla base dell’edifico futuro, in connessione con la pietra angolare da fondamenta (Cristo Gesù). La “pietra”, Pietro, è stata già cementata e altre ve ne sono state cementate sopra di essa, da quel tempo; oggi l’edificio di Cristo si è innalzato in altezza e quindi si possono solo aggiungere pietre viventi come continuazione dei piani superiori di questo edificio. Non si possono più porre nuove pietre da fondamenta da allineare alla base dell’edificio in connessione con la pietra angolare da fondamenta (Cristo), perché ciò vorrebbe dire demolire, ogni qualvolta si pretenda di presentare un nuovo Pietro (un suo successore), l’edificio intero per riporre nuovamente le fondamenta. Ecco un altro motivo decisivo per cui non possono, in alcun modo, esserci altri successori di Pietro (pietre da fondamenta), perché le fondamenta sono state poste una volta per sempre alla base dell’edificio, allineate in una connessione eterna alla pietra angolare (Cristo Gesù).

Pietro, avvicinatosi con la sua confessione di fede alla pietra angolare da fondamenta (Cristo), divenne anch’egli, per azione diretta, una pietra da fondamenta, pronta a suo tempo per essere gettata alla base su cui doveva poggiare l’edificio intero (la Chiesa). L’apostolo Simone poté essere una pietra da fondamenta, solo ed esclusivamente, perché egli fu testimone vivente della vita e degli insegnamenti di Gesù (per azione diretta), oltre ad essere stato scelto, personalmente e direttamente, per questo, da Dio. Tutto questo rende impossibile, in modo assoluto, che un uomo (Papa cattolico) possa pretendere di rivestire il ruolo che ebbe Pietro, e in più, associare alla sua persona onori, privilegi e potestà che Pietro non ebbe mai.

Il Papa non è successore di Pietro. L’apostolo Simone non fu mai Papa e nemmeno cattolico romano, oltre al fatto che ai suoi tempi il cattolicesimo romano non era ancora nato. Prima di convertirsi egli era un pescatore ed era sposato (Marco 1:29-31; Luca 4:38-39; Matt.8:14-15).

La parola “Papa” non si trova nella Bibbia; il titolo di “Papa”, cioè Vescovo Universale, o Padre Universale, fu rifiutato da molti vescovi, nei primi secoli della Chiesa e fu dato ufficialmente al Vescovo di Roma dall’empio Imperatore Foca nell’anno 607 per ragioni politiche. Gesù è il Capo della Chiesa, lo Spirito Santo è la guida, e la Bibbia l’unica norma di fede e di pratica. La Chiesa di Cristo è composta esclusivamente da credenti nati di nuovo per la conversione a Cristo Gesù, battezzati con ravvedimento e con la piena coscienza di vivere con e per Cristo. Gesù non ordinò sacerdoti per la sua Chiesa, figuriamoci poi, un “Santo Padre”, un “Vicario” di Cristo (Ebrei 7:21-28; Ebrei c.8; Ebrei c.9; Ebrei 10:11-18); Gesù è il Sommo Sacerdote che sussiste in eterno, ed è potente tanto da poterci in ogni tempo soccorrere e salvare. Nell’A.T., prima della Chiesa di Cristo, nella religione ebrea vi era il sommo sacerdote, ma venuto Cristo, Egli stesso è diventato l’unico e vero Sommo Sacerdote Vivente in eterno. Mentre quegli uomini dovevano sempre essere succeduti, ed erano e rimanevano comunque dei peccatori, oggi noi abbiamo un Sommo Sacerdote senza peccato, che vive in eterno, che può redimerci dai peccati, e che può salvarci. Egli è Dio Vivente ed è anche l’unico che può intercedere sempre e per noi presso il Padre celeste: 1Timoteo 2:5-7.

Pedro

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Leggere 1Timoteo 3:1-13; 1Timoteo 4:1-10; Tito 1:5-6; 1Corinzi 9:5. Il divieto di sposarsi per i vescovi (anziani o presbiteri) e gli apostoli non è biblico. Notate come il verso 3 del capitolo 4 di 1 Timoteo, contiene una profezia ben specifica che si è verificata nel seno della Chiesa Cattolica Romana. I nomi “Santità”, “Santo Padre” fanno parte esclusivamente della persona di Dio (leggere Isaia 6:3); pretendere di chiamare e designare una creatura umana con tale onore e titolo è una cosa così abominevole nei riguardi di Dio che Egli non lascerà certamente impunita. L’uomo è per natura un peccatore, non può avere un tale onore. Pensate un po’ ai Papi del Medioevo, durante l’Inquisizione e le Crociate, avreste, voi, chiamato tali individui “Santo Padre”, “Sua Santità”? Matt. 23:1-12: “....amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: ‘Rabbí!’. Ma voi non vi fate chiamare ‘Rabbí’; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra, vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo; ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. Chiunque si innalzerà sarà abbassato, e chiunque si abbasserà sarà innalzato”. Il Papato è una pura invenzione storico-pagana da parte di uomini infedeli e disubbidienti alla Parola di Dio. (Vedere per ulteriori argomentazioni a riguardo lo studio: “Tradizione e Sacra Scrittura”).

Nel momento in cui l’apostolo Simone parlò sotto ispirazione divina, il Signore lo lodò. Quando poi argomentò in maniera umana (Matt. 16:21-23), diventò un laccio e fu rimproverato. Dio ha permesso che ciò avvenisse, affinché nessuno facesse o pensasse qualcosa di particolare della persona di Pietro. Per tutti coloro, che argomentano in maniera umana e non sperimentano alcuna rivelazione divina, vale l’ammonizione espressa dal Signore a Pietro. Dai tempi più remoti, gli uni hanno compreso correttamente, gli altri hanno frainteso e interpretato male quel che il Signore diceva. Egli si rivelava a coloro che lo sperimentavano, lo conoscevano e avevano comunione con Lui. Per tutti coloro, che solo udivano e parlavano di Lui, egli rimase nascosto, estraneo e lontano. La Chiesa cattolica Romana, come già esposto, ebbe origine non 2000 anni fa, come si pensa, ma 1600 anni fa e non ci deve sorprendere, dunque, il fatto che né le sue dottrine, né le sue pratiche concordino con quella della Chiesa primitiva. Alcune dottrine fondamentali come il battesimo, la Santa Cena, e così via, sono rimaste in seno alla Chiesa Cattolica, ma hanno un significato completamente diverso e non vengono praticate nello stesso modo come nel cristianesimo primitivo, come hanno insegnato Cristo e i suoi apostoli. La Sacra Bibbia non ci parla di Papi, né di un “successore di Pietro”, né di un “Vicario di Cristo” e tanto meno di una successione apostolica. Per giustificare delle pretese completamente arbitrarie, si è fatta violenza a certi passi biblici e alle parole di Cristo. Il Signore Gesù fece un serio rimprovero ai capi religiosi del suo tempo: “Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” Luca 11:52. Non potremmo oggi trovarci nella stessa situazione, o peggio ancora? Sicuramente!

Pedro

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26/02/2012 19:39
 
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Quel che l’apostolo Pietro dichiarò essere valido alla fondazione della Chiesa di Cristo, cioè conversione, ravvedimento e battesimo in acqua per la remissione dei peccati (Atti 2:38), venne dichiarato sotto la guida dello Spirito Santo, per questo vale nel cielo esattamente come sulla terra. L’infallibilità papale non è che l’ultima conseguenza dell’infallibilità attribuita da parte cattolica alla Chiesa Romana, la quale, nella sua parte direttiva “vescovo o Papa”, è divenuta “Chiesa docente”. I rappresentanti della parte cattolica, alla disputa di Losanna del 1536, asserivano: “. Perciò la sacra scrittura và esposta: . Gesù Cristo si identifica in tal modo con la Chiesa e specialmente con il Papa, per cui ogni appello . . ”.

Pedro

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26/02/2012 19:40
 
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Per restare fedeli al vangelo occorre far sentire, invece, che non vi è una Chiesa docente, ma solo una Chiesa discente che sempre impara da Cristo, che è l’unico Maestro e il cui insegnamento è stato racchiuso, una volta per sempre, nella Parola di Dio (Bibbia).

Matt. 23:8: “..uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli”. Occorre dimostrare che la Chiesa è “figlia nata dalla Parola di Dio, non madre della Parola di Dio” e che sta perennemente “tutta intera sotto l’autorità ultima della verità rivelata”.

Giov. 20:31: “ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliol di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”. La Chiesa è la famiglia di coloro che sono “discepoli”, “scolari” di Cristo. Essa non è la “verità”, ma la “colonna della verità”, in quanto come le colonne dell’antichità, su cui si appendevano i decreti imperiali, presenta a tutto il mondo l’invariabile messaggio salvifico dell’evangelo, che è l’amore di Dio incarnatosi in Cristo Gesù. La Chiesa di Roma si gloria di possedere lo Spirito Santo, deducendone la sua indipendenza nei riguardi della Parola di Dio.

Ritornando al discorso di prima su Pietro, è comunque un fatto certo che il celebre passo di Matt. 16:18 non fu interpretato da Pietro stesso e dagli altri apostoli, come lo interpreta oggi la Chiesa Cattolica Romana. Non c’è dubbio che Pietro svolse un ruolo importante e decisivo nella Chiesa degli inizi, ma solo per qualche tempo, considerando che il libro degli Atti degli apostoli si occupa per lo più di ciò che fece Paolo, e nelle Scritture non si fa alcuna differenza tra ciò che fece Paolo e ciò che fece Pietro. Dopo gli essenziali insegnamenti di Cristo rivelati a Pietro, per mezzo della guida dello Spirito Santo, che li pose nella Chiesa in modo perenne, Cristo usò anche Paolo e molti altri, sia con ispirazioni, che con rivelazioni.

Tutti i cristiani sono “pietre viventi” poggiate e connesse “direttamente” sulla pietra angolare vivente (il Signore Gesù Cristo), in quanto allineate e posizionate nell’edificio, in funzione di essa.

Pedro

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26/02/2012 19:40
 
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Nella lettera ai galati, al capitolo 2 versi 11-16, è raccontata la circostanza in cui Paolo rimprovera a Pietro un comportamento ipocrita, e non viene detto quale sia stata la reazione di Pietro al suo rimprovero, che comunque non fece leva su un suo presunto “Primato”, per giustificarsi; se l’avesse fatto, sarebbe stato un evento troppo importante da non trascurare nella trascrizione di quella lettera. Non troviamo qui il minimo accenno ad una simile reazione. Tutto questo, dunque, ridimensiona molto il ruolo avuto da Pietro nella Chiesa primitiva; tra la posizione dell’apostolo Pietro, allora, e quella di oggi del Papa, nella Chiesa Romana, c’è un abisso che neanche le più sofisticate argomentazioni della teologia cattolica possono e potranno mai colmare. Quando Paolo parla a Pietro, nel passo prima citato, attesta proprio che, a riguardo di Pietro, c’era bisogno di un chiarimento di idee di ordine dottrinale e di ordine morale, e questo fu proprio quello che Paolo fece, sottolineando il fatto che ormai le “opere della legge” non avevano più il valore di un tempo, perché ora si era giustificati dinnanzi a Dio “mediante la fede” (anche se implicitamente ciò valeva anche nell’antico patto) esclusivamente in Cristo (c.2, v.16). Può essere davvero possibile che, se Pietro era destinato ad essere il Capo della Chiesa, egli stesso, al quale Gesù rivolse le parole in modo personale descritte nel passo mattaico, non le intese come una dichiarazione da parte di Gesù che egli doveva diventare il Sovrano della Chiesa universale, della quale è invece Capo assoluto il Cristo? Di norma, cari teologi cattolici, la persona interessata, nei riguardi dell’ipotetico privilegio dato da Gesù a Pietro, avrebbe certamente dovuto comprendere meglio il senso di quelle parole riguardo alla sua persona e non dei “dottori e teologi cattolici”, molti secoli dopo.

È chiaro che se Pietro non le interpretò in quel modo, e possiamo vederlo dalla Sacra Scrittura, ma anche da tanti altri documenti storici della Chiesa primitiva e post-primitiva, dico, che se Pietro non intese le parole di Gesù nel senso cattolico, è mai possibile invece che secoli dopo, ipotetici successori di Pietro, estranei dal discorso personale di Pietro con Gesù, ne abbiano capito il vero senso?

Se rivolgo una parola in modo diretto e personale a qualcuno, chi potrebbe cogliere maggiormente il giusto senso del mio messaggio se non proprio il diretto interessato? Qualcun’altro, secoli dopo, al quale io non ho né parlato, né diretto nulla, potrebbe capire meglio il messaggio che ho dato direttamente e personalmente ad un altro?

Un Papa, un Capo, non avrebbe avuto la necessità di giustificarsi davanti ad altri credenti, soprattutto nel modo in cui agì Pietro in Atti 11:1-18.
Pedro

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26/02/2012 19:41
 
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CHIAVI DEL REGNO DEI CIELI


Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto 553, riguardo alle chiavi del regno dei cieli, dice: “Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: (Mt. 16,19). Il designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù “il Buon Pastore” (Gv. 10,11), ha confermato questo incarico dopo la resurrezione: (Gv. 21,15-17). Il potere di indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno”.

Le “chiavi” simboleggiano diversi fatti nella Bibbia, per cui occorre stabilire bene il senso che li attribuisce Gesù e vedere quale simbolismo Cristo ricolleghi al concetto “chiavi” del passo di Matteo16:19. (Che non vi attribuisca quello di autorità vicaria, risulta da molti passi biblici, sui quali torneremo in seguito. Sul labbro di Gesù, le “chiavi”, del passo di Matteo 16:19, indicano l’autorità della predicazione iniziale dell’evangelo da parte di Pietro, che servì per indicare i nuovi ordinamenti per mezzo dei quali poter entrare nel regno dei cieli, ovvero la Chiesa).

Matteo16:19 : “. Allora ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Cristo”.

Ad esempio, nel vangelo di Luca 11:52 sta scritto: “Guai a voi dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito”. Qui, la “chiave” simboleggia la verità riguardo alla Parola di Dio in Cristo Gesù (la chiave della scienza), che gli scribi, i dottori della legge, riservandosi il monopolio dell’interpretazione della legge, con la loro dottrina, avevano portato via, detronizzando il messaggio e la buona notizia di Cristo e non solo non sono entrati loro nel regno, ma ne hanno impedito l’accesso anche agli altri che vi volevano entrare.

In Ap. 3:7 è scritto che Gesù ha la chiave di Davide: “...Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre”.

(Leggere anche Isaia 22:22). L’angelo, che il veggente vide scendere dal cielo, aveva: “la chiave dell’abisso”, vale a dire, possedeva il “dominio” su Satana e i suoi angeli: Ap. 20:1-3.

È chiaro, che nel simbolismo, il termine “chiavi” può cambiare di significato; questo può essere deducibile solo comprendendo il contesto in cui queste “chiavi” vengono nominate.
Pedro

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26/02/2012 19:41
 
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Il medesimo concetto, con il richiamo indiretto alle “chiavi”, implicito nel verbo “serrare” (le porte si serrano con le chiavi), si trova nel passo di Matteo 23:13: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”. Al posto dei “dottori della legge”, che con la loro dottrina impedivano al popolo di accogliere Gesù, come Figlio di Dio e di entrare così nel regno dei cieli, Gesù pone il confessore Pietro, perché con la sua fede, allora dimostrata, “apra il regno dei cieli” (in seguito), attraverso la promulgazione di giusti ordinamenti, che se seguiti, permetterebbero a chiunque di potervi entrare (nel regno dei cieli). Non gli scribi, ma gli apostoli, qui personificati da Pietro, saranno gli araldi della Parola di Dio, i nuovi profeti del cristianesimo. Tale missione si esplicherà, tuttavia, più tardi, al momento fissato dal Cristo, poiché per ora essi devono tacere e non rivelare ad alcuno che Gesù è l’atteso Messia.

I verbi “legare” e “sciogliere” sono due termini, che assumono significati opposti secondo che si riferiscano ad una proibizione o ad un obbligo. Nel caso della proibizione, si “lega”, quando si proibisce una cosa ad una persona, nel caso di un obbligo, si “lega”, quando si dà un ordinamento, mentre si “scioglie”, quando si toglie una proibizione, un legame o un obbligo. Un esempio di questo “legare” ricorre già nell’Antico Testamento, dove si legge che una ragazza, dopo aver pronunciato un voto, è “legata” ad esso, vale a dire, è obbligata ad osservarlo, qualora il padre (se è nubile) o lo sposo (se è sposata) non vi si oppongano: Numeri 30:10-14. Leggere anche: Luca 13:15-16.

Al contrario, “sciogliere” significa l’eliminazione dell’obbligo. Anche l’eliminazione di un incantesimo si esprime con lo stesso verbo “sciogliere”. Questo verbo può acquistare il senso di “perdonare”, vale a dire, “slegare” la colpa dell’individuo (Matteo 18:18).

Pedro

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26/02/2012 19:41
 
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Dio è colui che “scioglie”, vale a dire, che “perdona e toglie” i peccati.

Matteo 16:19: “...tutto ciò che legherai in terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli”. Tali parole, in un contesto che riguarda l’uso delle “chiavi”, per proclamare gli ordinamenti necessari per poter entrare nel regno dei cieli (la Chiesa), devono per forza riferirsi all’ingresso nella Chiesa, a qualcosa cioè di necessario o non necessario per chi vuol entrare in essa.

Nel libro degli Atti, che è come un commento della profezia di Cristo, risulta che proprio Pietro ha reso ufficialmente obbligatorio, una volta per sempre, il ravvedimento, la conversione e il battesimo per entrare nella Chiesa (“legato”), mentre ha dispensato ufficialmente dall’obbligatorietà della circoncisione (“sciolto”). Inoltre, ha anche “legato”, per ordine divino, alla Chiesa di Cristo la possibilità per i pagani di entrare in essa.

Nella sua predicazione Pietro “legherà”, una volta per sempre, il battesimo con ravvedimento, stabilendone la sua necessità per l’ingresso nella Chiesa, “scioglierà”, una volta per sempre, la circoncisione, annullandone l’obbligatorietà.

Nessuno può essere successore di Pietro, anche a motivo del fatto che di tutto ciò che l’apostolo ha fissato per ordine di Dio, nella Chiesa di Cristo, nulla può essere cambiato da alcuno. Pietro ha “legato” il battesimo cristiano nel giorno di Pentecoste.

Dopo aver proclamato che Gesù, con la sua resurrezione, era stato dimostrato Cristo e Signore, continuò dicendo: “..Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo” Atti 2:38. Con tale comando Pietro “legò”, ossia stabilì una volta per sempre l’obbligatorietà del battesimo, da riceversi nell’età della ragione (“ravvedetevi”), come mezzo di fede per entrare nella Chiesa e ricevere la salvezza. Quelli, dunque, che in quel giorno accettarono la sua parola, vennero battezzati e furono aggiunti al gruppo dei discepoli: Atti 2:41. Pietro “sciolse” la circoncisione della carne, che gran parte dei primi cristiani provenienti dal giudaismo pretendeva mantenere. Siccome il contatto con i pagani era considerato qualcosa di impuro, Pietro dovette ricevere una visione apposita per essere indotto a recarsi da Cornelio, centurione della Corte Italica (Atti 10:9-48). Pietro comprese allora che “Dio non ha riguardo alle persone; ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è accettevole” Atti 10:34-35,44-48.

Pedro

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26/02/2012 19:41
 
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La discesa dello Spirito Santo su Cornelio e la sua famiglia, mentre Pietro li ammaestrava sulla Parola di Dio, indusse l’apostolo a far battezzare anche quei pagani, benché fossero incirconcisi: Atti 10:47-48.

Pietro fu rimproverato per questo dai giudeo-cristiani, da “quelli della circoncisione”, con le parole: “...Tu sei entrato in casa di uomini non circoncisi, e hai mangiato con loro!” Atti 11:3; l’apostolo, per placarli, dovette raccontare loro come Dio stesso lo avesse indotto a seguire tale via. Ma l’opposizione giudeo-cristiana, calmata per quel momento, si fece di nuovo sentire e fu eliminata solo dal cosiddetto “Concilio di Gerusalemme”; quivi Pietro, all’inizio del suo discorso, ricordò come egli fosse stato proprio il prescelto da Dio, per accogliere i pagani nella Chiesa (l’uso delle chiavi): “Fratelli, voi sapete che dall’inizio Dio scelse tra voi me, affinché dalla mia bocca gli stranieri udissero la Parola del vangelo e credessero” Atti 15:7. Questa scelta era proprio stata profetizzata da Gesù, nel colloquio di Cesarea di Filippo, con le parole: “Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli” Matt. 16:19.

Con il suo gesto Pietro, ancora prima di Paolo, sganciava il cristianesimo dalla religione giudaica, “scioglieva” i pagani e i giudei dall’obbligo della circoncisione e stabiliva, su basi solide ed internazionali, la Chiesa. Il v.18 del capitolo 16 di Matteo dice: “...la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere”, ciò indica che “le porte” dell’Ades, ossia del soggiorno dei morti, sferreranno di continuo un attacco contro la Chiesa, in ogni tempo, fino all’arrivo definitivo di Gesù. Ma riesce difficile pensare come mai “le porte”, adatte per la difesa, possano combattere il popolo di Dio. La porta e le porte delle città orientali avevano una piazza antistante, nella quale si esercitava la giustizia, si ordinavano i complotti e le macchinazioni. Le stesse guerre si decidevano alla “porta” della città; è alla porta di Samaria che i falsi profeti tranquillizzavano Acab, re di Israele, e Giosafat, re di Giuda, invitandoli a salire contro Ramot di Galaad, per distruggerla (1 Re 22:10-12), e vi sono tanti esempi che si potrebbero ancora fare. In questo caso “le porte”, sul labbro di Gesù, indicherebbero tutte le macchinazioni che le potenze del male avrebbero attuato contro la Chiesa, senza però riuscire mai a soffocarla e a distruggerla, perché essa è poggiata sulle pietre da fondamenta (gli apostoli), allineate con la pietra maestra angolare da fondamenta (Gesù). Il plurale “porte” fa pensare ad un plurale rafforzativo per indicare l’immane potenza del male, che si sarebbe scatenata tutta, ma senza aver “frutto”, contro la Chiesa di Cristo, perché questa poggia sulla potenza del Risorto.

Pedro

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26/02/2012 19:42
 
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Il “legare e sciogliere”, del passo di Matteo 18:18, si connette, di solito, erroneamente con quanto viene detto nel passo di Matteo 16-19, il contesto, però, è ben diverso: mentre Gesù conferì a Pietro le chiavi del regno dei cieli, per emanare gli ordinamenti divini perenni, da rispettare per poter entrare nella Chiesa, qui (ossia in Matt. 18:18) Matteo riferendosi ad un altro detto di Gesù, parla di come ci si debba comportare nel caso della disciplina collettiva e personale verso un peccatore (andare a vedere nello studio “Sacramento della penitenza”).

Il “legare” e lo “sciogliere”, nel contesto di Matt. 18:18, non ha nulla a che vedere con il “legare e lo sciogliere” di Matt. 16:19, che riguarda esclusivamente la persona di Pietro, che ebbe, all’inizio della Chiesa, il possesso delle chiavi del regno dei cieli, dal Signore.

Luca 11:52: “Guai a voi, dottori della legge, perché avete portato via la chiave della scienza! Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito”.

Matt. 23:13: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi; né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”.

Come avevano portato via la chiave della scienza? In questo modo: gli scribi e i farisei con il loro insegnamento, impregnato di tradizioni e non di verità, rendevano impraticabile e impossibile al popolo l’entrata nel regno dei cieli (ovvero la Chiesa, la nuova comunità, che era ed è l’embrione imperfetto del vero regno dei cieli), impedivano al popolo di comprendere le cose di Dio, lo riempivano di confusione, rendevano nullo un approccio reale con Dio.

Il popolo rimaneva nell’oscurità, nell’ignoranza e lontano da Dio e, quindi, da Cristo Gesù.

Le chiavi del regno dei cieli furono donate a Pentecoste a Pietro; fu egli, per mezzo dello Spirito Santo, ad averle usate in alcune circostanze, per un tempo breve, all’inizio della Chiesa. Il regno dei cieli, ovvero la Chiesa, che doveva nascere, era aperto ufficiosamente a chiunque, perché Gesù stesso ne aveva aperto la “porta”. Quindi, Gesù a Pentecoste si serve di Pietro come strumento “per aprire ufficialmente le porte del regno dei cieli” (la Chiesa che stava nascendo), in modo preciso, ampliato e dettagliato e con i relativi ordinamenti, per farvi entrare i giudei, in un primo momento, ma anche i pagani, in seguito. Pietro per mezzo delle “chiavi”, ovvero della grazia resa da Cristo a lui di essere usato da Dio come strumento per emanare, una volta per tutte, gli essenziali ordinamenti per l’entrata nella Chiesa, non solo dichiarò che le porte del regno dei cieli erano aperte, ma spiegò anche (a Pentecoste) come entrarci. Proclamò il ravvedimento, la conversione e il battesimo come unico mezzo per entrare a far parte della Chiesa, ovvero dell’embrione imperfetto del regno dei cieli futuro.

Pedro

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26/02/2012 19:42
 
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Le chiavi del regno dei cieli non rappresentano un potere, dato a Pietro e addirittura a dei suoi immaginari successori, di far entrare o meno qualcuno nel regno dei cieli, inteso come Chiesa o come Paradiso, come taluni folli credono. Il regno dei cieli, di cui parla Gesù, è la Chiesa; Pietro avrebbe avuto l’occasione e la facoltà, per grazia di Cristo, di “legare e sciogliere”, non a sua discrezione, ma dietro ordine e spinta di Dio, alcune cose, e tutto questo senza scostarsi dalla volontà di Dio. Egli, infatti, a Pentecoste ebbe il privilegio e l’onore di promuovere, per primo, con potenza (quindi “legare”), i mezzi per poter entrare a far parte della Chiesa di Cristo Gesù (ravvedimento, conversione e battesimo) e anche quello di permettere, in seguito, ai gentili (pagani) di poter entrare anche loro (quindi “legò” anche i pagani per ordine di Dio al regno dei cieli), e di annullare (“sciogliere”) cosa non era più necessario, come la circoncisione.

Oggi, in realtà, non vi sono più le chiavi del regno dei cieli (e nemmeno servono più), perché le porte sono spalancate ufficiosamente e ufficialmente a chiunque, e non v’è null’altro da emanare come mezzo di entrata, perché tutto fu detto da Pietro nella parola del ravvedimento e della conversione, con il battesimo cristiano, per la remissione dei peccati, sia a giudei che ai pagani. Egli per volontà divina diede inizio a ciò. Come Mosè ebbe le “chiavi” della legge dell’antico patto, per il popolo ebraico, a causa dell’alleanza di Dio con Abraamo e con le quali pose una volta per sempre i comandamenti e nessuno poté più usarle per istituirne degli altri o toglierne qualcuno, così le chiavi del regno dei cieli furono, una volta per tutte, usate da Pietro per spalancare le porte del regno dei cieli a tutti coloro che, in ogni tempo, vogliono entrarvi ravvedendosi, convertendosi e battezzandosi per la remissione dei peccati. Egli, inoltre, proclamò il ritiro dell’ordinamento divino della circoncisione della carne, da Cristo stesso annullato, perché trovato inutile. In pratica, con queste nuove “chiavi” si apre una nuova porta, una nuova alleanza per un nuovo popolo di Dio: la Chiesa, e con l’inaugurazione di una nuova alleanza cambiano anche i mezzi per entrarne a far parte.

Oggi noi possiamo semplicemente usare la chiave della scienza, che nel caso degli scribi non era altro che l’attuare quello che già Mosè aveva stabilito per ordine di Dio. Noi pure, oggi, abbiamo a disposizione la chiave della scienza, che è l’evangelo e la verità in esso contenuta. Quando Pietro evangelizzò i primi pagani (Cornelio e la sua famiglia), attestò che era nella volontà di Dio predicare anche a loro, e il suo passo fu il primo di una lunga predicazione verso di loro e che continua ancora in questo tempo e sempre continuerà. Oggi, noi non possiamo aggiungere o togliere alcunché a quello che Pietro, per ordine di Gesù, ha dichiarato; possiamo, invece, continuare l’opera sua e degli altri apostoli, con la chiave della scienza, con la verità dell’evangelo, per predicare quello che, una volta per tutte, per mezzo di Pietro è stato stabilito da Gesù: ravvedimento, conversione e battesimo per la remissione dei peccati, non circoncisione della carne, ma circoncisione del cuore, predicazione ai giudei e anche ai pagani. Le chiavi del regno dei cieli sono servite appunto a ciò e con questo si compì l’apertura del regno dei cieli (la Chiesa), una volta per sempre, infatti la Chiesa oggi ha già le sue fondamenta, è già edificata, quindi ha, già da tempo, spalancata la porta e le “chiavi” per aprire non servono più, serve, invece, la chiave della scienza, della predicazione vera, ovvero lo spirito di predicazione nella verità e nella fedeltà all’insegnamento di Cristo e dei suoi apostoli.

Pedro

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26/02/2012 19:42
 
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Il principio di tale conoscenza (la chiave della scienza) è la fede vera in Cristo Gesù risorto nella verità del suo insegnamento, mediante la quale (la fede), giustificati nel suo nome (Gesù), veniamo salvati dal giudizio e dalla condanna del peccato.

Gesù è la porta del regno dei cieli che oggi è spalancata più che mai a chi vuole entrarvi. Gesù dice: “Io sono la porta; se una entra per me, sarà salvato...” Giov. 10:9. Queste parole sono in accordo con queste altre di Gesù: “..Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” Giov. 14:6. La chiave della scienza o dell’evangelo è proprio la conoscenza che viene dalla Parola e dallo Spirito di Dio, che ci mette in condizione di poter entrare attraverso la porta (Gesù) spalancata del regno dei cieli e di poter istruire gli altri a fare lo stesso.

È nello stesso senso che in Atti 14:27 è detto: “Giunti là e riunita la chiesa riferirono tutte le cose che Dio aveva compiute per mezzo di loro, e come aveva aperto la porta della fede agli stranieri”.

In pratica, la predicazione dell’evangelo, della grazia di Dio, l’annunzio della salvezza in Cristo, erano pervenuti ai pagani; anch’essi erano stati messi nella condizione di conoscere ed accettare la salvezza, di credere in Cristo e di entrare nella grazia attraverso la porta aperta da Dio stesso.

La chiave della scienza è quella che può farci vedere la porta aperta (Gesù), attraverso la quale possiamo entrare per sempre nel regno dei cieli (nella Chiesa, prima, e poi nel Regno di Dio).

Nessuno, oggi, ha o può avere le chiavi del regno dei cieli, perché questo non ha più (né ufficiosamente, né ufficialmente) le porte chiuse e, quindi, le “chiavi” non servono più.

Se crediamo alla verità dell’evangelo, in esso contenuta, abbiamo per grazia divina la giusta scienza, che può far vedere la porta aperta del regno dei cieli (Gesù) a noi stessi e anche agli uomini, che non sanno o non credono. Ma se evangelizziamo il falso, la tradizione umana, anziché la verità e l’insegnamento vero di Cristo, attestiamo davanti agli uomini e a Dio di non essere in possesso della chiave della scienza, della verità, che può farci vedere la vera Luce ed entrare per la porta del regno dei cieli.

Pedro

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